Juan Domingo Perón fu membro e fondatore del Partido Justicialista o Peronista, dal quale prese il suo nome. Il peronismo nacque da una mobilitazione sociale più o meno spontanea il 17 ottobre 1945. Una volta raggiunta la presidenza, nel febbraio del 1946, il suo leader costituì un regime le cui caratteristiche fondamentali furono il populismo e l’autoritarismo.
In seguito, all’interno del partito, si formarono diverse correnti dividendosi un in ideologia di destra, mentre l’altra rappresentò settori della sinistra, anche quella rivoluzionaria. Gli anni del peronismo segnarono profondamente la storia dell’Argentina.
Il peronismo fu come una religione politica che continua ancora oggi a stare al centro della politica argentina, il movimento sociale e politico di Juan ed Eva Perón (la moglie) è firmato nella storia da un gigantesco murales sulla sede del ministero dello Sviluppo sociale, nel centro della capitale Buenos Aires, ma anche sugli striscioni appesi in un ex centro di detenzione e tortura dei tempi della dittatura.
Eva Perón fu il simbolo più amato e lo strumento più potente del peronismo, di quel movimento politico e sociale creato dal marito Juan Domingo Perón.
Come nacque il movimento, 17 ottobre
Juan Domingo Perón è storicamente il leader che più viene associato alla parola populismo, quest’ultima non indica un’ideologia, ossia un sistema fornito di presupposti teorici e di un insieme definito di principi. È per questo che gli storici spesso analizzano singolarmente il manifestarsi dei casi di populismo, indicandone alcune caratteristiche che li rendono riconoscibili in ogni singola manifestazione.
Il peronismo nacque in un contesto come quello del governo militare nel 1943, vincitore nel 1945 e rinnovato dalle elezioni del 1946, divenne poi un regime per poi essere travolto dal conflitto con la Chiesa e con l’esercito nel 1955. Fu un movimento che cambiò la storia dell’Argentina.
I pilastri che fanno il populismo sono tre: c’è il popolo (la parte considerata più vera e autentica e che nel populismo rappresenta l’entità sovrana) l’unica vera fonte del potere, poi il leader (carismatico e personalista) che si presenta come parte e voce del popolo incarnandone e interpretandone i sentimenti, gli interessi, la volontà, l’aspirazioni e le sofferenze.
Il terzo soggetto del populismo si intromette nel legame di devozione quasi spirituale tra popolo e leader, chi vi si oppone, chi non ne fa parte.
Il potere esercitato è fondato sull’appoggio e sul rapporto diretto con il popolo stesso. Nel caso del peronismo il popolo era rappresentato dagli umili, i cosiddetti descamisados (senza camicia), verso i quali il leader Juan Domingo Perón e la moglie Eva, familiarmente chiamata Evita dal suo popolo, ne incarnavano i bisogni e la speranza.
Il peronismo fu un movimento nazionalista, di avversione per il pluralismo e per qualunque cosa che dall’interno o dall’esterno potesse mettere in pericolo l’unità e l’armonia della nazione. Venne organizzato un processo di sacralizzazione della politica fatto di simboli, liturgie e miti come quello della purezza dell’argentinità.
Fu profondamente religioso, una sorta di culto secolarizzato facente leva sulla necessità di integrazione sociale delle masse, fino a quel momento escluse, e sul desiderio comune di appartenenza. Altri principi su cui si appoggiava il movimento erano: croce, spada e popolo. Perón cominciò a esercitare la propria influenza ben prima di essere eletto presidente nel 1946, iniziando con un golpe militare già nel 1943.
Il 4 giugno del 1943 le forze armate guidate da una loggia segreta nazionalista chiamata GOU (Grupo de Oficiales Unidos), presero il potere e proclamarono la Revolución. Le loro parole contenevano invocazioni a Dio, alla Patria e, soprattutto, all’argentinità e nazione cattolica; proclamando il disprezzo per i partiti, per il pluralismo, il liberalismo e per le ideologie straniere. A Dio e alla Patria, Juan Domingo Perón, il quale aveva preso parte al golpe militare e che faceva parte del GOU, unendo la parola Popolo.
Dopo il successo del golpe, Juan Domingo Perón finì al ministero della Guerra, ottenendo il controllo dell’esercito e riuscendo a far prevalere la propria corrente interna; poi prese il comando della Secretaría de Trabajo y Previsión (l’allora ministero del Lavoro) con la quale riuscì a dare alla Revolución una svolta sociale.
Fu assorbito il movimento sindacale, epurandolo dalle influenze marxiste. Questa azione sarebbe servita a evitare una rivoluzione e per consolidare il regime, impedendo il ritorno di partiti tradizionali e rendere la nazione più unita e organica. Introdusse il salario familiare per dipendenti pubblici, contratti collettivi, aumenti salariali, pensioni, assicurazioni per gli infortuni, malattia, maternità, ferie retribuite, colonie estive, edilizia popolare e tribunali del lavoro.
Nel corso del 1944 si liberò delle correnti più conservatrici, rafforzò i legami con i sindacati e con l’esercito; strinse saldi rapporti anche con la Chiesa, che di riflesso vide nella sua figura un uomo della Provvidenza in grado di restaurare l’ordine cristiano. Ma fu soprattutto il popolo a mobilitarsi e a rappresentare la solida base del suo successo, ricambiando l’appoggio e l’aiuto che questo uomo carismatico aveva avuto nei loro confronti.
Nell’ottobre del 1945, di fronte alle forti proteste e alle pressioni esterne per ristabilire nel paese un ordine democratico, Perón fu costretto a dimettersi. La mattina del 17 ottobre 1945 un’enorme massa di manifestanti si mosse per lui giungendo fino a Buenos Aires e occuparono Plaza de Mayo (la piazza principale della capitale), invocando la liberazione del loro leader. La ottennero e Perón si presentò alle elezioni dell’anno successivo, vincendole.
La vita e il percorso di Perón
Juan Domingo Perón nacque nel 1895 a Lobos (provincia di Buenos Aires), entrò nell’esercito in età adolescenziale e, in seguito, fu professore di storia militare alla Escuela Superior de Guerra. Tre il 1936 e il 1938 proseguì la carriera nell’ambasciata argentina in Cile, a partire dal 1939 aveva prestato servizio in Italia. Quivi conobbe il fascismo rimanendone ammagliato dal grado di organizzazione delle masse, dalla liturgia politica, dalle piazze e dal ruolo assegnato da Mussolini ai sindacati all’interno dell’apparato statale.
Educato nelle scuole militari, percorse la carriera nell’esercito: fu tra i capi di quel Grupo de Oficiales Unidos dal quale venne provocata (giugno 1943) la caduta del presidente Castillo. Membro del governo come ministro della Guerra e poi del Lavoro, Perón ottenne larghissimo appoggio dai sindacati operai, da lui favoriti con una vasta politica di concessioni.
Nell’ottobre 1945 (sposò allora la popolare attrice Eva Duarte) lavorò aiutato dal contributo e sostegno del popolo alla sua elezione a presidente della Repubblica. Eletto il 24 febbraio 1946, fu confermato l’11 novembre 1951. Sostenuto dall’esercito e soprattutto dai lavoratori organizzati nella Confederación general del trabajo e coadiuvato dalla moglie Eva, svolse una politica giustizialista, a metà strada fra comunismo e capitalismo.
In campo interno comprese elementi di corporativismo, di produttivismo e d’autarchia, dove al tentativo di violenta trasformazione dello stato da agricolo a industriale si univano una serie di misure sociali. Tale politica provocò una grave svalutazione della moneta.
Il peggioramento della situazione economica, i contrasti con gli USA e l’ostilità della chiesa cattolica contribuirono a indebolire Perón che, nel settembre 1955, fu rovesciato da un colpo di stato militare. Rifugiatosi in Spagna, tornò in Argentina nell’estate 1973, in seguito alla vittoria elettorale dei peronisti, assumendo la presidenza della Repubblica. Alla sua morte, l’anno dopo, gli successe la terza moglie, già vicepresidente, Isabel Martínez de Perón.