Jan Vermeer nei suoi dipinti, sia pur minuziosamente cogliendo ogni più piccolo particolare, rappresenta scene di vita quotidiana con personaggi ritratti sovente in azioni di normale routine domestica, sia pur in ambienti decisamente curati e mai frugali.
Queste scene rappresentano la quasi totalità della produzione artistica del pittore olandese Jan Vermeer, il quale si trovò ad esprimere la sua arte in quello che per produzione e riuscita fu indicato in seguito come il “secolo d’oro olandese“.
Tra le tante curiosità che un dipinto così scandagliato da ogni forma di critica suscita, troviamo senz’altro doveroso riportare le parole dello scrittore e saggista francese Marcel Proust che non esitò a definirlo “il dipinto più bello del mondo” nel momento in cui, a ventuno anni ebbe modo di vederlo per la prima volta e che confermò tale esternazione in un periodo più tardo della sua vita quando, ormai malato chiese fortemente di poter di nuovo posare lo sguardo su quel paesaggio che tanto da giovane lo aveva emozionato fin dal primo momento.
Può un dipinto di Vermeer indicare data e ora come una qualsiasi meridiana?
Questo l’interrogativo che deve aver ispirato l’astronomo Donald Olson, il quale, ad un certo punto della sua carriera, ha voluto indagare proprio il dipinto dell’olandese Jan Vermeer, ora esposto nella Pinacoteca Reale Mauritshuis dell’Aia, al fine di estrapolare, esclusivamente dagli elementi riportati sulla tela, data e ora in cui è stato dipinto.
Secondo l’astronomo e professore della Texas State University, la tela di Jan Vermeer raffigurante La veduta di Delft è stata verosimilmente dipinta il 3 settembre del 1659, alle ore otto del mattino, il tutto scrutato da una finestra posta al piano secondo di un albergo, dove il pittore sembra stesse soggiornando.
Affermazione millimetrica e all’apparenza forse un po’ risibile quella dell’astronomo statunitense formulata nei confronti del dipinto di Vermeer ma che a ben vedere ha beneficiato anche delle conoscenze e del supporto del Professore di Fisica Russel Doescher il quale ha fornito il suo supporto specialmente nell’indagine sulla proiezione delle ombre degli oggetti colpiti dai raggi del sole, rivelatasi poi fondamentale, rendendo tutta la teoria decisamente più verosimile.
L’approfondimento sul dipinto infatti , al fine di determinarne le caratteristiche che l’astronomo si era prefissato di individuare, è partito dallo stato dei luoghi nella realtà. Si è proceduto infatti ad una vera e propria mappatura dell’odierna cittadina olandese, indagine fondamentale per capire l’angolazione della luce ed individuare in che stagione ed in che momento della giornata il sole colpisce con i suoi raggi soprattutto la Torre dell’orologio della chiesa raffigurata nel dipinto di Vermeer.
Vermeer e il raggio di sole
Nell’approfondimento di Donald Olson, è stato appurato come la luce sembri proprio provenire da est, segno inequivocabile che si tratta delle prime ore del mattino; ipotesi suffragata anche dallo studio della Torre di Nieuwe Kerk, dalla quale il team di studiosi ha potuto raccogliere una serie di informazioni fondamentali per arrivare a restringere il campo entro il quale indicare una data e un orario.
Da sempre Vermeer è stato a ragione definito come un grande maestro nel rappresentare luci e ombre, grazie ad una tecnica non comune ed estremamente raffinata. Ed è proprio dallo studio delle ombre individuabili ne “La Veduta di Delft” che, attraverso l’utilizzo di un software astronomico, si è arrivati a poter formulare l’ipotesi di una data, o meglio il sistema ha indicato due date plausibili: 6-7 aprile e 3-4 settembre.
Da qui il team di studiosi del dipinto di Vermeer, ha ritenuto opportuno considerare la seconda come più verosimile poiché, data la longitudine in cui sorge la città, sembrava meno compatibile con la natura rigogliosa rappresentata, evidente soprattutto nella folta chioma degli alberi, certamente più databile con il 3-4 settembre considerata la longitudine della città di Delft che nel mese di aprile non poteva presentare una natura così rigogliosa.
Inoltre, gli approfondimenti valutati, hanno portato a considerare un aspetto decisamente importante legato alla presenza sulla citata torre di un orologio che molto è riuscito a svelare.
A tal proposito va detto che fino al diciannovesimo secolo, gli orologi posti esternamente sugli edifici delle città, quali le torri appunto, erano costituiti da una sola lancetta, quella indicante le ore. Da qui il team della Texas State University, dopo un’ulteriore valutazione e misurazione di luci e ombre, ha indicato come plausibile un orario corrispondente tra le 7 e le 8 del mattino, evidenziando come l’unica lancetta dipinta da Vermeer sia molto più vicina alle 8.
E per finire l’anno è individuato da un semplice ma importantissimo particolare individuato dall’assenza dalle campane con carillon che da documenti storici risultano essere state collocate sulla torre tra aprile e settembre 1660, quindi, non essendo raffigurate nel dipinto di Vermeer, va da sé che tutto debba essere ricondotto a prima di tale data.
Pur sembrando a tratti eccessiva, tale indagine così proposta, mette in luce aspetti affascinanti che diversamente forse sarebbero passati inosservati; non aggiungono certo fascino ad uno dei dipinti più belli di un’epoca, ma certamente stimolano una lettura in chiave tecnologica.
Se questa storia ha suscitato in te la curiosità giusta, dovrai solo attendere settembre quando lo studio nella sua interezza sarà pubblicato sulla rivista americana Sky & Telescope.
In conclusione, va da sé che un dipinto di simile pregio, eseguito con tale tecnica non possa essere stato eseguito in un giorno ma pensare ad un Vermeer affacciato da chissà quale balconcino, intento a scrutare il paesaggio davanti a sé riportandolo sulla tela, dà sempre quel pizzico di coinvolgimento in più che fa tanto critico d’arte.