Lo scorso 26 settembre Napoli ha inaugurato nella basilica di Pietrasanta la mostra dedicata a Andy Warhol (1928-1987), uno dei padri della Pop art, curata da Matteo Bellenghi. Tra le duecento opere esposte troviamo alcuni dei suoi lavori più celebri come il Dittico di Marylin (la serigrafia raffigurante più volte il volto della Monroe in differenti colori), insieme alle raffigurazioni di altri personaggi celebri come per esempio Mick Jagger, Elizabeth Taylor e Susan Sarandon (molte celebrità dell’epoca fecero gioiosamente parte della famosa Factory di Warhol divenendo spesso suoi modelli).
Ci anche sono opere meno note quali raffigurazioni di monili e una parte dedicata a Napoli e all‘Italia. Forse non tutti sanno che il celebre artista visitò per la prima volta la citta nel 1975 invitato dal gallerista Lucio Amelio che voleva rilanciare Napoli nel circuito internazionale della cultura. Warhol rimase incantato dalla città, riconoscendole numerose similitudini con New York infatti le definì “due caldaie, due ribollitori di energia pronti a esplodere”. Di quel soggiorno rimane il video Andy Warhol eats, nel quale lo si vede tra i vicoli della città assolutamente a proprio agio. Nel 1980 accettò inoltre di partecipare alla campagna “Fate presto” lanciata dal quotidiano Il mattino per aiutare le popolazioni dell’Irpinia colpite dal terremoto e fatta propria da Amelio che decise di coinvolgere vari artisti, tra cui Warhol, per realizzare delle opere sul tema a memoria della tragedia.
L’evento nell’evento, I racconti dell’arte
Il 13 novembre si è tenuto all’interno della mostra l’incontro con Sergio Gaddi. Per chi ancora non lo conoscesse, è un curatore di mostre a livello internazionale ed è autore del progetto di storytelling I racconti dell’arte con la società Arthemisia di Roma (organizzatrice di questa mostra), attraverso i quali fa conoscere le opere di artisti di vario genere quali Escher, Boldini, Chagall e appunto Warhol.
Qui di seguito la breve intervista che ci ha gentilmente concesso.
Cosa la colpisce più di Andy Warhol?
Warhol è stato un anticipatore della cultura visiva in cui siamo immersi oggi. Ha dato alla Pop art americana un successo mondiale, anticipando i tempi. Basti pensare che la sua Interview è stata in assoluto la prima rivista di gossip. La sua immensa opera appartiene a tutti perchè fa ormai parte del collettivo universale.
Come nascono I racconti dell’arte?
Sono degli incontri per operatori culturali e insegnanti, in alcune occasioni vengono proposti anche al pubblico (come l’incontro del 13 novembre, ndr). Organizzati da Arthemisia sono dei momenti di narrazione emotiva e teatrale con musica e immagini.
Cosa porta un curatore di mostre a concentrarsi su questo o quell’artista?
Ci sono due fattori, il gusto personale di chi organizza la mostra, con un occhio su cosa può fare presa sul grande pubblico, il nome dell’artista in sè non basta, ci vogliono anche le opere “giuste” ( e lo dice colui che quando era assessore alla cultura a Como portò 130.000 persone in quattro mesi a visitare la mostra su Magritte, ndr). Il secondo fattore è la fattibilità della mostra. La disponibilità di opere e la possibilità di esporre i quadri più belli.
Allo stato attuale vale ancora la pena investire nella cultura?
Assolutamente sì. L’arte divulgata in maniera comprensibile funziona. Con progetti di qualità la domanda esiste sempre. L’indotto da prodotti culturali è quello di maggior valore, non solo economico.