Primo maggio. Quest’anno la commemorazione della festa del lavoro appare essere alternativa e contrastante. Potremmo pensare a chi da mesi non lavora affatto, o pensare a chi è costretto a lavorare per far fronte ad un’emergenza mai vissuta prima, o ancora a chi va ben oltre le otto ore di diritto conquistate, magari lavorando a distanza: con il pc collegato alla rete, gli occhi abbrustoliti e le cervella fritte.
Per fortuna abbiamo l’arte. Per fortuna, quella risponde sempre alla chiamata delle genti e resta pronta a svegliarsi e risvegliare sogni, lamenti, animi e pensieri: pronta a rispondere al diritto, quello per cui abbiamo già combattuto in passato.
Il Museo del Novecento, con il suo nuovo progetto, celebra la festa del lavoro di questo insolito primo maggio, attraverso il manifesto d’artista e coinvolge ben 15 protagonisti con l’obiettivo di realizzare una mostra o una pubblicazione a pandemia conclusa.
Le opere di Emanuele Becheri, Paolo Canevari, Andrea Francolino, Silvia Giambrone, Lori Lako, Sandro Lombardi – Federico Tiezzi, Marco Mazzoni, Marzia Migliora, Paolo Parisi, Luca Pignatelli, David Reimondo, Massimo Sestini, Fabio Viale, Luca Vitone rispondono alla richiesta di “manifestare” con tutti noi una ricorrenza internazionale parlando, a lavoratrici e lavoratori, dell’impensabile e dell’utopia e lo fanno come solo l’arte sa fare, rivoltando il linguaggio e sovrapponendolo.
Oggi, liberando il lavoro dal potere.
Ma da dove nasce la festa del lavoro e perché è il primo maggio?
La data della Festa del lavoro, fu stabilita a Parigi nel 1889 e fa riferimento ad un episodio avvenuto tre anni prima a Chicago.
Nel 1886 i lavoratori erano in sciopero per manifestare contro il mancato rispetto della legge che stabiliva il limite delle otto ore lavorative al giorno. Ma le manifestazioni furono uno strazio: la polizia sparò sulla folla, uccidendo due persone.
Le proteste che seguirono, furono ancora oggetto di repressioni e giunsero al culmine con la manifestazione di Haymarket – piazza del mercato delle macchine agricole – durante la quale morirono manifestanti e agenti per un attentato esplosivo.
Pur in assenza di prove determinanti e inconfutabili, sette organizzatori furono condannati a morte e due condannati e processati, finirono all’ergastolo.
Uno dei condannati a morte, il giorno prima dell’esecuzione, decise di auto infliggersi la pena uccidendosi e altri quattro subirono la pena cantando la marsigliese.
Era il 1886 e tre anni dopo, a Parigi – 20 luglio del 1889 – la Seconda Internazionale promosse l’idea di una grande manifestazione per chiedere la riduzione della giornata lavorativa a 8 ore.
Otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire
Nella scelta della data si tenne conto proprio degli episodi di Chicago e si decise così di celebrare il lavoro e i lavoratori il Primo Maggio.
Il Museo del novecento celebra la festa del lavoro
Nasce allora da una richiesta di “manifestazione” dell’arte contemporanea, il progetto del Museo del Novecento, In accordo con l’Assessorato ai diritti e alle pari opportunità del Comune di Firenze guidato da Sara Funaro.
I “Manifesti” divengono opere pubbliche volte a comunicare un significato simbolico. Opere cariche che si esibiscono attraverso apparati figurativi e scultorei potenziati di retorica e di elementi persuasivi.
Per il primo maggio 2020, le opere scultoree riempiono le piazze come monumenti contemporanei che portano con se pensieri e sentimenti odierni miscelati a quei valori passati che intendono focalizzare il tema centrale: il lavoro. Si aprono orizzonti di senso sociale e non previsto, soggettivo e comunitario.
Il ruolo dell’arte è rivendicato. I “manifesti” che ne escono parlano dell’impensabile e dell’utopia, assumendosi tutte le responsabilità di essere un grido pubblico interpretato e interpretabile che stabilisce il rischio di affondare in una realtà di cui siamo gli artefici.
In galleria, alcune delle opere che ci hanno maggiormente colpiti.
Buona festa del lavoro da tutta la redazione iCrewPlay arte!