La Venere degli Stracci di Pistoletto, inaugurata a Piazza del Municipio a Napoli è stata bruciata in seguito ad un atto vandalico avvento all’alba dello scorso 12 luglio.
L’artista aveva dichiarato che l’accaduto «riflette la situazione drammatica nostro tempo. Si risponde a qualsiasi proposta di bellezza e pace con fuoco e guerra».
Ma né Pistoletto, nè la città di Napoli si sono mai arresi. Dal 14 luglio il sindaco di Napoli ha lanciato una campagna di raccolta fondi. Questa determinazione nel ricostruire un’idea di bellezza è dimostrata infatti dall’evento che si terrà il 29 luglio alle ore 20 al Teatro San Carlo di Napoli.
Per ulteriori informazioni sulla raccolta fondi lanciata dal comune di Napoli visita il sito.
Venere degli Stracci: il Teatro San Carlo di Napoli si mobilita con la raccolta fondi
Due capolavori della danza ‘Balanchine/Petipa con il Balletto e l’Orchestra del Teatro di San Carlo che si terrà il 29 luglio alle ore 20. Il costo del biglietto è di 20 euro per la platea e il primo e secondo ordine di palchi, 15 euro per il terzo e quarto ordine di palchi e per la balconata. L’incasso dello spettacolo sarà devoluto per la ricostruzione del monumento di Pistoletto.
E’ possibile acquistare il biglietto presso la biglietteria del Teatro San Carlo di Napoli, aperta tutti i giorni dalle ore 10 alle ore 18, oppure on line al seguente Link.
Lo spettacolo è ispirato ai coreografi Balanchine e Petipa, musiche di Pëtr Il’ič Čajkovskij, il terzo atto di Raymonda, su musiche di Alexander Glazunov, interpretate dagli artisti del San Carlo, diretti dal Maestro Jonathan Darlington e da Clotilde Vayer.
Come nasce la Venere degli stracci
L’idea della Venere degli stracci risale al 1967. L’opera consiste nella riproduzione della Venere con mela dello scultore neoclassico Bertel Thorvaldsen, uno dei più grandi rivali del Canova. La scultura, realizzata in cemento e con tecnica mista, attraverso un calco è di spalle rispetto al fruitore e osserva una montagna di stracci a simboleggiare un’antica bellezza che ambisce ad essere eterna, ma che contrasta con il caos quotidiano, con gli abiti e gli oggetti che puntualmente consumiamo e gettiamo.
In quegli anni divenne l’emblema dell’Arte povera, così definita da Germano Celant. Esistono varie versioni di quest’opera che viene conservata in luoghi diversi ed ogni volta è in grado di raccontare storie diverse. Si trova a Biella, presso la Fondazione Pistoletto, presso il Museo d’arte Contemporanea Donna Regina di Napoli, Il Museo di Arte contemporanea del Castello di Rivoli, al Tate Gallery di Liverpool.
Quando l’opera fu accolta a Torino nel 2020, presso la Fabbrica del Gruppo Abele, Don Ciotti rilasciò la seguente testimonianza:
«Questa opera di Pistoletto stupisce ancora per la sua capacità di previsione e profezia. Non ha perso un grammo della sua forza provocatrice e ci interroga sul concetto di bellezza, troppo spesso abusata e svuotata del suo significato; provocazione anche politica, in quest’epoca in cui le povertà sono cresciute a dismisura e gran parte dell’umanità vive da stracciona, privata di dignità, di lavoro, di libertà. In quegli stracci si possono vedere le moltitudini dei migranti, dei rifugiati, degli esclusi. Persone che in questa Fabbrica del Gruppo Abele sono di casa. E si può vedere, nella Venere di Pistoletto, la bellezza che potrebbe nascere se fossimo in grado di accoglierli, di ospitarli, di riconoscerli come fratelli»
Un messaggio di fratellanza in una società dove il consumo, lo spreco e la povertà crescono a dismisura e in maniera contraddittoria.