Eduardo De Filippo, il celebre drammaturgo, avrebbe compiuto quest’anno 120 anni. Ma in questo preciso momento storico, un suo capolavoro ha compiuto 75 anni rivelandosi più attuale che mai: Napoli milionaria. Nei secoli, i balconi si sono rivelati luoghi di importanza drammaturgica e punti di osservazione dell’umanità mossa dai venti alterni e ciclici della vita. Così Eduardo, osservando dal suo balcone la scena della liberazione, compose l’opera di getto. Questo è quanto ricorda a proposito della sua ispirazione:
«Poche settimane dopo la liberazione mi affacciai al balcone della mia casa di Parco Grifeo e detti uno sguardo al panorama di questa città martoriata: allora mi venne in mente in embrione la commedia e la scrissi tutta d’un fiato, come un lungo articolo sulla guerra e le sue deleterie conseguenze»
L’analisi di una famiglia e di un microcosmo napoletano per estendere l’osservazione a un Paese che, pur essendo uscito dall’incubo della guerra, deve riappropriarsi dei valori morali andati perduti e offuscati dalle sensazioni di un nascente benessere. La famiglia Iovine composta da Gennaro, tranviere disoccupato, riesce ad andare avanti grazie all’intraprendenza di Amalia che non si fa scrupolo di praticare la “borsa nera”, ossia il commercio illegale e clandestino di beni di prima necessità a prezzi maggiorati.
Se da un lato Amalia riesce a soddisfare la sopravvivenza materiale della famiglia, dall’altra le sfugge il controllo morale. La figlia Rosaria sarà sedotta e abbandonata da un soldato americano, il figlio Amedeo praticherà il furto di automobili e la piccola Rita sarà spesso trascurata e affidata alle vicine.
Tra il primo e il secondo atto esiste una cesura che si traduce in una dichiarazione di intenti poetici da parte di Eduardo De Filippo. Nel primo atto prevale la linea del Teatro Umoristico dei De Filippo che raggiunge il culmine nella celebre scena del finto funerale, necessario per nascondere la merce e per allontanare i sospetti della Polizia. Dal secondo in poi prevale la riflessione sociale che si aggancia al Neorealismo e che diventerà la caratteristica del teatro di Eduardo, come egli stesso afferma:
“Questo primo atto umoristico è legato al vecchio teatro fatto finora. Dal secondo atto nasce il mio nuovo teatro”” .
Eduardo De Filippo: “Napoli milionaria”
In seguito a un rastrellamento Gennaro era stato catturato dai tedeschi. Amalia rimasta sola intensifica la sua attività illegale in affari con Errico “Settebellizze. Alla fine della guerra trionfa il clima euforico che si era creato con l’occupazione degli americani. Quando Gennaro Iovine rientra a casa trova il vecchio “vascio” cambiato e rinnovato, Amalia che fa sfoggio di gioielli ed è impegnata a festeggiare il compleanno del suo corteggiatore “Settebellizze”, i figli maggiori persi e la piccola Rita malata. In un clima di totale rimozione del passato e delle macerie materiali e morali della guerra nessuno vuole ascoltare Gennaro.
L’aggravarsi della malattia della piccola Rita crea una svolta drammaturgica, in quanto la bimba ha bisogno di una medicina costosa e difficile da trovare. Sarà proprio il Ragionier Riccardo Spasiano, in precedenza ridotto all’osso da Amalia, a portare la medicina senza voler nulla in cambio. Il monologo finale di Gennaro con la celebre frase “Addà passà a nuttata”, lascerà il dibattito aperto. Da un lato si apre infatti la speranza per un risanamento morale e materiale del nostro Paese, dall’altro c’è la critica alla guerra e all’abbandono della dignità dell’esistenza.
Eduardo De Filippo e la miracolosa rappresentazione al Teatro San Carlo di Napoli
L’opera ebbe varie versioni e fu proposta anche al cinema e alla televisione. Ebbi la fortuna verso la fine del 2003 di vedere una versione di Napoli milionaria con Luca De Filippo e Mariangela D’Abbraccio a Roma al teatro Quirino, diretta del regista cinematografico Francesco Rosi che la rispettò e rafforzò il legame tra teatro e cinema neorealista. In un interessante intervento sulla testata Teatro.it è riportata una bellissima testimonianza dello stesso Rosi, quando giovane studente universitario, aveva assistito alla prima di Napoli milionaria al Teatro San Carlo di Napoli.
Quella sera c’era un noto contrabbandiere del quartiere, dal quale Eduardo aveva tratto ispirazione per tratteggiare la figura di Errico “Settebellizze”. L’uomo aveva propositi di vendetta e invece si commosse. Tutta Napoli quel pomeriggio del 1945 fu animata dalla voglia di riscatto. La commedia aveva mosso le coscienze e si era rivelata catartica. Inoltre la rappresentazione di quel 25 marzo del 1945 al Teatro San Carlo fu un fatto eccezionale. Non c’erano più teatri liberi dove poter fare rappresentazioni. Le truppe alleate avevano occupato tutte le sale al solo scopo di intrattenere i militari. Eduardo riuscì ad ottenere la sala per una rappresentazione pomeridiana.
Dopo la celebre battuta finale e il buio ci furono circa 8 o 10 secondi di silenzio, seguiti da uno scroscio di applausi e di pianti. Raffaele Viviani che aveva assistito alla rappresentazione corse ad abbracciare Eduardo De Filippo
L’attualità di “Napoli milionaria” di Eduardo De Filippo: dopo il lockdown “Adda passà a nuttata”
Un’opera d’arte quando è vera, sincera ed esprime un’urgenza è destinata a lasciare un segno indelebile in ogni epoca. Questo 2020 si è rivelato un anno critico. Un virus ha smascherato i nervi scoperti di una società, le gabbie della burocrazia, i punti deboli del nuovo capitalismo caratterizzato da grande precarietà, pregi e difetti dell’uso delle modalità telematiche a distanza. Luci e ombre dell’umanità.
Alla fine del Lockdown bisognerà fare i conti con la rinascita economica, bisognerà riformulare nuovi valori dell’umanità combattendo la deriva anaffettiva e consumistica delle relazioni, bisognerà riaprire i teatri, studiare una nuova drammaturgia, una nuova poetica, dare una nuova e meritata dignità ai lavoratori dello spettacolo che sono stati colpiti dalle conseguenze del Lockdown.
“Addà passà a nuttata”
Illuminata dal maestro Eduardo De Filippo, la società dovrà ritrovare la strada perduta, il teatro dovrà tornare ad essere il nutrimento e lo stimolo del pensiero critico. Il buon senso, la sincerità, l’ascolto, la correttezza, l’empatia e l’onestà intellettuale dovranno ritornare ad essere i motori che disegneranno l’alba di una nuova epoca.