Caro iCrewer, per la rubrica sull’arte giapponese, oggi, approfondiremo la conoscenza di uno stile pittorico ancora molto diffuse nel paese del Sol Levante: sumi-e.
Questo stile pittorico è adattabile anche alla scrittura, perché alla base della tecnica troviamo l’utilizzo dell’inchiostro e dei pennelli, molto simili a quelli utilizzati per lo shodo.
Sumi-e: storia ed evoluzione
Il termine giapponese sumi-e significa “pittura (e 絵 ) ad inchiostro nero (sumi 墨)”, ed è una tecnica pittorica utilizzata molto nell’estremo Oriente, in particolare in Cina e Giappone. Le sue radici affondano nella cultura cinese, poi trasmessa a quella nipponica.
La pittura sumi-e nasce in Cina e ha origine dalla filosofia Taoista, che definisce in modo preciso il rapporto tra uomo ed universo. E con questi presupposti, la pittura non è un semplice mezzo che serve a descrivere e a ripetere la perfezione della natura, ma è parte della natura. È un modo di vivere che si riflette nell’arte.
La tecnica del sumi-e nasce in Cina sotto la dinastia Tang (618-907), e si consolida con la dinastia Song (960-1279). Ma quando arriva in Giappone? È stata introdotta a metà del XIV secolo, nell’epoca Kamakura (1192–1333), periodo in cui il potere passò dalle mani della nobiltà a quella dei guerrieri (samurai). In questo periodo, alcuni monaci buddisti Zen, facevano pellegrinaggi in Cina, e, apprendendo le tecniche pittoriche di origine taoista, le diffusero nell’arcipelago nipponico.
La pittura sumi-e crebbe in popolarità fino al suo periodo di massimo splendore, nell’era Muromachi (1338-1573). La tecnica pittorica, in Giappone subisce delle variazioni nei temi, mentre l’uso dell’inchiostro è una costante, che rende monocromatiche le opere.
I principali motivi e soggetti sono legati alla natura, e fa riferimento a: paesaggi, ritratti, uccelli e animali, fiori e piante. Ogni aspetto della natura, fa riferimento ad una metafora della vita. Con questa nuova conoscenza, in Giappone, si passò dall’utilizzo della tecnica di Yamato-e, a quella di sumi-e.
Il più grande maestro ed artista della pittura sumi-e è stato Sesshu (1420 – 1506), monaco Zen a Kyoto, che studiò la pittura ad inchiostro in Cina dal monaco Shubun. Sesshu era molto vicino alla filosofia taoista, e ha saputo tradurre in arte visiva i principali cardini filosofici.
Stilisticamente il sumi-e, risponde a determinate caratteristiche, come la sobrietà e la spontaneità. Per la realizzazione dell’opera non occorre preparare schizzi o bozze di base, ma basta seguire l’armonia del tratto che dà origine ad opere naturali e semplici.
Tramite la pittura ad inchiostro, lo Spirito parla e si esprime. Coglie l’essenza della natura e, quindi, i cardini principali della filosofia Zen e della filosofia Taoista. Attraverso il pennello e l’inchiostro, l’artista fa rivivere con precisi e spontanei movimenti, la natura ed esprime il proprio essere.
Questo arte pittorica esprime tutti i principi Zen, perché semplice e spoglia. Orpelli, decorazioni, ritocchi ed aggiunte, secondo tale filosofia, non abbelliscono le opere, ma offuscano la mente e la vista, dalla sua vera natura.
Il pennello come strumento di meditazione
Alla base della tecnica pittorica troviamo l’inchiostro, la pietra per inchiostro, la carta di riso e il pennello. Il pennello è l’estensione dei pensieri e della meditazione. Attraverso il pennello si tracciano linee morbide e delicate, che a seconda del pennello utilizzato, lascia diverse gradazioni di inchiostro, creando sfumature e profondità.
L’artista che si appresta a mettere in atto la tecnica di origine cinese, si trova davanti ad un foglio bianco e si prepara ad abbandonare i pensieri, più o meno negativi. La mente, quindi, si presenta come un foglio bianco dove si materializzano le immagini da dipingere, spoglie dai eccessi della vita.
Esistono diversi tipi di pennello, ma tutti con setole naturali, rigide, miste o morbide. Variano per dimensioni, tipi di setole e lunghezza. Se avete voglia di approcciarvi a questa tecnica potete seguire dei corsi disponibili in Italia.