Ninì Pietrasanta, all’anagrafe Ortensia Ambrogina Carla Adelaide, classe 1909, seppe, con ineguagliabile grinta, farsi largo in un mondo fino ad allora esclusivamente maschile e diciamolo decisamente maschilista, nel quale si è ritrovata catapultata dalla sua viscerale passione per l’alpinismo estremo.
Seppe trovare il coraggio di scrivere nero su bianco queste parole all’indirizzo dell’allora istituzione nazionale che era il Club Alpino Italiano, sezione di Belluno, senza paura e senza ripensamenti mai:
In questa compagnia di ipocriti e di buffoni io non posso più stare, mi dispiace forse perdere la compagnia dei cari compagni di Belluno, ma non farò più niente in montagna che possa rendere onore al Club Alpino dal quale mi allontano disgustata anche per una ingiustizia commessa col rifiutarmi un articolo
Nasce in Francia ma solo per circostanze legate al lavoro di suo padre, professore alla Bocconi di Milano.
Infanzia e adolescenza la trascorre infatti nel capoluogo lombardo, nell’ambiente alto borghese, dove venne largamente sostenuta dalle idee liberali del padre, Giuseppe Pietrasanta, che la spronava sempre e comunque a perseguire ogni sua curiosità e desiderio di apprendimento in ogni campo, invitandola a tralasciare i commenti di coloro che avessero voluto fermarla in qualsivoglia impresa, in quanto donna.
Sulla scorta di tali insegnamenti diventa, dopo Mary Gennaro Varale, una delle primissime donne a praticare con continuità l’alpinismo.
La sua passione iniziò da adolescente, quando durante le vacanze estive in montagna, iniziò a provare un grande interesse per ogni vetta alpina su cui poggiava il suo sguardo.
Carattere, forza fisica e tempra fecero il resto, portandola a diventare una scalatrice provetta.
All’ombra delle amate montagne conobbe colui che fu poi il suo grande ed unico amore, lo scalatore e affermato pianista Gabriele Boccalatte ma che sempre la montagna le strappò nel 1938, quando una copiosa caduta di massi sull’Aiguille de Triolet, lo travolse, togliendolo a questa terra e ai suoi cari.
Ninì aveva allora 29 anni e un figlio piccolissimo, per il quale lasciò immediatamente la vita vissuta fino fino a quel momento, fatta di imprese estreme, per dedicarsi esclusivamente a lui e al quale fino alla morte seppe tenere segreto gran parte di quel mondo, l’alpinismo, che ad un certo punto lo aveva privato del padre.
Solo qualche anno dopo la sua morte, avvenuta il 23 febbraio del 2000, in una vecchia soffitta, proprio il figlio di Ninì e Gabriele scoprì quale era stata realmente la vita dei suoi genitori prima della tragedia.
Ancora oggi i filmati girati in parete da Ninì, rappresentano un materiale ineguagliabile, fonte di ispirazione per molti documentari ed ogni sorta di approfondimento sul tema della montagna.
E’ stupito Lorenzo Boccalatte dell’affetto che, ancora oggi, estranei da tutto il mondo, gli dimostrano nel ricordo di Ninì:
Anni fa, per esempio, ho incontrato una giovane guida alpina spagnola che era al corrente delle vicende dei miei genitori.
Quando uscì il film “Ninì” venni chiamato da molte Sezioni Cai che mi chiedevano di partecipare alle proiezioni.
Ho incontrato tantissima gente entusiasta che conosceva le imprese di mia madre meglio di me, cosa che mi ha lasciato davvero stupito.
È molto bello che queste salite, compiute da una donna in un mondo di uomini, vengano ricordate e siano ancora oggi nella memoria del Cai e degli amanti dell’alpinismo
Ninì Pietrasanta non lasciò mai le sue montagne
Benché risoluta ad abbandonare l’alpinismo estremo, seppe conservare un ottimo rapporto con la montagna che al contempo, tante gioie prima e tanto dolore poi, le procurò.
Così ancora nelle parole e nel ricordo dell’adorato figlio:
Ha sciato fino agli ottant’anni, e con gli sci da fondo anche dopo. In età avanzata ha continuato a partecipare a varie maratone sulla neve, con piazzamenti di tutto rispetto, lasciandosi alle spalle decine di fondisti.
Ha sempre avuto una notevole forza fisica e una grande resistenza alla fatica.
Il suo cuore batteva adagio, era un cuore da atleta.
Queste sue doti spiegano anche le imprese alpinistiche della giovinezza
Resterà per sempre fissata negli annali della storia dell’alpinismo la conquista di Ninì della parete ovest dell’Aiguille Noire de Peuterey, una delle vie più belle e più difficili del versante italiano del massiccio, impresa che le è valsa l’appellativo di Regina del Monte Bianco.
E forse a una tale emblematica figura, qualche riconoscimento in più, andava probabilmente dato.