Il Giappone per molti aspetti si presenta innovativo e all’avanguardia, ma trova falle e problemi quando parliamo di genere. La questione di genere è sotto i riflettori a causa delle recenti affermazioni e questioni nate da comitato olimpico. Ma le donne non sono passive, esistono diversi movimenti femministi, che ritrovano le loro origini in Raichō Hiratsuka.
Raichō Hiratsuka: la donna non è serva dell’uomo
Dopo i commenti sessisti dell’ex presidente Yoshiro Mori, Seiko Hashimoto, fino a oggi ministra per lo Sport con la delega alla preparazione delle Olimpiadi, è la nuova presidente del comitato organizzatore di Tokyo 2020. Ma le gaffe sessiste non si fermano, soprattutto in questi giorni. Toshihiro Nikai, segretario generale del Partito Liberal Democratico, schieramento conservatore al governo dei liberaldemocratici consente a 5 deputate di assistere ai summit, ma a condizione che non aprano bocca. “E’ importante rendersi conto di quello che succede, dare un’occhiata, tutto qui“, sono state precisamente le parole del politico secondo l’agenzia Reuters.
Ma le donne giapponesi non sono silenziose, anche loro sanno ribellarsi ad una società maschilista e patriarcale. La prima donna che ha combattuto e lottato per i diritti delle donne è stata Raichō Hiratsuka.
Il femminismo in Giappone è iniziato alla fine del XIX secolo, verso la fine del periodo Edo. Il movimento iniziò a prendere slancio dopo che il pensiero occidentale fu portato in Giappone durante la Restaurazione Meiji nel 1868. Il femminismo giapponese differisce dal femminismo occidentale perché presenta meno enfasi sull’autonomia individuale.
Pioniera del femminismo giapponese è Raichō Hiratsuka ( Tokyo, 10 febbraio 1886 – 24 maggio 1971) è stata una scrittrice,giornalista, attivista e anarchica. Nata con il nome di Haru Hiratsuka, era secondogenita di un impiegato statale di alto rango e discendente del daimyō Hiratsuka Tamehiro.
Studiò nell’Università femminile del Giappone dal 1903, dove venne influenzata dalle correnti contemporanee della filosofia europea, così come dal buddhismo zen, di cui divenne una devota praticante. L’iscrizione di Raichō all’università rappresenta una vittoria, perché a quel tempo le donne giapponesi che riuscivano ad accedere a un’educazione superiore rappresentavano solo l’1% della popolazione.
Il padre non era favorevole, e si opponeva alla scelta della figlia, ma Raichō Hiratsuka promise al padre di seguire anche le lezioni di economia domestica, ma in realtà, si dedicò soprattutto alla filosofia e all’arte occidentale, mostrando grande interesse per la storia europea.
Particolarmente importante nella sua formazione fu l’influenza della scrittrice femminista svedese Ellen Key, di cui tradusse alcuni lavori in giapponese.
Si laureò nel 1906, e il Giappone aveva appena ottenuto una vittoria storica nella guerra contro la Russia: in epoca moderna, nessun altro paese asiatico aveva vinto contro l’Europa. E l’arcipelago nipponico, non è più solo una nazione isolata dal resto del Mondo, ma si era trasformata in una potenza mondiale, divisa tra tradizione e industrializzazione.
Raichō Hiratsuka fu testimone di questa vera e propria rivoluzione economica e culturale, che aveva come punto di riferimento i primi movimenti femministi in Inghilterra. Inoltre, la nostra femminista nipponica assiste ad un altro evento importante: la prima rappresentazione di Casa di bambola, del drammaturgo norvegese Henrik Ibsen.
La scelta di Nora, la protagonista che abbandonava il marito che non l’aveva compresa fino in fondo, colpì profondamente le giapponesi e portò persino alla nascita di un neologismo che descriveva la “nuova donna” come atarashii onna. La stessa Raichō lo usò per descrivere se stessa.
Io sono una atarashii onna. Come atarashii onna noi abbiamo sempre insistito che le donne sono anche esseri umani. È una cosa nota a tutti che noi ci siamo opposte alla morale preesistente, e abbiamo fatto in modo che le donne avessero il diritto di esprimere se stesse come individui.
In lei cominciava a svilupparsi l’esigenza di creare un giornale per diffondere le sue prime idee femministe. La decisione di fondare il giornale nacque dopo essere venuta a conoscenza della Blue Stockings Society, il circolo inglese in cui venivano discusse le tematiche legate all’emancipazione femminile. Seitō era infatti la traduzione giapponese di blue stocking, ovvero calze blu.
L’opera di Hiratsuka non si fermò con la pubblicazione della rivista femminista. Nel 1920, seguendo un’indagine sulle condizioni di lavoro delle lavoratrici nelle fattorie tessili a Nagoya, che stimolarono ulteriormente la sua risolutezza politica, Hiratsuka fondò l’Associazione delle donne nuove insieme all’amica e attivista per i diritti delle donne Fusae Ichikawa.
Nel 1950, l’anno successivo allo scoppio della guerra di Corea, Hiratsuka viaggiò negli Stati Uniti insieme alla scrittrice ed attivista Yaeko Nogami e a tre membri del Movimento femminile del Giappone per presentarsi all’allora segretario di Stato statunitense Dean Acheson con la richiesta di creare un sistema per cui il Giappone potesse rimanere neutrale e pacifista.
Seitō: la prima rivista del femminismo giapponese
Seito, una rivista considerata femminista ma non descritta come tale dai suoi creatori, pubblicata il primo di ogni mese dal 1911 al 1916. La rivista inizialmente si concentrava sulla letteratura femminile, ma il suo orientamento cambiò gradualmente per abbracciare i temi della liberazione delle donne e dell’uguaglianza di genere.
Il primo numero fu pubblicato nel settembre 1911, a cura di Raicho Hiratsuka, con un gruppo di altri quattro scrittori che si erano tutti laureati alla Japan Women’s University. I collaboratori di Seito includevano il poeta e attivista per i diritti delle donne Akiko Yosano e lo scrittore Nobuko Yoshiya.
Scrittori così eminenti, guidati da Raicho Hiratsuka, permisero alla rivista di godere di una buona reputazione, soprattutto tra gli intellettuali, e di allargare il suo pubblico in tutto il paese, a donne affamate di cambiamento nel contesto altamente patriarcale della tarda era Meiji.
La rivista è stata analizzata e seguita da vicino dal ministero dell’Interno giapponese, perché contravveniva alla legge sul mantenimento della pace del 1900, che vietava qualsiasi critica al sistema in vigore. Questo monitoraggio ha portato alla censura di due questioni.
Nel 1915 Raicho Hiratsuka passò il ruolo di editore di Seito all’anarchico Noe Ito. Quest’ultimo ha espresso sulla rivista vari pensieri sull’aborto, l’amore libero e la prostituzione. Tuttavia, i vecchi membri iniziarono ad abbandonare la pubblicazione e Noe Ito decise di concludere questa impresa un anno dopo, nel febbraio 1916.
L‘eredità di Seito è ancora oggi rivendicata dagli attivisti per i diritti delle donne, che usano regolarmente le immagini stampate nella rivista oltre un secolo fa per trasmettere i loro messaggi.
Per tutta la sua vita, Raicho Hiratsuka lottò per i diritti delle donne, dedicandosi in particolar modo alle lavoratrici del settore tessile. Durante la Seconda guerra mondiale, da lei vissuta con sgomento e orrore, dato che si professava pacifista, si ritirò in campagna con la famiglia e coltivò la terra per sopravvivere. Dopo il conflitto bellico tornò alla sua attività pubblica, supportando l’emancipazione femminile attraverso convegni, letture pubbliche e libri. Morì nel 1971, dopo una lunga vita di impegno civile.
Raicho Hiratsuka ha scritto diversi libri e saggi, non solo articoli. L’opera più importante è In The Beginning Woman Was The Sun (In principio la donna era il Sole), che inizia così:
All’inizio, la donna era veramente il sole. Una persona autentica. Ora è la luna, una luna pallida e malata, dipendente da un’altra, che riflette la brillantezza di un altro.
Parole da ricordare per non diventare pallidi riflessi di una società maschilista, che vuole le donne rilegate a ruoli prettamente casalinghi e sessisti.