Al MAXXI museo (Museo nazionale delle arti del XXI secolo) di Roma, in attesa della riapertura, con l’ashtag #nonfermiamoleidee, parte da domani 15 novembre, la seconda edizione del progetto “collezione da ascoltare”: pensato per e con le persone cieche, ma in realtà è un’esperienza sensoriale per tutti, con lo scopo di approfondire contenuti su opere e artisti, attraverso il suono della voce e usando l’immaginazione, venendo, immediatamente, catapultati in una dimensione fiabesca.
Sonia Bergamasco, Luca Zingaretti, Isabella Ragonese, Luigi Lo Cascio e Michela Murgia attraverso le loro voci, raccontano le opere del MAXXI museo di: Bruna Esposito, Doris Salcedo, Kara Walker, Margherita Moscardini e Maria Lai.
“L’arte da ascoltare”, l’iniziativa per non vedenti del MAXXI museo di Roma
Il progetto è nato lo scorso aprile, il MAXXI museo, nel periodo di lockdown, ha pensato di offrire un servizio culturale nuovo e stimolante, ideato per i non vedenti ma accessibile a tutti.
I testi delle audiodescrizioni, ricostruiscono la forma e le tecniche delle opere e non solo. Possiamo ascoltare anche le sensazioni provate nell’esplorarle col tatto, nel coglierne la fisicità. Non bisogna far altro che usare altri sensi, immergendosi nelle opere ad occhi chiusi.
“Collezione da ascoltare”, sarà on line, sui canali social del museo, pensato e realizzato per accompagnare chi è a casa, con un’iniziativa interessante per la mente: “Siamo chiusi per questo restiamo aperti”, è questo lo slogan del MAXXI museo.
Il programma e le opere descritte da “collezione da ascoltare”
Il MAXXI museo ha selezionato 5 opere per il progetto, tra cui: E così sia… di Bruna Esposito, Plegaria Muda di Doris Salcedo, Senza titolo di Maria Lai, The Emancipation Approximation di Kara Walker, Inventory. The Fountains of Za’atari di Margherita Moscardini. Quest’ultima non fa parte della collezione ma è stata esposta al MAXXI museo in occasione della mostra “REAL_ITALY”.
Si inizia il 15 novembre con Sonia Bergamasco, che racconterà l’opera di Bruna Esposito: un grande mandala, un inno alla natura fatto di semi e legumi che l’artista ha realizzato, insieme ai suoi assistenti, con un paziente lavoro durato tre mesi.
Il mandala ha le sembianze di una svastica con i bracci uncinati rivolti a sinistra, recuperando così la forma e il significato originari, simbolo solare positivo e propiziatorio.
Ogni braccio è dedicato a uno dei quattro elementi: terra, acqua, aria e fuoco e ha disegni, semi e colori diversi. Scopriamo così lingue di fuoco di fagioli rossi e lenticchie, ali di farfalla di grigi semi di chia, ali di gabbiano di favino nero, collane di borlotti bianchi.
Luca Zingaretti descriverà il 22 novembre, Plegaria Muda di Doris Salcedo
Un’opera potente e dolorosa dedicata alle vittime senza nome di morti violente e ispirate a un fatto accaduto nel 2010 in Colombia: la scoperta di fosse comuni con i cadaveri di migliaia di civili falsamente accusati di essere guerriglieri. Una serie di tavoli di legno che disposti in modo irregolare, uno sull’altro, quello sopra capovolto, separati da uno strato di terra umida, occupa lo spazio, evocando l’immagine di un cimitero.
Salcedo, plasmando ogni singola scultura, con queste sepolture simboliche restituisce alle vittime la loro unicità. La sua, la nostra preghiera muta rompe il silenzio dell’omertà ed elabora il dolore. Tra le assi dei tavoli rovesciati spuntano fili d’erba, simbolo di resistenza e speranza: nonostante tutto, anche in condizioni difficili, può vincere la vita.
“The Emancipation Approximation” raccontata da Isabella Ragonese
Il 29 novembre, è il turno di Isabella Ragonese che ci porterà nell’opera di Kara Walker. In questo lavoro l’artista mette a nudo stereotipi razzisti e sessisti oggi più che mai vivi nella cultura americana. Il titolo, ci riporta in un’ironica citazione dell’Emancipation Proclamation con cui Lincoln abolì la schiavitù nel 1863. Un lungo fregio composto da 134 silhouette di uomini, donne, bambini, animali, quasi a grandezza naturale, bianche nere e grigie disposte a contrasto sulla parete.
Sembra di essere dentro un teatro di ombre, ma nascoste nei dettagli delle sagome si riconoscono scene di sesso e violenza e, sotto le apparenze raffinate e graziose delle silhouette che richiamano porcellane e cammei, l’umanità ritratta da Walker non ha pace né pietà.
Con Luigi Lo Cascio il 6 dicembre, conosceremo “Inventory. The Fountains of Za’atari” di Margherita Moscardini.
La scultura presente al MAXXI museo, è il modello a grandezza naturale in resina terra e sabbia di una delle 61 fontane che l’artista ha mappato nei cortili del campo profughi di Za’atari, in Giordania, ai confini con la Siria che, con i suoi 76mila abitanti, è il secondo più grande al mondo. La sabbia viene da lì.
Le fontane sono state costruite con materiali di risulta dai profughi, rievocando la casa tradizionale araba con cortile e fontana al centro, per affermare così il loro diritto all’identità. I progetti delle fontane mappate e disegnate da Moscardini sono in vendita: il ricavato va ai rifugiati che le hanno costruite. L’arte può scegliere di rappresentare il mondo, ma anche di cambiarlo.
Nell’ultimo giorno dedicato a “Collezione da raccontare”, del MAXXI museo, il 13 dicembre, Michela Murgia ci accompagna tra i fili, i nodi, le cuciture di Senza titolo, di Maria Lai. Una grande tela di cotone ruvido che sembra un lenzuolo di antichi letti è appesa alla parete.
Su di essa sono cucite 35 pezze di stoffa che sembrano pagine di libri aperti, dove le parole sono sostituite da cuciture orizzontali di filo nero, a volte spesse, o sottili, o fitte, o rade per lasciare il posto ai margini bianchi.
Nel vuoto di parole, le materie, le forme e i segni parlano. I fili irrequieti che si ingarbugliano ci suggeriscono immagini e storie che Maria Lai ci invita a leggere con la fantasia, come sua nonna faceva con lei bambina.
Tutti i testi, sono stati redatti da Sofia Bilotta, responsabile dell’Ufficio Public Engagement del MAXXI museo.
Inoltre, al progetto hanno collaborato Rosella Frittelli e Luciano Pulerà, partecipanti non vedenti ai programmi di P.E. del MAXXI, che attraverso quello che hanno provato e sentito toccando le opere, ci porteranno in una dimensione nuova dell’arte. Siete pronti?