Il mondo dell’arte tutto, non ha tardato a mettersi in prima fila per gridare il suo no a quello che di fatto è ormai un conflitto in piena regola.
Grandi artisti internazionali stanno, attraverso i social, esprimendo con forza, il loro disappunto e quello del mondo dell’arte per ciò che sta accadendo in Ucraina.
Ma se è facile farlo dai salotti buoni sparsi per il mondo, non lo a certe latitudini dove anche un bisbiglio diventa tzunami, al quale probabilmente potrebbe essere contrapposta una reazione repressiva di pari portata.
Benvengano certamente i monumenti illuminati in giallo e blu, in onore della bandiera Ucraina così come veder crescere la voce della cultura a favore della pace, con appelli levati da più parti, da associazioni come da singoli, che via via, con Italia in prima fila, stanno diventando sempre più numerose per il mondo dell’arte.
Il contributo più incisivo però credo arrivi, e non me ne vogliano gli altri, da coloro che stanno esprimendo contrarietà alla guerra mettendo realmente a rischio la propria carriera artistica, il proprio posto di lavoro e probabilmente anche la vita.
E’ infatti di appena qualche giorno fa la dichiarazione di Elena Kovalskaya, direttrice del teatro statale di mosca, senza indugio e senza paura ha affidato ad un social il suo messaggio contro la guerra scrivendo questo:
Amici, in segno di protesta contro l’invasione russa dell’Ucraina, mi dimetto
Aggiungendo anche:
È impossibile lavorare per un assassino e riscuotere uno stipendio da lui
Commento che per dovere di cronaca riportiamo nella versione originale pubblicata.
Il mondo dell’arte unito chiede la pace
Parole condivisibilissime che davvero sono nell’essenza di tante voci che si stanno di ora in ora levando a sostegno del ritorno alla pace ma che pronunciate a pochi passi dalla Cattedrale di San Basilio, direi che fa una sostanziale differenza, non certo nei contenuti ovviamente ma nel peso specifico degli stessi.
Non appena i canali diplomatici hanno di fatto ammesso l’inefficacia del loro lavoro, l’Ucraina, nelle ore precedenti l’attacco, ha annunciato la serrata dei musei su tutto il territorio e nella capitale Kiev, dentro le mura del Museo Nazionale di storia dell’Ucraina, tutti i dipendenti, nessuno escluso, hanno fin dall’immediatezza lavorato senza sosta per mettere in salvo quanti più reperti possibili, trasportandoli negli scantinati della struttura.
La direttrice Olesia Ostrovska-Liuta a Kiev è responsabile di uno dei più grandi musei d’arte d’Europa, chiede aiuti internazionali, affinché tutto o parte del patrimonio contenuto nel museo da lei diretto possa essere salvato:
Dobbiamo proteggere le opere d’arte di artisti importanti per la nostra storia europea condivisa e la storia dell’Ucraina: opere di Kazimir Malevich, Vasyl Yermylov, Alexander Bogomazov, e Anatol Petrytsky, e Viktor Zaretsky, per citarne solo alcuni.
Noi teniamo duro ma mentre scrivo qui cadono le bombe, molti dei miei colleghi sono rifugiati negli scantinati
Mentre a Odessa sul mar Nero lo straordinario museo dell’arte orientale e occidentale con la sua magnificente collezione d’arte europea ha circondato l’edificio di filo spinato e sta cercando di mettere in salvo almeno le tele più preziose
La guerra di queste ore ha fatto sfumare anche la partecipazione dell’Ucraina alla Biennale d’Arte di Venezia, al via da maggio, non ci sono più le condizioni per continuare ad allestire il Padiglione nazionale
Parole molto dure dette da un’esponente de il mondo dell’arte che però al momento sono armate di speranza e voglia di salvaguardare il mondo dell’arte futuro come momento essenziale di rinascita che potrà iniziare solo con il cessare delle ostilità, momento che però non sembra dietro l’angolo.
A Roma il mondo dell’arte si esprime anche attraverso l’iniziativa del Maxxi che ha annunciato di voler devolvere gli incassi di domenica 27 febbraio e domenica 6 marzo, all’UNHCR, all’ Unicef e alla Croce Rossa per i loro progetti pro Ucraina.