È morta a 98 anni a Cisternino, dove viveva da tempo, Lisetta Carmi, grande fotografa degli ultimi, pianista di talento e fondatrice nel 1979 dell’Ashram Bhole Baba proprio nel centro pugliese.
Lisetta Carmi. la fotografa degli ultimi
Nata nel 1924 a Genova, di origini ebraiche, Carmi abbandonò nel 1960 una promettente carriera di musicista per dedicarsi alla fotografia e ai reportage civili.
La fotografia per Lisetta (nata come Annalisa a Genova il 15 febbraio 1924 da un’agiata famiglia borghese di origine ebraica) non è stata che un pezzetto di una vita «con molte gioie e moltissimi dolori». Un pezzetto importante («sono solo 18 anni, ma mi sembrano almeno 50») che aveva fatto la storia della fotografia, non solo italiana: alla serie dei travestiti del ghetto di Genova, forse la più nota, i Rencontres d’Arles del 2020, slittati al 2021 causa Covid-19, avevano dedicato un progetto speciale e un’esposizione mentre il Man di Nuoro ha appena allestito una bella mostra, curata da Luigi Fassi e da Giovanni Battista Martini, sugli scatti realizzati in Sardegna tra il 1962 e il 1976.
Le sue sono un’infanzia e una giovinezza inizialmente serene:
Ero la terza figlia dopo due fratelli maschi e per un periodo non ho capito bene se ero maschio e femmina, sono stati proprio i travestiti del vecchio Ghetto di Genova che ho fotografato che mi hanno fatto capire che non esistono uomini o donne, ma solo essere umani.
Poi tutto cambia: a causa delle leggi razziali, nel 1938 è costretta ad abbandonare la scuola e a rifugiarsi con la famiglia in Svizzera. Nel 1945, al termine della guerra, torna in Italia e si diploma in pianoforte al conservatorio di Milano. Comincia così un’altra delle vite di Lisetta Carmi, quella da concertista di successo in Italia, Germania, Svizzera, Israele. Quello di Lisetta con Israele sarà un rapporto molto controverso: «Ho fotografato i campi profughi negli Anni sessanta, ho visto come trattano i palestinesi, ne sono rimasta rattristata, non ci sono più voluta tornare». Una vita che ancora una volta si interrompe o, meglio, che Lisetta decide ancora una volta di interrompere.
È il 30 giugno 1960 e Lisetta vuole prendere parte allo sciopero di protesta indetto dalla Camera del Lavoro di Genova, ma il suo maestro Alfredo They è fortemente in disaccordo, perché spaventato da una possibile lesione alle mani che potrebbe impedirle di continuare a suonare: «Ricordo benissimo di avergli risposto che se le mie mani erano più importanti del resto dell’umanità, avrei smesso di suonare il pianoforte».
La scoperta della fotografia
Alla fotografia Lisetta Carmi arriva per caso. Per tre anni lavora come fotografa al Teatro Duse di Genova. Accetta diversi incarichi dal Comune di Genova realizzando una serie di reportage in cui descrive le diverse realtà e problematiche sociali della città come, ad esempio, gli ospedali, l’anagrafe, il centro storico e le fogne cittadine. Al cimitero monumentale della città dedica un’altra celebre serie di immagini che intitolerà Erotismo e autoritarismo a Staglieno.
Nel 1964, dopo aver realizzato un’aspra indagine sui camalli del porto di Genova che diventerà poi una mostra itinerante, inizia a lavorare a un reportage sulla Sardegna che si concluderà alla fine degli Anni settanta. Nel dicembre 1965 si reca a Parigi. Da questo soggiorno nasce il volume Metropolitain, libro d’artista contenente una serie di scatti realizzati nella metropolitana parigina. Nello stesso anno prende corpo il suo progetto più noto.
Lisetta Carmi e i travestiti di Genova
Nei sei anni successivi, Lisetta Carmi fotografa, infatti, la comunità dei travestiti genovesi che abitavano l’antico ghetto ebraico: «Tutto è iniziato con una festa di Capodanno a cui sono stata invitata, ho scoperto la sofferenza e la solitudine di persone davvero perbene e non allora non ho mai venduto una fotografia di quella serie perché avevo paura di rovinare questa amicizia, pensi che la Morena mi ha fatto chiamare prima di morire».
Il libro che ne nascerà, pubblicato da Essedì con testi di Carmi e dello psicanalista Elvio Fachinelli, farà scandalo «in quell’Italia bacchettona» e Lisetta viene bollata come «una sporcacciona». Le librerie non lo vendono e vogliono mandarlo al macero, sarà Barbara Alberti a salvarlo, comprando le copie invendute e regalandole agli amici. Oggi I travestiti è un cult: in copertina c’è sempre quella Gitana che, confessava Lisetta, «mi aveva detto o mi metti in copertina o niente!». Nel mese di ottobre del 1966 Carmi fotografa ad Amsterdam il movimento di contestazione dei Provos. Nel 1969 viaggia per tre mesi in America Latina e l’anno successivo in Afghanistan e Nepal. Nel 1970 a Belfast documenta la difficile situazione durante il conflitto nordirlandese. Nel 1971 compra un trullo in Puglia, a Cisternino. Il 12 marzo 1976 conosce a Jaipur, in India, Babaji Herakhan Baba, il Mahavatar dell’Himalaya, incontro che trasformerà radicalmente la sua vita.
Lo stesso anno è in Sicilia per incarico della Dalmine per il volume Acque di Sicilia, dove sono raccolte immagini del paesaggio e della realtà sociale della regione, accompagnate da un testo di Leonardo Sciascia. Negli stessi anni realizza una serie di ritratti di artisti e personalità del mondo della cultura del tempo tra cui Judith Malina, Joris Ivens, Charles Aznavour, Edoardo Sanguineti, Lucio Fontana, César, Carmelo Bene, Luigi Nono, Luigi Dallapiccola, Claudio Abbado, Jacques Lacan. Oltre ai venti scatti («ma ne ho pubblicati solo 12») di un vecchio e solo Ezra Pound, fotografato nella sua casa di sant’Ambrogio a Zoagli nel febbraio 1966, che le valsero il premio Népce.
Lisetta Carmi e l’Ashram Bhole Baba
L’ultima vita è quella che Lisetta Carmi dedicherà completamente alla costruzione dell’ashram Bhole Baba, a Cisternino, «per la trasformazione delle persone e per la purificazione della loro mente, per la meditazione e per il karma yoga». Lo guiderà con dedizione totale (lasciando Genova nel 1981) per circa venti anni (nel 1997 lo Stato Italiano riconoscerà al Centro Bhole Baba lo statuto di Ente Morale). Nel 1995 incontra, dopo trentacinque anni, il suo ex allievo di pianoforte Paolo Ferrari e inizia con lui una collaborazione di studio filosofico-musicale. Nel 2010 il regista Daniele Segre realizza un documentario sulla sua vita dal titolo Un’anima in cammino presentato al Festival del Cinema di Venezia. Ritratto toccante (al pari de Le cinque vite di Lisetta Carmi di Giovanna Calvenzi pubblicato da Bruno Mondadori nel 2013) di una grande fotografa, certo, ma prima di tutto di un’anticonformista «sempre dalla parte dei poveri e di quelli che non hanno voce». Una donna che non ha mai avuto paura di scegliere.
Alcuni lavori
Tra i lavori più noti di Lisetta Carmi troviamo Italsider del 1962, Genova Porto del 1964 e Travestiti del 1972. Ha lavorato per il teatro e firmato tanti ritratti di artisti e personalità della cultura da Charles Aznavour a Edoardo Sanguineti da Leonardo Sciascia a Carmelo Bene, Claudio Abbado, Ezra Pound. Nel 1976 l’incontro con il maestro indiano Babaji segna una nuova svolta della sua vita che la porta a lasciare la fotografia e a dedicarsi alla diffusione degli insegnamenti del suo maestro con l’ashram Bhole Baba fondato nel 1979 a Cisternino.