Damien Hirst l’ha rivelato solo ora ma francamente, in ogni situazione, quando c’è di mezzo un teschio, non si deve mai cedere alle apparenze e né come in questo caso alla lusinga del bagliore di tante pietre preziose incastonate nel platino, perché il mistero è sempre dietro l’angolo.
È certamente annoverata tra le opere più singolari e al contempo discusse degli ultimi decenni; ammirata certamente da taluni e parimenti denigrata da altri.
A far pesare l’ago della bilancia verso una o l’altra valutazione, anche il suo valore economico, agghiacciante in modo similare all’aspetto dell’opera stessa, del valore nominale di 100 milioni di dollari.
Ne avrai certamente sentito parlare, si chiama For The Love of God, un ‘opera d’arte di Damien Hirst raffigurante un teschio di platino a grandezza naturale, totalmente ricoperto da 8.601 di diamanti, per un totale di 1.106 carati.
A tutti gli effetti un’opera dei record.
Fu presentato al pubblico dal suo stesso autore Damien Hirst in occasione di una sua mostra del 2007 alla galleria White Cube di Londra.
L’opera fece da cassa di risonanza mediatica per più di un elemento che la caratterizzava.
L’aspetto, l’essere in platino e tempestata di diamanti soprattutto per la vendita da record, ben cento milioni di dollari dell’epoca, cifra finale di un’asta la cui definizione fece rimbalzare letteralmente la notizia sui giornali di tutto il mondo.
Purtroppo però, da quanto emerso, sembra che l’opera non sia mai stata venduta.
Quindi, proprio come un fulmine a ciel sereno, serenamente in una intervista dalle pagine del New York Time ed è lo stesso Damien Hirst che parla per la prima volta dell’argomento svelando un segreto che a parer nostro ha dell’inconfessabile.
Precisa inoltre l’autore che il teschio tempestato di diamanti è sempre stato nella sua disponibilità, aggiungendo particolari circa la proprietà che indica come in condivisione con la stessa galleria e un non meglio identificato gruppo di investitori.
Un fiume in piena Hirst che dopo anni di silenzio assoluto, ora sente il desiderio di rivelare anche il luogo della custodia indicando un deposito di Hatton Garden, il quartiere neanche a dirlo dei gioielli di Londra.
All’indomani di tale sconcertante rivelazione e nel più classico senno di poi, molte sono le voci che si sono levate a rimarcare incongruenze che già all’epoca dell’asta fantasma erano a quanto pare evidentissime.
Certo ora che la confessione è fumante sul tavolo del gossip, volendo è anche facile ma almeno per curiosità ti porto a vedere quali siano le motivazioni che già da allora avrebbero far dovuto gridar allo scandalo.
L’essere o non essere dell’asta fantasma per opera di Damien Hirst
Quando l’opera fu presentata al pubblico come progetto, era nel 2007 e all’epoca Hirst dichiarò di aver lui stesso autofinanziato l’interezza dei costi di produzione per un totale di 8 milioni di sterline.
Quando però il teschio di diamanti fu esposto nella sua realizzazione a distanza circa di un anno, il costo dei materiali era lievitato di quasi il doppio, come da subito dichiarato dalla galleria in cui fu esposto.
Certamente una cifra ragguardevole che però a questo punto già da allora non era certo neanche lontanamente vicina ai 100 milioni di dollari, scaturiti dalla vendita e investiti da una cordata di cui nulla mai si seppe neanche nell’immediatezza.
Va detto che in concomitanza all’annuncio di vendita all’incanto, fin da subito venne specificato che una quota di proprietà dell’opera sarebbe stata tenuta da Damien Hirst, al fine di poter a ragione soprintendere l’imminente tour mondiale previsto per l’’opera d’arte.
Dopo essere stata in mostra a Londra infatti, l’opera fu esposta in altre prestigiose sedi, come il Rijksmuseum di Amsterdam.
Forse proprio a quest’opera così preziosa e così singolare , sta di fatto che le quotazioni di mercato di Damien Hirst iniziavano a salire e di parecchio.
Secondo l’Artnet Price Database, sembra che proprio in quell’anno l’artista guadagnò un totale di 86,3 milioni di dollari, cifra totale emersa da varie aste.
Slancio di popolarità e riscontro economico che non si arrestò neanche nell’anno a seguire, il 2008, quando arrivò consolidare il suo volume d’affari arrivando alla cifra di 201 milioni di dollari per un’asta di due giorni con 224 opere e un tasso di vendita del 97%.
Una sessione rimasta quella rimasta negli annali nella storia dell’arte e delle case d’asta in generale per la valanga di riscontri ottenuti.
Certo però che alla luce di quanto dichiarato, probabilmente tutto ciò non potrà che stendere un velo, neanche poi così sottile di mistero su tutte le aste in cui il nome di Damien Hirst è stato scritto nel programma del giorno.
Seguiremo per te gli sviluppi di questa vicenda misteriosa e risibile al contempo.