E’ davvero incredibile l’arte, la mente geniale e surrealista di Luigi Serafini autore del famigerato Codex Seraphinianus, un libro diventato poi enciclopedico che dagli anni 70 fino ai giorni nostri non ha perso il suo valore, anzi ne acquista sempre più.
E così finalmente le tante immagini surrealiste dell’artista non accontentandosi dei limiti della carta stampata, prendono forma, e si espongono al pubblico, diventando tridimensionali, dal libro alla realtà.
A Le CRAC Occitane a Sète in Francia è possibile ammirare fino al 3 gennaio 2021 l’immenso e immaginario universo Codex surrealista di Luigi Serafini.
E’ da sottolineare, purtroppo, che in base alle restrizioni dovute alla situazione epidemiologica mondiale, che ha messo a dura prova il mondo della cultura e dell’arte, le CRAC Occitane momentaneamente chiuso al pubblico, coglie l’occasione di informare gli utenti e i visitatori tramite social sulla mostra e il suo contenuto che si speri sia visitabile a breve.
Ma cos’è il Codex? Prima di addentrarci nell’anteprima della mostra scopriamo cos’è il famoso codice segreto: il Codex Seraphinianus di Luigi Serafini, a molti forse sconosciuto ma che in realtà abbiamo sicuramente già incontrato nella nostra vita quotidiana.
Il Codex Seraphinianus
Quando si aprono le pagine del Codex si è davanti ad un universo a noi sconosciuto, si apre uno scenario fantasioso, onirico, enigmatico, che ci lascia affascinati. Di primo acchitto sembra un’opera illegibile, si trovano tante immagini senza senso, in realtà per leggere il Codex Seraphinianus si ha bisogno di una grande e sviluppata apertura mentale. Non dobbiamo conoscere prima di aprire il Codex, dobbiamo abbandonare per un attimo il nostro sapere e lasciarci guidare dalle immagini e dalle emozioni.
Ci troveremo sicuramente dinanzi ad immagini indecifrabili accompagnate da una scritta illegibile. Ma se abbandoniamo per un attimo il nostro sapere ci troveremo, invece, di fronte ad una vera e propria opera enciclopedica dove sono spiegate con una minuzia particolare immagini rappresentate in maniera perfetta e quasi impeccabile.
Si passa da rappresentazioni di flora e fauna, a rappresentazioni di vita umana e ancora mappe geografiche, organismi microcellulari al nostro sapere sconosciute, si parla di fisica, di tecnologia, uomini che diventano animali, uova che volano, alberi che nuotano, studi di elettricità accompagnate da equazioni, anche queste illegibili.
Ecco perchè il Codex deve essere letto abbandonando il nostro sapere, perchè solo così, purificando lo sguardo e la mente possiamo apprendere il vero valore e il vero significato, possiamo capire ciò che il Codex, attraverso la nostra mente e le nostre emozioni, il nostro stato d’animo e il nostro vissuto ci vuole far apprendere.
Serafini ha avuto una brillante e acuta idea innovativa al secolo, un’idea moderna che si adatta ancor di più a questo secolo e che non smetterà mai di essere al passo con i tempi. Proprio così, perchè il codice di Serafini, Seraphinianus appunto, (la genialità si trova già nel titolo), non è altro che un codice di immagini inventate, nate dalla mente surrealista dell’artista.
Immagini oniriche e reali che fondendosi tra loro oltrepassano le dimensioni dell’ oggettività diventando surreali, ma che assumono una leggibilità molto simbolica che rispecchia la nostra epoca e le nostre emozioni. Serafini voleva creare proprio questo: delle immagini che assumono diversa interpretazione da persona a persona, a seconda dello stato d’animo, a seconda della situazione in cui ci si trova, a seconda della propria interpretazione, sentimenti, anima sensibile.
“..l’anatomico e il meccanico si scambiano le loro morfologie, l’umano e il vegetale si completano, il vegetale si sposa al merceologico, lo zoologico al minerale e così il cementizio e il geologico, l’araldico e il tecnologico, il selvaggio e il metropolitano, lo scritto e il vivente..“
Così descrisse Italo Calvino nella sua raccolta Collezioni di sabbia, il primo numero dell’enciclopedia Codex della rivista FMR, del 1982, pubblicata da Franco Maria Ricci.
Come potete vedere dalle immagini e come abbiamo accennato, tutte le rappresentazioni sono accompagnate da una didascalia, segni che a noi appaiono però illegibili. Perchè l’artista usa questo sistema?
La scrittura asemica della lingua troubadour
«Una grafia corsiva minuziosa e agile e (dobbiamo ammetterlo) chiarissima, che sempre ci sentiamo a un pelo dal poter leggere e che pure ci sfugge in ogni sua parola e in ogni sua lettera».- Italo Calvino
Tutte le immagini, tutte le pagine del Codex sono decorate, accompagnate da questa lingua asemica senza significato, una scrittura fatta di segni illegibili ma eleganti che fanno riferimento alla lingua troubadour. L’Occitania casualmente è la terra natia della lingua d’Oc e dei troubadour, i cosiddetti poeti o trovatori coloro che si pensa abbiano introdotto il volgare nel mondo. Non usavano scrivere o parlare in latino, si discostarono dalla lingua madre del secolo e iniziarono a scrivere e parlare in occitano.
Ed è proprio questo che Serafini ha voluto riportare nella sua opera: una scrittura che facesse riferimento ai troubadour, che quindi si discosta dalla nostra parlata o scrittura usuale in tutte le lingue, non contento ne ha voluta creare un’altra non di facile lettura. Una scrittura asemica, senza nessuno specifico contenuto semantico, che lascia al lettore il compito di interpretare:
“Volevo portare in libreria una specie di alieno, un libro che fosse in grado di rendere tutti analfabeti, e quindi potenziali lettori” – Luigi Serafini
Serafini continua così imperterrito e coerente nel suo messaggio, cioè quello della libera interpretazione: sembra che non ci dica niente, ma in realtà dice tanto e nel Codex Seraphinianus ci riconosciamo tutti!
“C’è una logica formale nella mia scrittura, sfugge anche a me, ma c’è. Mi affascinano le curve, volevo creare l’ombra di una scrittura vera, dare al lettore la sensazione che abbiamo da bambini quando leggiamo i libri pur non sapendo leggere. Ho scritto liberandomi dall’obbligo di usare l’alfabeto che ci è stato insegnato, tutti noi abbiamo una lingua nascosta dentro di noi e in tutte le scritture se ne nasconde un’altra, più profonda” – Luigi Serafini
Considerazioni
Non conoscevo il Codex Seraphinianus eppure è vero ho avuto la stessa sensazione descritta dall’artista durante un’ intervista: “i giovani si identificano nel Codex..”, ci si trova davanti ad una lettura in apparenza senza senso, ma che in realtà lo ha. Possiamo vederlo nella vita quotidiana, il Codex è dappertutto.
E’ bellissimo pensare che proprio giorni scorsi, dopo aver scoperto l’incredibile codice, lo abbia incontrato nella mia quotidianità.
Ero in città e i miei occhi hanno notato l’insegna di un’ottica e nel guardarla un lieve sorriso è apparso sul mio volto perchè in quella insegna ho riconosciuto una delle raffiguarazioni del Codex di Serafini e ho pensato all’assurda realtà e alla non consapevolezza di tutti noi di usare il Codex, questo linguaggio surrealista universale fatto di immagini, senza magari conoscerlo.[wpdiscuz-feedback id=”luqeh33f8t” question=”ti è mai capitato di incontrare il Codex nella vita quotidiana?” opened=”0″][/wpdiscuz-feedback]
Il Codex Seraphinianus in mostra a Sète
Sur terre e sur mer avec le Codex Seraphinianus
“Sono molto felice che una mia mostra così completa, che definirei ontologica, si sia aperta nella bella città di Sète, al Centre d’Art Contemporaine, grazie all’attenzione della direttrice Marie Cozette e della curatrice Marie de Brugerolle. Sète è anche un porto aperto sul Mediterraneo. E il porto con i suoi scambi, è in fondo la metafora della nostra civiltà occidentale. Fin dalla notte dei tempi, il Mediterraneo ci ha dato nutrimento per il corpo e per l’anima, ci ha insegnato a scrivere e a leggere e ci ha protetto da tifoni e uragani. Non dimentichiamolo”- ha detto l’artista.
Sète comune francese dell’Occitania, secondo porto per importanza in Francia dopo quello di Marsiglia, dà quindi valore all’opera di Serafini, omaggiandolo con una mostra che non si limita a far vedere solo l’operato enciclopedico dell’artista ma gli dà vita, tramutando le immagini in installazioni artistiche. Le sale del museo Occitane ospitavano, in effetti, il mercato ittico di Sète.
La mostra si intitola “Sur terre e sur mer avec le Codex Seraphinianus”, “Sulla terra e sul mare con il Codex Seraphinianus”, proprio perchè è diviso in sezioni. Una sala dedicata al mare, una alla terra e l’altra al Codex.
Anche lo scenario in cui si presenta è piuttosto suggestionante. In questo bianco candido delle pareti troviamo la contrapposizione delle pittoresche raffigurazioni ed installazioni di Luigi Serafini.
La sala dedicata alla terra si apre con una installazione molto fascinosa e misteriosa.
Al centro della sala troviamo la scultura in resina della donna-carota del Codex Seraphinianus di Serafini distesa sulla terra, con cortecce e foglie secche e contornata da un‘ aiuola a forma di mandorla, immagine simbolica presa dall’arte bizantina che circondava la figura del Cristo.
Questa donna-carota è molto intrigante e carica di significato, rappresenta la storia mitologica di Persefone, allegoria delle quattro stagioni, la dea che rapita dallo zio Ade, dio degli inferi, nel periodo in cui torna sulla terra porta la bella stagione della primavera. Sulla parete, inoltre, appaiono delle scritture, dei segni illegibili come a spiegazione della scena, che decorano la stanza e valorizzano il mito e l’enigma.
Intorno alla sala ci sono varie rappresentazioni vegetali tratte anche dal libro sulla natura di Serafini e anche alcune tele dipinte ad olio tra le quali Genesis opera del 2019.
Nella sala popolata dal mondo marino si possono vedere sirene, carpe, tonni, animale simbolo ed iconologico dell’immaginario di Serafini.
Un “pezzo forte”, così come definito dall’artista stesso è il mezzo-tonno. Su una struttura a specchio che funge da base di sostegno, è posizionato al centro un mezzo- tonno in scala reale perchè preso da uno stampo di un tonno a grandezza naturale che appare, però, diviso a metà, dalla cui bocca escono scatolette di tonno alcune chiuse, altre aperte con piccoli tonni all’interno.
“il mezzo-tonno nuota nell’Atlantico con la testa e la coda divise, distanti 10 centimetri l’una dall’altra. In primavera si avvicina allo Stretto di Gibilterra: la testa entra nel Mediterraneo e l’altra metà resta nell’Oceano. Quando si ritroveranno nello Stretto per riprodursi, i mezzi-tonni saranno catturati dai pescatori. è una bella coincidenza che il tonno sia il pesce tipico di Séte, perché questa scultura l’ho creata nel 2007 per una mostra al PAC di Milano.
È a grandezza naturale, perché ricavata dallo stampo di un grosso tonno acquistato al mercato di Cesenatico..”
E proprio dietro “questo strano essere” appare la raffigurazione intitolata “L’ultima apparizione del Pesce d’Aprile” una delle prime opere di Serafini dove viene raffiguarata una donna che stringe una strana creatura che possiamo definire zoomorfa, metà animale e metà uomo, metà pesce-metà bambino, che sembra scappare da un qualcosa, forse da un pericolo rappresentato da questa nube nera ed ai suoi piedi ci sono varie creature marine senza vita, ma molto particolare è il filetto di tonno che la donna lancia alle sue spalle.
Questa è solo una lettura dettagliata del dipinto perchè, come abbiamo già accennato, il significato del dipinto si trova in ognuno di noi. Serafini ha voluto rendere analfabeti i lettori per alfabetizzarli nuovamente con occhi diversi. E’ un codice che può essere letto e appreso da chiunque secondo la propria mente e le proprie sensazioni. Lui, Serafini, non impone, lascia libera interpretazione.
La mostra continua con tutto l’intero ambiente dedicato alle tavole del Codex Seraphinianus, con disegni originali dell’artista, tavole rimaste in suo possesso e con cui ha ampliato il libro dal 1996 al 2013 e con varie tavole digitali soprattutto un display dedicato ai tatuaggi. Per Serafini:
la moda di tatuarsi con i disegni del Codex è un fenomeno incredibile, che attraverso i social si sta diffondendo su scala planetaria. Trovo molto curioso questo passaggio dalla carta alla pelle…”.
Sono il primo a esserne stupito, qualcuno dovrebbe spiegarmelo! Osservo la rinascita del Codex soprattutto nelle nuove generazioni, perché sono loro che lo hanno riscoperto. La rete ha poi permesso la sua circolazione planetaria. La cosa strana e meravigliosa è che il Codex Seraphinianus sembra essere diventato una specie di bibbia della fantasia.
La mostra del codice a Le Crac Occitane non mette in risalto solo la genialità di Serafini, ma dà vita alla sua immaginazione, alla sua mente surreale, e così il contenuto chiuso in un libro diventa opera tridimensionale.
Per l’occasione Luigi Serafini entra quindi in contatto con la memoria storica sotterranea e sottomarina di Sète e questo lo riporta al ricordo delle sue amatissime città: Gaeta e Roma, ed altre regioni d’Italia che condividono la presenza della lingua d’Oc.
I Segreti della realizzazione del Codex Seraphinianus
“Non sapevo se il Codex fosse uno scherzo o meno, avevo fatto solo sette o otto tavole. Ero nella mia stanza in una sorta di trance, come addormentato. Quando quell’amico mi chiese di uscire mi risvegliai e capii di essere caduto dentro la mia opera”.
Serafini, classe 1949, non aveva idea di ciò che stava creando, era solo certo di essere entrato dentro un qualcosa più grande di lui che gli prendeva molto tempo. Era completamente immerso nella sua opera.
L’unica cosa certa è che Serafini ha sempre avuto l’idea di non creare una sola opera, ma un’enciclopedia, un’opera enciclopedica che contenesse tutto il suo mondo surreale, la sua fantasia e realtà. E grazie alla mente visionaria anche di Franco Maria Ricci, il Codex Seraphinianus nel 1981 venne pubblicato e da allora ha sempre affascinato varie generazioni.
Ovviamente ci sono varie interpretazioni di varie persone esperte e non che cercano di avere una spiegazione a tutto, forse perchè incapaci di comprendere come certi artisti abbiano una fantasia o un senso della realtà molto sviluppato e riescano a vedere cose che nell’immaginario umano risultano impossibili.
Si è quindi presupposto come la “caduta dentro la sua opera” potesse essere riconducibile ad uno stato di trance, cioè uno stato di attenuazione della coscienza e dissociazione psichica che rende insensibile agli stimoli esterni e quindi non consapevole di ciò che si sta scrivendo. La parapsicologia afferma che questo stato faccia entrare le persone in contatto con entità spirituali.
Altra ipotesi è che Serafini nel suo Codex Seraphinianus abbia riportato la rappresentazione di un universo parallelo.
Queste ipotesi non nascono solo dalla non comprensione del Codex Seraphinianus e della ampia apertura mentale dell’artista, ma anche dalle parole che magari Serafini in alcune interviste ha rilasciato:
“Il Codex Seraphinianus è nato casualmente, si diceva che c’era il daimon che possedeva l’artista ma è l’idea della creazione come se l’artista sia posseduto dallo spirito del tempo, dal genius loci, da altre forze non conosciute, ma ogni giorno succede qualcosa che può essere parte del Codex”
“Credo di avere lavorato sotto l’influenza degli alieni”
“Abitavo in un appartamento in via Sant’Andrea delle fratte e c’era un gatto che veniva a posarsi sulle mie gambe mentre lavoravo. Probabilmente era il tramite di una civiltà che ha voluto che descrivessi il loro mondo.
All’inizio di Incontri ravvicinati del terzo tipo ci sono personaggi che disegnano montagne e non sanno perché, salvo poi scoprire che è il luogo in cui arriveranno gli extraterrestri”
“Gli Etruschi c’entrano sempre, sono lì che ci spiano. Mi ha sempre affascinato come i romani li abbiano cancellati, imparando però molto da loro. La presenza etrusca me la porto dentro”.