Ma è solo qualche piccolo colpo di pugnale, niente di che!
Frida Kahlo inorridisce di fronte a queste parole, pronunciate con una leggerezza atterrente in un’aula di tribunale. Ad esprimersi così, un pazzo che ha ucciso la propria moglie accoltellandola ripetutamente per gelosia.
Un macabro delitto che la pittrice apprende dai giornali e dipinge su tela, per dare sfogo al proprio disappunto.
Chi è Frida Kahlo?
Artista immensa, dal temperamento ribelle. La sua storia è stata oggetto di diversi documentari, una biografia scritta da Hayden Herrera e due film: Frida, Naturaleza Viva del 1986, diretto da Paul Leduc e interpretato da Ofelia Medina, e il consigliatissimo Frida del 2002 di Julie Taymor, interpretato da Salma Hayek.
Nasce nel 1907 a Città del Messico, nel sobborgo di Coyoacán – definito oggi il “quartiere degli artisti”. Tuttavia, trova le sue radici identitarie nella rivoluzione messicana del 1910, ragion per cui ama dichiarare che quella è la sua vera data di nascita.
A diciotto anni è vittima di un gravissimo incidente: l’autobus su cui viaggia per tornare a casa dopo le lezioni si schianta contro un tram: il corrimano del mezzo si spezza e le perfora l’addome, entrando nell’anca e uscendo dalla vagina. Riporta fratture multiple alla gamba sinistra, la schiena, il bacino e la gabbia toracica.
I medici la salvano in extremis e, una volta dimessa, è costretta a rimanere immobile a letto per un anno. In questo periodo d’immenso dolore, Frida decide di dedicarsi alla pittura, dipingendo nel suo letto i primi autoritratti e decorando i busti in gesso che è costretta a indossare.
I numerosi interventi a cui viene sottoposta aggravano le condizioni economiche della sua famiglia, che decide di aiutare vendendo i suoi quadri; ed è per questo che pone la sua arte all’attenzione di Diego Rivera, eccelso pittore che gode di fama internazionale.
L’uomo è affascinato non solo dalle opere di Frida Kahlo, ma anche dalla sua persona, forte e resiliente: decide quindi di farne la sua pupilla, o meglio ci prova, giacché la ragazza imposta con lui sin da subito un rapporto alla pari.
Nel giro di un anno, tra i due sboccia una passionale e tormentata storia d’amore, che culmina nel matrimonio del 1929.
Frida e Diego: un amore tossico
Trentadue operazioni, una forma molto acuta di fibromialgia e tre aborti. Le ferite del corpo sono numerose e segnano profondamente Frida, ma nulla la distrugge più di quelle inferte all’anima: e a procurargliele è proprio lui, Diego Rivera, l’uomo che ama più di chiunque altro al mondo.
Ho subito due gravi incidenti nella mia vita… Il primo è stato quando un tram mi ha travolto e il secondo è stato Diego.
Entrambi hanno diverse relazioni extraconiugali: in risposta ai ripetuti tradimenti del marito, Frida si accompagna indistintamente a uomini e donne.
I suoi amanti sono grandi nomi dello scenario politico e artistico dell’epoca, come Lev Trockij, André Breton, Tina Modotti, Aleksandra Kollontaj, Rosa Rolando e Chavela Vargas. La reciproca gelosia dei coniugi viene smorzata dall’amore e il rispetto profondi che nutrono l’uno per l’altro, ragion per cui viene a crearsi un fragile ma duraturo equilibrio matrimoniale.
Frida è sempre molto premurosa nei confronti di Diego: gli porta il pranzo a lavoro, in cestini pieni di fiori, e gli dedica diverse poesie. Sono innegabili il suo affetto e l’ammirazione per quello che sua madre definisce con disprezzo “un elefante”.
Ma a spezzare definitivamente l’incantesimo del suo amore incondizionato, nel 1939, sopraggiunge il tradimento di Diego Rivera con sua sorella, Cristina Kahlo: una delusione che la pittrice non può e non riesce a sopportare.
Dopo un anno di divorzio, Rivera torna da Frida per chiederle nuovamente di sposarlo, ma la donna non riesce a dimenticare quanto accaduto. Tuttavia, serba ancora un briciolo del fortissimo amore che l’ha legata all’ex marito per dieci anni, quindi accetta di ricongiungersi di nuovo a lui in matrimonio nel 1940, sebbene qualcosa dentro di lei si sia rotto per sempre.
Frida Kahlo e Diego Rivera rimangono insieme fino alla morte della pittrice, nel 1953, dopo l’amputazione della gamba destra dovuta a un’infezione e un’embolia polmonare. L’uomo si risposa due anni dopo, ma passa il resto dei suoi giorni a portare in giro per il mondo l’arte della sua defunta moglie.
Frida è la prima donna nella storia dell’arte ad aver affrontato con assoluta e inesorabile schiettezza, si potrebbe dire in modo spietato ma nel contempo pacato, quei temi che riguardano esclusivamente le donne.
Nella sua autobiografia, scrive inoltre:
Troppo tardi ormai mi sono reso conto che la parte più meravigliosa della mia vita è stato il mio amore per Frida.
L’arte di Frida Kahlo
Pensavano che anch’io fossi una surrealista, ma non lo sono mai stata. Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni.
La rabbia e il dolore per il tradimento di Diego, che la divide tra l’amore che ancora prova e l’astio per l’uomo che ha reso la sua vita un inferno.
La schiena spezzata, che raffigura come una colonna romana in disfacimento.
I bambini mai nati, lontani da lei ma ancora legati tramite i cordoni ombelicali al suo ventre, gonfio e sanguinante.
I dolori che le hanno devastato il corpo da cerbiatta, penetranti come decine di frecce.
La sua è un’arte metaforica, talvolta umoristica, costellata di collegamenti molto sottili. André Breton ne rimane molto colpito e le propone di seguirlo a Parigi, nel 1939, dove le dedica una mostra.
Frida entra così in contatto con i surrealisti francesi, che frequenta nei locali notturni e nei bar: la loro influenza si percepisce in opere come Ciò che l’acqua mi ha dato, dove sono ritratti i piedi dell’artista mentre fa il bagno in una vasca colma di immagini perturbanti.
Tuttavia, Frida non vuole amalgamarsi alla decadente Parigi, né al surrealismo: ama la propria unicità e vuole portarla avanti fino alla fine, nonostante sia consapevole che darsi un’etichetta surrealista le consentirebbe di ingraziarsi la critica.
Frida Kahlo: icona femminista
Alterna corone di fiori, gioielli e abiti sfarzosi, tipici della cultura Tehuantepec, a completi in giacca e pantaloni, con tanto di cravatta e panciotto: la sua è una femminilità lontana da ridicoli stereotipi, fluida come la sua sessualità e il suo stesso aspetto fisico.
Frida dà un nuovo volto alla donna, liberata da un ruolo che la vuole elegante e civettuola da giovane e poi moglie, asservita e amorevole, per il resto della vita.
Dimostra che può scegliere di lasciare il marito, di viaggiare da sola, vivere persino in una casa diversa e, quando la passione chiama, di attraversare il ponte che la collega all’abitazione del coniuge per godere della sua compagnia.
La moglie di un artista può fare arte a modo suo e, soprattutto, per conto suo; può tradirlo se lui la tradisce, può esercitare fascino su qualunque essere umano desti il suo interesse, se lo desidera.
Anziché passare il resto dei suoi giorni a piangere delle proprie sventure, maledicendo la gamba destra smagrita, l’orrenda cicatrice all’addome, la schiena rotta, l’incapacità di avere figli e l’instabilità del proprio matrimonio, può decidere di prendere il controllo del proprio destino e scoprire nuove possibilità.
Decidere che va bene non essere madre, non avere un corpo perfetto e non essere una moglie perfetta.
Decidere, tanto per cominciare.
Qualche piccolo colpo di pugnale
Il Messico del 1935 non dà alle donne la possibilità di decidere: i femminicidi sono all’ordine del giorno, così come la violenza domestica: mezzi subdoli con cui gli uomini esercitano sulle proprie mogli il loro presunto diritto di proprietà.
L’assassino ritratto da Frida incarna tutto questo, con il suo sorriso raggelante: è soddisfatto per aver ristabilito l’ordine delle cose, per essere di nuovo entrato in possesso della femmina sfuggitagli tra le braccia di un altro attraverso il sangue.
Ed è quel sangue, che macchia anche la cornice del quadro, a comunicare prepotente la tragedia di cui molte donne, a distanza di ottantacinque anni, sono ancora vittime: a gridare, attraverso i segni di lotta trascinati sul pavimento e le chiazze rassegnate sulle lenzuola, ciò che la paura impedisce loro di gridare ogni giorno.
La violenza sulle donne in Italia
In Italia, ciò accade a una donna su tre, ogni anno. Tra il 2000 e il 31 Ottobre 2020, le vittime di femminicidio sono state 3334, di cui 91 tra Gennaio e Ottobre 2020. L’89% di questi ultimi omicidi sono avvenuti in famiglia, a fronte di una percentuale media del 73,5%, un numero inquietante e in continua crescita.