Ormai lo sappiamo tutti, il Covid-19 non è uno scherzo. Il numero dei contagiati sale di giorno in giorno e colpisce anche vittime illustri. Se da una parte tifiamo per Luis Sepúlveda che sembra si stia piano, piano riprendendo, dall’altra purtroppo dobbiamo annunciare la scomparsa di Vittorio Gregotti, uno dei grandi maestri dell’architettura internazionale (a proposito di architettura, puoi trovare qui il nostro articolo sulle vincitrici del premio Pritzker).
Vittorio Gregotti, una vita dedicata all’architettura
Vittorio Gregotti nasce a Novara nel 1927 e si laurea in architettura presso il Politecnico di Milano nel 1952. Come prima occupazione entra a far parte dello studio BBPR, nel quale collabora con Ernesto Nathan Rogers che considererà sempre il suo maestro. Con lui firma il suo primo progetto, la sala alla Triennale di Milano per poi partecipare al CIAM a Londra.
Dal ’53 al ’68 lavora in collaborazione con Ludovico Meneghetti e Giotto Stoppino. Viaggia e studia molto, incontrando i più grandi nomi dell’architettura di quell’epoca, come Le Corbusier e van de Velde, considerato il maestro dello stile Liberty. Nel 1964 vince il Gran Premio internazionale alla 13ma Triennale di Milano. Dal ’74 al ’76 è stato direttore della Biennale di architettura di Venezia. Sempre nel 1974 fonda la Gregotti associati international che chiuderà nel 2017, non per sopraggiunti limiti di età (aveva già 90 anni), ma perché, come disse:
“L’architettura non interessa più … Ma cosa sta succedendo nel nostro mondo? Una società immobiliare decide se, con i soldi dell’Arabia Saudita, investire a Berlino, a Shanghai o a Milano, a seconda delle convenienze. Stabilisce il costo economico, compie un’analisi di mercato, fissa le destinazioni. E alla fine arriva l’architetto, a volte à la mode, al quale si chiede di confezionare l’immagine”
Oltre a lavorare come architetto, è stato anche docente nelle università di Venezia, Milano e Palermo e visiting professor in vari e prestigiosi atenei internazionali (tra gli altri: Tokyo, Losanna, Harvard, Princeton, Cambridge – U.K. e all’M.I.T. di Cambridge, MA-USA).
Il quartiere Bicocca a Milano
Tra le opere più famose non si può non citare la riqualificazione del quartiere Bicocca a Milano, che ha impegnato lo studio per vent’anni, dal 1985 al 2005 e ha compreso anche la realizzazione del Teatri degli Arcimboldi nel 1997. Oltre al teatro, la riqualificazione dell’ex area industriale ha portato al nuovo polo universitario Milano-Bicocca e all’Hangar Bicocca, sede dell’esposizione permanente dei Sette Palazzi Celesti di Anselm Kiefer e di mostre temporanee di arte contemporanea.
Lo stadio olimpico Lluís Companys
Nel 1986, in seguito all’assegnazione dei XXV Giochi olimpici a Barcellona, lo studio Gregotti vince ex equo con il gruppo di architetti formato da Correa, Milà, Margarit e Buixadè, la ristrutturazione dello stadio olimpico Lluís Companys, che sarà la sede della cerimonia di apertura dei Giochi. Il progetto ampia la capienza dello stadio, senza però alterarne la struttura, lasciando l’impronta originaria di quando fu costruito nel 1927 e portando il numero di posti a sedere al 56.000.
Il quartiere ZEN a Palermo
Quando Vittorio Gregotti firmò il progetto del quartiere ZEN (acronimo di Zona Espansione Nord) di Palermo, mai avrebbe immaginato che il quartiere non sarebbe mai stato completato. I palazzi hanno una particolare forma architettonica, ma l’occupazione abusiva degli stessi e, a detta di Gregotti, le infiltrazioni mafiose nelle gare di appalto, hanno portato quello che doveva essere un quartiere di rinascita, con abitazioni e servizi per la popolazione, a essere uno delle zone più degradate di Palermo (ci sono palazzi dove addirittura non arriva nemmeno la rete fognaria), situazione che ha portato il famoso architetto Massimiliano Fuksas a invocarne la totale demolizione.
Il CCB a Lisbona
Una delle opere più conosciute di Vittorio Gregotti è sicuramente il Centro Cultural de Belém a Lisbona. Progettato in cooperazione con il collega Manuel Salgado, ha visto la luce tra 1988 e il 1993. Nato come sede della presidenza portoghese dell’Unione europea (all’epoca Comunità Economica Europea), è stato poi trasformato in centro culturale, sede di un museo del design e con un grande centro espositivo. Con i suoi giardini e bar all’aperto è uno dei posti più frequentati dagli abitanti della città e dai visitatori essendo uno dei più grandi spazi aperti di Lisbona e godendo della vicinanza del fiume Tago.
Lo stadio Luigi De Ferraris a Genova
Lo stadio De Ferraris a Genova è lo stadio più antico d’Italia attualmente ancora in uso, la sua costruzione risale infatti al 1911. Quando l’Italia ottiene l’organizzazione dei Mondiali ’90, lo Studio Gregotti vince l’appalto di ristrutturazione. I lavori durarono 26 mesi, a causa del fatto che lo stadio non venne mai chiuso durante la ristrutturazione e quindi gli interventi furono fatti a blocchi. I lavori ultimati hanno portato anche delle polemiche, infatti i tifosi hanno contestato che da alcuni angoli non è possibile vedere bene il campo. Lo stadio è stato poi successivamente modificato con ulteriori ristrutturazioni.
Quando muore qualcuno è sempre un dispiacere per chi lo ama, nel caso di Vittorio Gregotti è anche una grande perdita per il mondo dell’architettura di cui è stato uno dei grandi maestri.