Il 31 luglio 1954, una spedizione italiana guidata da Ardito Desio conquistò per la prima volta la vetta del K2 (Monte Godwin-Austen, ChogoRi in lingua balti e Dapsang), la seconda montagna più alta del mondo. La spedizione era composta da 30 persone, tra alpinisti e ricercatori, e raggiunse la cima con Achille Compagnoni e Lino Lacedelli. Questa impresa fu un momento storico per l’alpinismo italiano e mondiale, e il K2 fu soprannominato la montagna degli italiani.

La conquista del K2 fu un evento che ebbe grande risonanza in Italia, desiderosa di lasciarsi alle spalle gli orrori della Seconda Guerra Mondiale. La spedizione, partita tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, utilizzò mezzi e sistemi di sicurezza lontani da quelli moderni. Il successo fu attribuito principalmente a Compagnoni e Lacedelli, ma di grande rilevanza fu, anche, il contributo di Walter Bonatti, che avrebbe poi raggiunto la fama di Re delle Alpi.
La conquista del K2 rimane un momento iconico nella storia dell’alpinismo, e il 31 luglio è celebrato come il giorno in cui il K2 divenne la montagna degli italiani.
31 luglio 1954, la testimonianza di Walter Bonatti
Walter Bonatti fu un membro chiave della spedizione ed ebbe un ruolo fondamentale per il suo successo, ma la sua testimonianza e il suo onore furono offuscati da polemiche e accuse ingiuste. Solo dopo molti anni, grazie a una commissione del Club Alpino Italiano (CAI) riconobbe la sua versione dei fatti, restituendogli il giusto merito.
Il 31 luglio 1954, Achille Compagnoni e Lino Lacedelli raggiunsero la vetta del K2, segnando un traguardo storico per l’alpinismo italiano. Walter Bonatti, insieme ad Amir Mahdi, fu una pedina fondamentale per quella che era la scacchiera per la conquista della vetta: portare le bombole d’ossigeno necessarie agli alpinisti di punta, affrontando un bivacco notturno a oltre 8100 metri di quota.
Successivamente, Bonatti, fu accusato di aver abbandonato Mahdi, di aver usato in modo improprio le bombole d’ossigeno e di aver mentito su tutta la vicenda, gettando un’ombra sul suo ruolo nella spedizione.
Ma non fu così: Bonatti, per tutta la vita, cercò di ristabilire la verità, scrivendo memorie e rilasciando interviste e sostenendo la sua versione dei fatti e denunciando le calunnie ricevute. Solo nel 2008, una commissione del Club Alpino Italiano (il CAI) riconobbe la sua testimonianza, restituendogli l’onore e il ruolo di protagonista nella conquista del K2.
Il ruolo di Bonatti e la sua testimonianza riportano un Bonatti stesso e Mahdi dove, in quella fatidica notte, si trovarono a bivaccare all’aperto a oltre 8000 metri, senza tenda né sacchi a pelo, in condizioni estreme. La loro impresa fu fondamentale per il successo della spedizione, ma le accuse successive offuscarono il loro coraggio e la loro determinazione.
Bonatti ha sempre sostenuto di aver subito un complotto e di essere stato vittima di una campagna diffamatoria volta a screditare il suo operato. La sua testimonianza, confermata da altri membri della spedizione e da una commissione del CAI, ha portato alla luce la verità storica sulla vicenda.
La conquista del K2 (Monte Godwin-Austen, ChogoRi in lingua balti e Dapsang) fu un evento storico per l’Italia, ma la vicenda di Bonatti e la sua lotta per la verità hanno aggiunto un capitolo controverso a questa impresa alpinistica ed estrema.
“Quella notte sul K2, tra il 30 e il 31 luglio 1954, io dovevo morire. Il fatto che sia invece sopravvissuto è dipeso soltanto da me…” asserì Bonatti.
Non si può tacere la storica cordata che rese dell’allora inviolata cima del K2 una memorabile conquista italiana. La notte tra il 30 e il 31 luglio 1954, mentre l’Italia osservava il compiersi di un’impresa mai osata prima, Walter Bonatti rischiava l’assideramento a -50°C, abbandonato dai compagni e dalle forze fisiche.