Dal 31 ottobre al 25 gennaio 2026, il Palazzo Reale di Napoli apre le porte a “Totò e la sua Napoli”, una mostra che celebra il legame profondo e inestinguibile tra Antonio de Curtis e la città che gli ha dato l’anima. L’esposizione, ospitata nella Sala Belvedere, accompagna le celebrazioni per i 2500 anni della fondazione di Neapolis, offrendo al pubblico un viaggio nella vita, nell’arte e nel sentimento di un uomo che ha trasformato l’ironia in poesia.
Un omaggio al Principe della risata
Promossa dal Comitato Nazionale Neapolis 2500 con il Ministero degli Affari Esteri, il Ministero della Cultura e il Palazzo Reale di Napoli, la mostra è organizzata da C.O.R. – Creare Organizzare Realizzare in collaborazione con Rai Teche, Archivio Storico Luce e gli Eredi di Totò. Curata da Alessandro Nicosia e Marino Niola, sarà successivamente presentata anche a New York nella primavera 2026.
La scelta del Palazzo Reale come sede non è casuale: qui, tra le sale che raccontano secoli di storia, torna a vivere l’“ineguagliabile Principe della risata”, figura che ha dato voce a un popolo e a una città intera.
Un percorso tra vita, arte e memoria
Il visitatore viene accolto dal pazzariello de L’Oro di Napoli, simbolo di quella teatralità popolare che Totò incarnava con naturalezza. Da qui prende avvio un racconto che attraversa le tappe fondamentali della sua vita: le origini nel Rione Sanità, l’infanzia segnata dalla povertà, il successo nel teatro, nella musica e nel cinema, fino alle poesie e ai ricordi più intimi.
Tra i materiali esposti figurano spartiti originali – come quelli di Malafemmena – appunti di lavoro provenienti dall’archivio Zavattini, fotografie, costumi, filmati e manifesti d’epoca. Un corpus che restituisce l’artista nella sua interezza, tra comicità e malinconia, ironia e grazia.
Una sezione è dedicata ai sedici film girati a Napoli, a testimonianza del suo desiderio di mantenere un legame costante con la città anche quando le produzioni erano romane. Altre aree esplorano “Un maestro insostituibile”, “Il Principe di Bisanzio” e “Gli amori di Totò”, tracciando un ritratto umano prima ancora che artistico.
Napoli come residenza dell’anima
Nelle parole di Elena Anticoli de Curtis, nipote di Totò e custode della sua memoria, si coglie l’essenza dell’esposizione: “Mio nonno non solo è nato a Napoli, ma da Napoli è stato plasmato. Quella storia millenaria che ha respirato da bambino lo ha reso ciò che è diventato. A distanza di 58 anni dalla sua morte, la sua presenza continua a vivere, e Napoli resta la sua residenza dell’anima”.
L’antropologo Marino Niola definisce Totò “la maschera perfetta di Napoli: una città-mondo abitata da marionette stralunate, parole in libertà, personaggi in cerca d’autore, corpi in movimento e anime in fermento”. Parole che sintetizzano l’idea di un artista capace di incarnare la contraddizione e la vitalità partenopee come nessun altro.
Il catalogo, gli archivi e l’ultimo atto d’amore
La mostra si accompagna a un catalogo edito da Gangemi, mentre il direttore generale Archivi del Mic, Antonio Tarasco, sottolinea il valore della sinergia tra materiali d’archivio e oggetti museali, pensata per una fruizione fluida e trasversale.
Tra le curiosità più toccanti, nella sala cinema viene proiettato un raro episodio di Tutto Totò a Napoli, registrato nel 1967, pochi mesi prima della sua morte. Nel filmato, Totò accompagna un gruppo di turisti stranieri per le strade della città, fino a Piazza del Plebiscito, davanti alla facciata del Palazzo Reale. Un frammento dolcissimo, definito dalla direttrice Tiziana D’Angelo “un ultimo atto d’amore verso la sua città, che forse vide solo con gli occhi del cuore”.
Un’eredità senza tempo
“Totò e la sua Napoli” non è soltanto una mostra, ma un viaggio nel cuore di un’identità collettiva. È l’incontro tra l’artista e la città che lo ha generato, tra la maschera e l’uomo, tra il riso e la nostalgia. Chi attraversa la Sala Belvedere non trova un monumento, ma un dialogo vivo con un genio che continua a insegnarci cosa significa appartenere a un luogo.
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