Un anno fa, intorno alle 06:30 del mattino del 7 ottobre 2023, Hamas attraverso un comunicato da parte del comandante Mohammed Deif annuncia l’inizio dell’Operazione Alluvione Al-Aqsa, lanciando un attacco missilistico dalla Striscia di Gaza verso Israele.
Il numero delle vittime non è preciso, ogni fonte riporta un quantitativo diverso. Il bilancio della giornata è di circa 1.400 morti: 823 civili, 321 soldati, 240 persone sono state portate a Gaza come ostaggi nella Striscia. L’attacco è avvenuto nei kibbutzim e basi militari nei dintorni della Striscia di Gaza stessa.
In risposta all’attacco, Israele ha lanciato un’operazione militare contro Gaza: a oggi le vittime (tra donne e bambini) ammontano a più di 34mila. Questa nuova fase sembra aver rotto un equilibrio precario che andava avanti da anni, riportando alla luce la questione israelo-palestinese lontano dall’attenzione della comunità internazionale da troppo tempo.
Il brutale attacco sferrato da Hamas il 7 ottobre 2023 contro le comunità di Israele attorno alla Striscia di Gaza, ha rappresentato uno spartiacque nella storia israelo-palestinese. Quella scintilla ha innescato una guerra ancora più violenta e, a sua volta, dando origine a una gravissima crisi regionale.
Ma cosa è realmente accaduto quel giorno?
L’intelligence israeliana non era all’oscuro del piano palestinese, i segnali che presagivano tale attacco furono ignorati. Nel 7 ottobre hanno avuto luogo feroci combattimenti tra le forze armate israeliane e i miliziani palestinesi.
La risposta israeliana all’attacco di Hamas ha avuto dei riscontri negativi a causa dello sproporzionato uso della forza da parte dell’esercito di Tel Aviv, che ha fatto ricorso a carri armati ed elicotteri da combattimento anche in contesti urbani, ospedali, scuole e accampamenti profughi; impedendo l’arrivo degli aiuti umanitari, privandoli di corrente elettrica e acqua.
Il 7 ottobre, tra verità e propaganda, ha dei punti oscuri nella narrazione delle fonti riportate. Gli uomini di Hamas sono stati accusati di spaventose atrocità: decapitazioni, mutilazioni e stupri. Ma non tutte queste accuse sono reali, il tentativo di ingigantire gli orrori perpetrati dai palestinesi è stato solo una giustificazione per consentire a Israele di attaccare civili e perpetrare lo sterminio di un popolo.
Entriamo nella storia
Dopo l’attacco del 7 ottobre del 2023, il mondo ha reagito con manifestazioni e opinioni a favore della terra palestinese e dei palestinesi stessi. Anche se l’attacco di Hamas viene condannato, il genocidio perpetrato per mano di Netanyahu non legittima la reazione israeliana.
Chi va contro il sionismo per appoggiare la causa palestinese è stato accusato di antisemitismo, è evidente che non si conosce il significato intrinseco della parola stessa. L’antisemitismo, oggi, viene tradotto come una certa percezione degli ebrei che può essere espressa come odio verso gli ebrei stessi.
Prendiamo in considerazione la parola semita: il semita è colui che appartiene a una popolazione del gruppo etnico-linguistico dei semiti; quest’ultimi comprendono tutti i popoli che parlano, o hanno parlato, lingue collegate al ceppo linguistico semitico (Arabi, Ebrei e Cananeo-Fenici).
L’antisemita è colui che non solo è avverso agli ebrei, ma a tutti coloro che appartengono a questo ceppo. Considerare un anti-sionista come antisemita è un errore che si può facilmente evitare.
Lo Stato di Israele si appoggia a un colonialismo sionista che non ha nulla a che vedere con l’antisemitismo. Il Sionismo è un movimento politico e ideologico volto alla creazione di uno Stato ebraico tramite occupazione e colonizzazione di un territorio come la Palestina. Sviluppatosi nella seconda metà dell’800 come conseguenza nell’inasprirsi dell’antisemitismo, soprattutto in Francia dal caso Dreyfus, il sionismo avanzò le proprie rivendicazioni nel Congresso di Basilea (1897), organizzato da Theodor Herzl.
Fu il tanto famoso affare antisemita Dreyfus dei primi mesi del 1890 di cui Herzl si occupò come corrispondente da Parigi per un quotidiano viennese, che fece crescere il suo interesse verso la questione ebraica.
Nel 1885 un gruppo di ebrei formò a Odessa l’associazione Amici di Sion, allo scopo d’intensificare e sostenere le emigrazioni di ebrei verso la Palestina. Il movimento da allora si disse sionismo. Herlz mise da parte gli aspetti etici e religiosi per puntare tutto sul pragmatismo politico, l’unica soluzione era acquisire un territorio dove poter esercitare la piena sovranità e fondere uno Stato.
Der Jundenstaat, questo fu il vero punto di inizio della storia del movimento sionista, fornendo un programma per la nascita di tale progetto e Stato. Anni dopo ci sarebbe stata la dichiarazione di Balfour, con l’obiettivo di occupazione e il consenso dell’Impero coloniale britannico di stabilire un focolare ebraico in Palestina.
Herlz sapeva che in Palestina stava la maggior parte della popolazione araba, per lui era come avere a che fare con dei primitivi, gente arretrata, un atteggiamento caratterizzato da un senso di superiorità. Era convinto che avrebbe portato dei benefici benefici a quella che lui riteneva una popolazione inferiore, e che questi sarebbero stati ben accolti dagli abitanti dell’arretrato Medio Oriente.
Come nasce la Palestina
Il nome Palestina è riportato sui testi sacri, su quelli storici e decantato da famosi filosofi e storici della religione. Attraverso le varie epoche questo angolo della terra è stato designato con molti nomi e trasmesso a noi dai greci come Palestina (Erodoto); ma è dal nome dei Filistei che questa terra diventa quella che oggi noi chiamiamo Palestina.
Occupata dai sionisti e nominata terra di Israele, ma che dall’ebraico è chiamata Pelishtim e della loro regione (ebraico Pelesheth) vengono i termini Παλαιστίνη e Palaestina. Da prima era terra di Canaan, ritrovata anche nella Bibbia e quindi nell’ebraico Kena‛an, come nei precedenti documenti egizi o babilonesi in Kinaḫni, Kinaḫḫi.
Sempre presso la Siria veniva nominata paese degli Amurru ossia degli Amorriti o Amoriti, ma Palestina è il nome ufficiale del territorio a mandato britannico, con Palestine per gli inglese e francesi, mentre Palästina per in tedesco, nel quale il corrispondente arabo sta per Filastīn. Ufficialmente il nome ebraico è Erez Israel.
La parola Palestina deriva dai filistei, una popolazione originaria del Mediterraneo Orientale (Grecia o Creta) quando invasero la zona. La terra nella quale si insediarono prese il nome di Philistia, mille anni dopo i Romani la chiamarono la zona di Palestina, seicento anni dopo gli Arabi la ribattezzarono Falastin.
Dopo un anno da 7 ottobre
È passato un anno dall’operazione della resistenza palestinese e della battaglia del Diluvio al-Aqsa, il valore di questo conflitto è chiaro a tutto il mondo, una data storica di una rivoluzione e della lotta contro il colonialismo e il genocidio. Atti criminali che nel 2024 non dovrebbero più accadere.
Per 76 anni il popolo palestinese ha subito l’invasione e il progetto coloniale del ramo politico sionista, per quasi ottant’anni il mondo è stato all’oscuri di questi eventi storici della nostra era Contemporanea.
Attimi prima dell’attacco, comunicato con cui il capo del braccio militare di Hamas ha lanciato l’attacco a Israele: “L’entità sionista ha occupato la nostra terra, scacciato la nostra gente, distrutto le nostre città, i nostri villaggi e i nostri paesi, commesso centinaia di massacri contro il nostro popolo, uccidendo bambini, donne e anziani, ha sepolto sotto le macerie delle case persone innocenti e pacifiche, ha violato con disprezzo tutte le consuetudini internazionali e i diritti umani e respinto le leggi internazionali. Avevamo messo in guardia i leader dell’occupazione dal perseverare nei loro crimini… ”
Le parole di Netanyahu a un mese dall’attacco di Hamas: “Nessun cessate il fuoco”.
In quelle settimane il Segretario generale dell’Onu ha più volte fatto appello per uno stop agli attacchi: “Gaza sta diventando un cimitero di bambini. Secondo quanto riferito, centinaia di ragazze e ragazzi vengono uccisi o feriti ogni giorno. In un periodo di quattro settimane sono stati uccisi più giornalisti che in qualsiasi altro conflitto negli ultimi tre decenni. Sono stati uccisi più operatori umanitari delle Nazioni unite che in qualsiasi periodo simile nella storia della nostra organizzazione”.
Nella memoria europea, se andiamo a ritroso, l’8 agosto 1945 gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia e Unione Sovietica stipularono a Londra un accordo che prevedeva l’istituzione a Norimberga di un Tribunale militare internazionale, allo scopo di giudicare i presunti criminali nazisti con la promessa che tutto questo non sarebbe mai più accaduto.
Solo dopo 46 anni ci siamo ritrovati ad assistere a un’altra guerra di sanguinaria: il caso della Bosnia nel 1992 e del Kosovo nel 1998, un conflitto svoltosi nella ex Jugoslavia. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite diede vita a un Tribunale penale internazionale per perseguire i colpevoli dei crimini commessi, del genocidio e crimini contro l’umanità.
Quindici anni dopo, in una Terra Santa per Cristiani, Musulmani ed Ebrei ci ritroviamo a sconvolgere il mondo e l’opinione pubblica con lo stesso modus operandi, ma che viviamo in prima persona.