Giovanni Falcone. Sono passati trent’anni, trenta lunghi ma allo stesso tempo brevi anni, in cui più di qualche aspetto della complicata vicenda della Strage di Capaci, è tutt’ora avvolto nel mistero.
Era il 23 maggio del 1992 quando 500 kg di tritolo fecero saltare in aria il giudice antimafia Giovanni Falcone, sua moglie anch’essa magistrato Francesca Morvillo, il capo scorta Assistente Antonio Montinaro, l’agente scelto Rocco Dicillo e l’agente Vito Schifani.
Morirono tutti.
Per mano di chi, non è più un mistero ma per volontà di chi, lo è ancora.
L’italia si fermò tutta allo svincolo per capaci sull’A29 alle ore 17:57 di quel triste giorno.
La storia la sappiamo ma a distanza di tanti anni, tra mille riflessioni sul tema, in ricordo del magistrato Giovanni Falcone e di quanti perirono barbaramente in quella mattanza, emerge l’idea che in qualche modo l’arte possa sopperire a certe lacune socio-culturali che inevitabilmente hanno in passato portato a momenti così drammatici.
Il richiamo ai molti murales nati d’impeto in varie città, potrebbe sembrare la forma più immediata di arte riferibile al magistrato palermitano ma se si prova a guardare l’idea da un altro punto di vista, se ne deduce che l’arte in quanto creatività, in qualche modo abbia guidato Giovanni Falcone nel suo viaggio alla ricerca della verità.
Fu il primo a percorrere certi sentieri inesplorati e scardinare un lugubre tessuto sociale parallelo indegno che si nutriva sostanzialmente d’ignoranza, seppur capillarmente organizzato ed influente.
La genialità messa in campo da Giovanni Falcone portò dunque a scoprire un vile formicaio, ad annientarne i capisaldi ma anche però a quei 500 kg di tritolo allo svincolo per Capaci.
A distanza di anni dunque la riflessione che ci sentiamo di fare dal nostro punto di vista è che forse l’arte possa essere moderno strumento per combattere la mafia nel suo ruolo che mira a riqualificare luoghi ancora avvolti nel degrado, giardino fertile per ogni sorta di espressione al di fuori della legalità.
Ci si chiede inoltre e da più parti se fotografie che nell’immediatezza degli eventi hanno documentato l’atrocità della strage, siano ancora da considerarsi cronaca cronaca o iniziano a virare su una consapevolezza prima storica e poi artistica?
La loro attuale forza quindi è raccontare ancora con la lucidità e la commozione di quei momenti un evento che ormai fa parte della nostra cultura.
E forse possono salire in cattedra con la funzione di antidoto per ogni strategia criminale che ricordiamolo, parte dal singolo comportamento giornaliero di ognuno di coloro che scelgono di non abbandonare mai la condotta della legalità.
Giovanni Falcone ritratto in fotografie d’epoca, divenute ormai storia ed espressioni artistiche
Stasera su Sky un documentario che rimarca come il sacrificio degli uomini dello Stato ha nel tempo segnato sia le coscienze degli italiani nel loro ruolo sociale di comuni cittadini ma anche del mondo dell’arte.
Le testimonianze di artisti, giornalisti, fotografi e familiari delle vittime Maria Falcone, Fiammetta Borsellino, Franco La Torre, rappresentano e sono continua testimonianza di una evidente narrazione condotta a cavallo del tempo che ora più che in altri momenti unisce la riflessione creativa alla cronaca.
Moltissime le immagini e le espressioni che contribuiscono alla creazione di questo mosaico in cui intervengono con pari enfasi la fotografia scattata da Tony Gentile a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nella quale sorridono dimostrando al mondo intero attraverso una semplice immagine, tutta la loro complicità.
Proprio a questa immagine si ispirano numerosi murales, il più famoso troneggia sul lungomare di Palermo ed è stato dipinto dagli street artist Rosk e Loste.
Sempre a questa fotografia si sono ispirati volti per la realizzazione de la Porta dei Giganti, l’imponente installazione pittorica di Andrea Buglisi su due palazzi costruiti accanto al carcere dell’Ucciardone, fissa dimora di molti condannati per mafia.