Fosse Ardeatine, un’anonima cava di materiali inerti alle porte di Roma che il 24 marzo 1944 divenne luogo di uno dei più cruenti episodi annoveratile tra i fatti che si susseguirono durante il periodo della resistenza.
Le date divergono di poco ma se ne commemora oggi 25 aprile il ricordo, in quanto giornata della liberazione che in qualche modo ha concluso per l’Italia di allora, un periodo molto cruento.
Per i romani, le fosse Ardeatine, sono di tanto in tanto, una tappa obbligata. Non si torna volentieri alle Fosse Ardeatine ma ci si va comunque poichè, anche a distanza di tanti anni è sempre forte il richiamo di ciò che vi accadde.
La storia d’Italia di quegli anni è purtroppo ricca di episodi cruenti ai limiti dell’immaginabile ma alle Fosse Ardeatine fu compiuto un massacro con dei numeri importanti poichè si contarono ben 335 vittime innocenti tra civili e militari italiani ma io non parlerei di statistiche perché anche una sola vittima e una soltanto, immolata per un ideale distorto, merita il rispetto assoluto a prescindere dal contesto o dell’importanza che la narrazione dell’episodio ha avuto nel tempo.
Le Fosse Ardeatine divennero mausoleo per qualcosa che accadde in via Rasella
La storiografia annovera quello denominato di via Rasella, come il più sanguinoso attentato di tutta l’Europa occidentale, ai danni di truppe tedesche, avvenuto in area urbana.
Una rosa di circa 12 partigiani gappisti, tra cui una donna Carla Capponi, appartenenti cioè ai gruppi d’azione patriottica, il 23 marzo 1944, in via Rasella, lanciarono un rudimentale ordigno contro una colonna di soldati tedeschi, per la precisione l’11° compagnia del III battaglione “Bozen”, composto per la quasi totalità da soldati reclutati nell’area alto-atesina, zona geografica interamente occupata dai tedeschi appena qualche anno prima dei fatti narrati.
Allo scoppio dell’ordigno seguì il lancio di altre quattro bombe di fattura artigianale, per finire i superstiti.
Nell’attentato partigiano morirono sul colpo 33 soldati e due civili che transitavano sfortunatamente per caso, uno dei quali appena dodicenne che voglio ricordare, non conoscendo altro di Lui, almeno nel nome: Piero Zuccheretti.
Non si seppe nei giorni successivi se tra i feriti ci fossero ulteriori caduti, certamente ciò dovuto al clima di forte instabilità che vigeva in quel momento.
Non fu però necessario al comando tedesco avere informazioni ulteriori a quelle che nell’immediatezza dei fatti giunsero da via Rasella.
La rappresaglia non si fece attendere, tanto che furono immediatamente fermati sul posto e tratti in arresto, dieci civili, probabilmente tutti estranei ai fatti.
Ma non bastava, dal comando tedesco fu impartito l’ordine di rastrellare un numero di persone pari a dieci volte le perdite tedesche dell’attentato.
E fu così che le truppe tedesche arrivarono alla cifra di 335 prigionieri scegliendo realmente a caso tra la popolazione.
Perché poi venne individuato proprio il sito delle Fosse Ardeatine per compiere il massacro non è ben chiaro; si suppone che fu considerato un luogo sufficientemente grande per contenere la quantità di persone richieste dall’ordine impartito dal comando tedesco e nel quale fosse poi più facile gestire il dopo.
Non è facile riproporre la narrazione di un fatto così sanguinoso, si tende a pesare ogni parola come se un termine rischiasse di essere anche marginalmente irrispettoso nei confronti dei fatti noti ma anche dei fatti che non hanno assunto nello specifico l’affermazione storica.
Parlo delle singole storie personali delle 335 anime che per caso, in un giorno per loro inizialmente qualsiasi, si sono ritrovate nella storia, quella delle Fosse Ardeatine e d’Italia.
Tanti giovani e giovanissimi che le solite statistiche continuano, a distanza di anni, a dividere e classificare con questa o quella caratteristica.
Erano uomini.
Io li voglio ricordare i trucidati alle Fosse Ardeatine, vittime di tutti, come persone, persone e basta, nel fiore degli anni che in una cava di pozzolana a ridosso della città più bella del mondo, hanno subito quanto di più orrendo mano umana si possa macchiare.
Voglio ricordarne i volti anche se non ne conosco neanche uno; gli occhi pieni di terrore e sicuramente incredulità per qualcosa che forse alcuni non hanno compreso fino in fondo e che a tutt’oggi rimane incomprensibile anche per noi.
Non è insolito vedere qualche romano di passaggio, entrare a testa bassa nel mausoleo delle Fosse Ardeatine e porre su una tomba, una qualsiasi, un fiore, simbolicamente per ognuna delle 335 vittime che lì ormai riposano insieme come insieme affrontarono la morte.