Dipinti e sculture, per alcuni, spesso hanno il compito di abbellire o esaltare la bellezza e l’importanza dei luoghi in cui vengono mostrate. Ma in realtà sono il più importante strumento che accompagna lo studio e l’analisi della storia. Dal 1936 ci arriva un’importante testimonianza della Shoah: una scultura realizzata da Antonietta Raphael Mafai.
Le figlie di Antonietta Raphael Mafai
Le tre sorelle di Antonietta Raphael Mafai (Kaunas, 29 luglio 1895 – Roma, 5 settembre 1975) sono scolpite in un momento di intimità. Una scena che, per l’epoca, non era scontata vedere nelle case e nelle famiglie. L’artista ritrae le sue tre figlie in un momento di intimità: Myriam la più grande, di 10 anni, legge un libro ad alta voce e le sue sorelle, Simona di 8 anni e Giulia di 6, l’ascoltano attente. Giulia Mafai commenta:
Un gesto semplice e sereno, ripetuto chissà quante volte nelle case ebraiche. La storia potrebbe finire qui, invece il dramma è alle porte: nel 1938 vengono emanate le leggi razziali e in tutte le case ebraiche viene distrutta ogni certezza, ogni dolcezza, il sogno di un futuro. Al ricordo delle vite distrutte prima ancora di incominciare a vivere, alla memoria di tutto quello che poteva essere e che per crudeltà umana è stato distrutto poniamo questo ricordo.
L’opera di Raphael Mafai ci trasmette la serenità della vita familiare. Una serenità che di lì a poco verrà devastata dalle leggi razziali, dai campi di sterminio e campi di concentramento, come Auschwitz. Uno dei tanti e troppi crimini commessi dall’umanità, che non ha solo posto fine alla vita di singoli individui, ma ha portato via con sé anche famiglie, comunità, speranze, sogni, serenità e tranquillità.
La tranquillità, che ritroviamo nella scultura di Antonietta Raphael Mafai, racchiude anche la speranza di riuscire ad andare avanti dopo questi terribili avvenimenti. Non solo speranza, ma soprattutto ricordo e rispetto per tutte le bambine mai tornate a casa, i cui sogni sono rimasti tali, le cui speranze vivono ancora in ognuno di noi.
La donazione di Giulia Mafai al Museo Ebraico di Roma
Giulia Mafai, terza figlia di Antonietta Raphael Mafai, ha deciso di donare l’opera Le tre sorelle al Museo Ebraico di Roma. Oggi, domenica 6 settembre presso la Casina dei Vallati di Roma (Largo 16 ottobre 1943) ha avuto luogo lo svelamento della scultura Le tre sorelle, opera in bronzo di Antonietta Raphaël Mafai.
Non è stata scelta una data casuale, ma è stata svelata in occasione della XXI Giornata Europea della Cultura Ebraica. Ma per lei è un verso dedicato a tutte le bambine cancellate dalla tragedia della vita.
L’iniziativa è resa possibile grazie alla collaborazione con la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, presso il cui Museo della Scuola Romana a Villa Torlonia la scultura è stata esposta in forma di comodato d’uso per molti anni.
Lo svelamento si è tenuto alla presenza della Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Ruth Dureghello, della Presidente della Fondazione per il Museo Ebraico di Roma, Alessandra Di Castro, del Rabbino Capo di Roma, Rav Riccardo Di Segni, dell’Ambasciatore della Lituania in Italia, S.E. Ricardas Šlepavicius, del Presidente della Fondazione Museo della Shoah, Mario Venezia e degli eredi dell’artista.
Come dichiarato da Giulia Mafai:
Siamo noi tre bambine che leggiamo, ovvero è un’immagine familiare banale, ovvia, perché allora vedere delle bambine leggere era banale. Quando ho deciso di donarla al Museo ebraico, però, ho scelto quella perché era la più indicativa. Io Miriam e Simona siamo state molto fortunate, ma quante bambine come noi non ce l’hanno fatta? La senatrice Liliana Segre ha la mia stessa età. Anna Frank aveva un anno meno di Simona.
Detesto la retorica e i monumenti, ma mi è sembrato di dedicare una poesia, anzi un verso, a tutte quelle cose che devono essere e non sono state. Quante bambine sono rimaste bloccate nella loro vita? Un verso per quello che poteva avvenire e la tragedia non ha portato a termine. Alle bambine che non sono tornate, e che potevano diventare giornaliste come Miriam, artiste, politiche come Simona, costumiste come me, o anche madri di famiglia, quello che la vita può dare dai 6 agli 8, ai 10 anni.
Con poche e semplici parole Giulia Mafai ci ricorda quante vite bloccate e interrotte esistono. Dedica l’opera della madre alle bambine mai tornate, che non hanno avuto il tempo di sognare il loro primo amore e non hanno avuto il diritto di realizzarsi. Un’opera che dedicherei anche a tutte quelle bambine a cui è stata tolta l’infanzia e l’innocenza. Bambine, anche loro, che non torneranno più.