Caro iCrewer, non hai bisogno di me per sapere che oggi, 2 novembre, ricade la Commemorazione dei Defunti. Nella famosissima poesia del Principe della Risata, Totò, al secolo Antonio De Curtiis, scriveva:
Ogn’anno, il due novembre, c’é l’usanza
per i defunti andare al Cimitero.
Ognuno ll’adda fà chesta crianza;
ognuno adda tené chistu penziero.Ogn’anno, puntualmente, in questo giorno,
di questa triste e mesta ricorrenza,
anch’io ci vado, e con dei fiori adorno
il loculo marmoreo ‘e zi’ Vicenza.
Ma perché proprio in questo giorno o in un altro mese?
Perché il 2 novembre?
La Commemorazione dei defunti o Giorno dei Morti avviene subito dopo la festa di Tutti Santi e nonostante l’usanza diffusa di andare a trovare i propri cari che non ci sono più, il 2 novembre è mai stata istituita come festività civile. Le origini di questa festa sono bizantine e si tiene in diverse forme in tutto il mondo, l’esempio più famoso è il messicano “Día de muertos”.
Nella storia della Chiesa Cattolica, la prima celebrazione, che si avvicina a quella attuale, si tenne nel 998, grazie all’abate benedettino Sant’Odilone di Cluny. Quell’anno si stabilì per la prima volta che le campane dell’abbazia dovevano essere fatte suonare con rintocchi funebri dopo i vespri del primo novembre, proprio in memoria dei defunti.
La Commemorazione verrà ufficialmente riconosciuta solo nel XIV secolo, con il nome latino di Anniversarium Omnium Animarum. Da allora ogni anno il 2 novembre vengono ricordati i defunti e ci si reca nei cimiteri per salutare i propri cari scomparsi.
In Italia a questa festa fanno riferimento anche molte tradizioni locali, in cui si preparano piatti tipici in onore della festa.
Usi e costumi della tradizione italiana
Percorrendo tutta la penisola italiana è possibile scoprire un’enorme varietà di usanze che caratterizzano le varie regioni.
In Lombardia, la notte tra il Primo e il Due novembre, è usanza mettere in cucina un vaso di acqua fresca per far dissetare i morti. In Friuli invece si lascia un lume acceso un secchio d’acqua e un po’ di pane.
Spostandoci in Trentino sentiremo le campane suonare per richiamare le anime mentre in casa viene lasciata una tavola apparecchiata e il focolare accesso per i defunti. Lo stesso capita in Piemonte e in Val d’Aosta. Sempre per rifocillare i defunti, in Liguria vengono preparati i bacilli (fave secche) e i balletti (castagne bollite).
Tanti anni fa, la notte del 1 novembre, i bambini si recavano di casa in casa, come ad Halloween, per ricevere il ben dei morti, ovvero fave, castagne e fichi secchi. Dopo aver detto le preghiere, i nonni raccontavano loro storie e leggende paurose.
In Umbria si preparano gli stinchetti dei morti, dolci a forma di fave.
In Abruzzo, oltre al tavolo da pranzo apparecchiato, si lasciano ancora oggi tanti lumini accesi alla finestra quante sono le anime care. Ma un tempo era anche tradizione scavare e intagliare le zucche e inserire una candela all’interno e usarle come lanterne, proprio come ad Halloween.
In Toscana, in particolare nel Senese, si preparano le “ossa dei morti”, dolcetti friabili, di forma rotonda e impastati con mandorle tritate. Mentre in Campania, a Napoli, abbiamo O Murticiell, o Torrone dei Morti. Il torrone è un simbolo e rappresenta un omaggio ai defunti: un modo di “allietare” il viaggio verso l’aldilà. La tradizione vuole che in un tempo lontano, i bambini portassero questo torrone ai morti come dono e questo ne spiega il nome.
Ogni regione e ogni provincia ha la propria usanza. Nella tua regione, qual è l’usanza più diffusa?