Al Vittoriano fino al 28 settembre le fotografie di Bagnoli, Majoli e Pellegrin tra fede, quotidiano e trasformazione urbana. Come si racconta una città che tutti credono di conoscere? Come si fotografa Roma, quando diventa di nuovo Città Santa, epicentro di pellegrinaggi, eventi religiosi, tensioni e cambiamenti? A queste domande prova a rispondere “Città aperta 2025 – Roma nell’anno del Giubileo”, la mostra ospitata al Vittoriano fino al 28 settembre e curata da Roberto Koch e Alessandra Mauro.
Tre fotografi, tre visioni, un unico palcoscenico: la Roma del Giubileo. Una città dove i simboli della fede si sovrappongono ai gesti più intimi, alle ombre della crisi, alla meraviglia eterna dei suoi scorci.
Roma, specchio del sacro e del reale
Nel cuore del progetto c’è una scommessa: usare la fotografia per farci vedere ciò che abbiamo smesso di guardare. Lo ha spiegato con lucidità Edith Gabrielli, direttrice del VIVE – Vittoriano e Palazzo Venezia e ideatrice dell’iniziativa: “Il nostro intento era restituire Roma nel tempo del Giubileo, un evento che trasforma la città e al tempo stesso la rivela”.
Ed è proprio questa trasformazione — spirituale, sociale e urbana — che Diana Bagnoli, Alex Majoli e Paolo Pellegrin affrontano con tre linguaggi visivi completamente diversi.
Diana Bagnoli: la fede che cammina

La torinese Diana Bagnoli, classe 1982, ci accompagna tra volti, mani, sguardi di pellegrini arrivati da tutto il mondo. Cattura un misticismo fluido e itinerante, fatto di processioni, preghiere improvvisate, silenzi condivisi. La sua Roma è quella delle comunità cattoliche multietniche, una città che vibra di spiritualità ma anche di umanità.
Alex Majoli: la scena del sacro
Con Alex Majoli, nato a Ravenna nel 1971, la città si trasforma in palcoscenico. Il Giubileo diventa teatro di una rappresentazione ancestrale, dove ogni gesto sembra coreografato, ogni gruppo di fedeli un coro tragico. Le sue immagini sono drammaturgiche, cariche di tensione e simbolismo, quasi metafisiche, come quadri in cui il sacro convive con l’attesa e la ritualità collettiva.
Paolo Pellegrin: ritratti e passaggi segreti
Chiude il cerchio Paolo Pellegrin, uno dei nomi più noti della fotografia internazionale. Il suo sguardo è diretto, profondo. Punta sui volti: singoli, scolpiti dalla luce, colti nel momento della massima vulnerabilità. Ma Pellegrin regala anche un ritratto urbano fatto di scorci nascosti, atmosfere sospese, una Roma che solo chi la conosce profondamente riesce a restituire così.
Un’esperienza immersiva tra immagini, video e poesia
La mostra si apre con tre video del regista Paolo Freschi, che introducono i temi chiave del progetto, e si chiude con un testo inedito di Valerio Magrelli, poeta e intellettuale da sempre legato all’anima più segreta della Capitale. Non è solo una mostra fotografica, è un viaggio dentro l’identità mobile di una città, nel suo essere eterna eppure continuamente mutata.
Due opere per ciascun autore entreranno nella collezione permanente del museo, a testimoniare un anno cruciale per Roma: quello del passaggio tra due papi, della tensione tra sacro e futuro, della riscoperta di una dimensione collettiva dopo anni di isolamento e spaesamento.
Perché vale la pena visitarla
Città Aperta 2025 non racconta solo un evento religioso. Racconta una città vissuta, attraversata da emozioni, da gesti piccoli e solenni. E lo fa con sguardi onesti, intensi, lontani da ogni retorica turistica o spirituale. È una mostra che interroga, che commuove, che ci riporta al cuore delle cose. Alla domanda più semplice e più difficile: che cos’è Roma oggi?
Tu che Roma conosci? Quella dei pellegrini, quella della cronaca, quella dei quartieri? Raccontacelo su Instagram, e se passi da Roma quest’estate, non perdere questa mostra.