Giuseppe Vermiglio, pittore italiano di scuola caravaggesca, arrivò alla maturità artistica nella città eterna nella bottega di Monteleone, dove apprese le tecniche più in voga della sua epoca che ricordiamolo, fu una delle più ferventi in campo artistico-culturale.
Quasi una caratteristica del periodo seicentesco che coinvolse decisamente molti artisti, fu il rappresentare in moltissime tele fatti e scene di natura violenta la cui efferatezza aveva lo scopo di attrarre l’attenzione del visitatore sui particolari della scena offuscandone così l’interezza.
Anche il piemontese Giuseppe Vermiglio non si sottrasse a questo esercizio stilistico, rappresentando in un lavoro di ampiezza 130 x 130 cm, esposto nella Pinacoteca Ambrosiana di Milano, nel quale fissa un momento di un passo della bibbia tratto dal libro dei giudici, dove si racconta dell’omicidio per mano di Giaele del generale dell’esercito nemico Sisara.
La vicenda viene raccontata da Giuseppe Vermiglio, attraverso la raffigurazione su tela del momento più intenso di tutta la narrazione, l’attimo in cui, la maschia Giaele, così come fu definita dal Manzoni, conficca un punteruolo della sua tenda esattamente nella tempia del generale Sisama.
Ed è proprio in quell’attimo che Giuseppe Vermiglio riesce a rappresentare la magnificenza della scena, pur nella sua estrema drammaticità.
Nell’istante in cui la biblica Giaele sembra sferrare il colpo di grazia, il comandante dell’esercito dei Cananei Sisara, rivolge lo sguardo, dando all’intera scena una forza emotiva di inenarrabile veridicità.
Giuseppe Vermiglio racconta una scena biblica
La bella Giaele, nella narrazione biblica, si offre di ospitare il generale Sisara nella sua tenda affinché egli possa riposare. non appena egli cede alle lusinghe di Morfeo addormentandosi ecco che da mite ospite Giaele diventa colei che metterà fine in modo violento all’esistenza di Sisara, così come fece la sua omologa Giuditta ai danni di Oloferne della pittrice Artemisia Gentileschi la quale essa stessa, tra l’altro nello stesso anno, dipinse la storia di Giale e Sisara in una tela oggi esposta nella città di Budapest.
Sono molti gli artisti che hanno raffigurato questa storia, fra tutti, oltre a Giuseppe Vermiglio e Artemisia Gentileschi va senz’altro nominato Jacopo Vignali.
Però, come detto, l’opera di Giuseppe Vermiglio si distingue dalle altre perché riesce a rappresentare Sisara in modo insolito, mentre cioè si rende conto della presenza di Giaele determinata a portare a termine la sua impresa e in un disperato quanto estremo tentativo, cerca di sottrarsi all’imminente destino.
E’ però troppo tardi e lo si coglie dallo sguardo dell’eroina, benché ancora vibrante nell’aria, il pesante martello sembra già essere conficcato profondamente nella tempia del generale.
Probabilmente il dipinto di Artemisia Gentileschi già citato ebbe un ruolo fondamentale nell’ispirazione di Giuseppe Vermiglio.
La storia di questa tela di Giuseppe Vermiglio però è avvolta dal mistero, ne sappiamo davvero molto poco di ciò che le accadde dopo il 1620, anno in cui si fa risalire la sua realizzazione.
Si sa solamente che una prima immagine moderna di tale dipinto fu pubblicata solo nel 1991 e attribuita a Giuseppe Vermiglio solo nove anni più tardi, contemporaneamente ad una monografica seguita al ritrovamento di una serie di opere dell’artista.
Molto poco si sa anche dell’artista.
Certo è che fu a Roma ad apprendere i segreti dei pittori dell’epoca ma che ben presto decise di tornare in Piemonte da dove ebbe modo di spostarsi a Milano, Mantova e Novara, lasciando l’impronta di sé.
L’opera maggiore per cui viene ricordato è l’Apparizione di Gesù a San Tommaso che può essere ammirata nella chiesa di romana di San Tommaso ai Cenci.