È il 3 ottobre 1929 quando re Alessandro I cancella ogni separazione tra il Regno di Serbia, Croazia e Slovenia, riunendoli sotto un unica terra: il Regno di Jugoslavia.
L’1 dicembre 1918 il reggente Aleksandar Karađorđević (conosciuto, poi, come Alessandro I), alla presenza dei membri del governo serbo e di delegati del Consiglio di Zagabria, proclamò la nascita del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, noto già con il nome ufficioso di Jugoslavia (Terra degli slavi del sud).
L’idea di Jugoslavia nacque dai serbi e riconosceva le singole e separate identità nazionali di serbi, croati, sloveni, montenegrini e macedoni. Alla vigilia delle guerre balcaniche la Serbia e il Montenegro erano due stati indipendenti, la Macedonia e il Kosovo inglobati nell’Impero Ottomano, mentre Slovenia, Croazia e Bosnia Erzegovina facevano parte dell’Impero Austro-Ungarico.
A prescindere da quale posizione e con quale intenzione ci si addentri nella riflessione sulla Jugoslavia, non si può non constatare che questo paese, in entrambe le sue vite, fungeva da cornice per l’emancipazione e modernizzazione di tutti i popoli jugoslavi: una cornice entro la quale si sono costituite le future repubbliche. Non nacque per caso nel 1918, tanto meno come frutto delle dinamiche della politica internazionale, ma fu il risultato delle aspirazioni dei popoli jugoslavi.
L’idea di uno Stato che racchiude gli Slavi del sud nasce nel XIX secolo, ma si concretizza nel 1918, dopo il collasso dell’Impero austro-ungarico e nell’ordine di Versailles. Nato come Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, diventa formalmente Regno di Jugoslavia nel 1929, che verrà travolto e spartito dalle potenze dell’Asse nel 1941, per poi rinascere come Federazione di Repubbliche Socialiste nel 1945, con Tito.
Lo Stato jugoslavo si disintegrerà con le secessioni e le conseguenti guerre degli anni Novanta, anche se la federazione di Serbia e Montenegro manterranno il nome di Jugoslavia fino al marzo 2003.
Figlia del Nazionalismo
Lo Stato jugoslavo nacque nel XX secolo ma l’idea jugoslava è figlia del concetto ottocentesco di nazione e di pari passo con i movimenti nazionalisti. Allora, propositi unitari coinvolgevano intellettuali di un’area che ha vissuto forti divisioni, tra Impero Romano d’Oriente e d’Occidente, cristianesimo orientale e occidentale, Sacro Romano Impero e Impero bizantino, Impero degli Asburgo e Impero ottomano.
Un’idea di Stato del tutto nazionalista, ben differente dall’ideale patriottico. Quest’ultimo non è altro che un fervido sentimento di devozione alla patria, un sentimento d’amore e fedeltà nei confronti del proprio paese (città, stato, regione e luogo di nascita).
Il Nazionalismo è un’ideologia che esalta e pensa, nella sua convinzione, di proteggere la patria, la lingua, la cultura e la razza del luogo dove si è nati. Un movimento che pone come fulcro l’idea di Nazione nella sua identità nazionale. Questa concezione nacque da Johann Gottfried Herder, sebbene non ne sostenesse il movimento, diede inizio a quello che a oggi vediamo come ideologia alla base della rivendicazione di libertà per una nazione oppressa.
Costui sosteneva l’autodeterminazione e lo sviluppo di una comunità intesa come nazione assimilata per avvallare una lotta del tutto nazionale e per gli interessi del proprio paese. Fu per questo ideale che l’irredentismo serbo sulla Bosnia occupata dall’Impero astro-ungarico diede il via all’attentato di Sarajevo contro l’erede al trono Francesco Ferdinando.
Il 3 ottobre e il Regno di Jugoslavia
La costituzione del Regno venne votata il 28 giugno 1921 (ricorrenza dell’attentato di Sarajevo e soprattutto della battaglia di Kosovo Polje contro gli Ottomani del 1389). La principale forza di governo è il Partito Radicale del vecchio primo ministro serbo Nikola Pasic, al quale si alterna il Partito Democratico, anch’esso a base serba.
Nel corso degli anni Venti si consolidarono il Partito Popolare Sloveno, l’Organizzazione Musulmana Jugoslava e il Partito Contadino Croato, mentre si eclisseranno i partiti nazionalmente trasversali (Agrari, Socialdemocratici, Club Nazionale), il Partito Comunista Jugoslavo (quarta forza nel Paese) messo fuori legge e costretto alla clandestinità.
L’opposizione più radicale al governo era del Partito Contadino Croato e del suo leader Stjepan Radic, sostenuto fortemente dai croati. Le condizioni dell’economia destavano preoccupazioni, nonostante i segnali incoraggianti della riforma agraria, ma sono le crisi politiche a creare maggiore instabilità.
Nel 1928, durante una seduta in parlamento, un deputato montenegrino ferisce a morte Radic e suo fratello creando ulteriore scompiglio. Nell’intento di evitare l’inasprimento della crisi, il 6 gennaio 1929 re Alessandro assunse su di sé tutti i poteri abolendo i partiti.
La Costituzione del 1931 consentì la ripresa dell’attività parlamentare, la quale rimase, però, pesantemente condizionata dal re. La situazione peggiorò con la crisi economica, il precipitare dei prezzi agricoli e la svalutazione della moneta fanno sì che si rafforzino i gruppi di dissidenti all’estero, in particolare gli ustascia croati, foraggiati e addestrati in Italia.
Il 9 ottobre 1934 re Alessandro I fu assassinato a Marsiglia, assieme al ministro degli Esteri francese Jean-Louis Barthou, in un attentato organizzato proprio dagli ustascia.
In seguito all’attentato Mussolini decise di smantellare la rete ustascia e di arrestarne il leader Ante Pavelic, riavvicinandosi alla Jugoslavia fino ad allora legata a doppio filo con la Francia, i Paesi della Piccola Intesa (Cecoslovacchia e Romania) e dell’Alleanza balcanica (Turchia, Romania e Grecia).
Il cugino di Alessandro, Paolo Karagjorgjevic, divenne il reggente del Regno, e cercherà di risolvere i problemi con i croati ai quali è, infine, garantita una forte autonomia con un accordo del 1939. Ma con lo scoppio delle Seconda Guerra Mondiale e le pressioni su tutti i fronti, aderirà al Patto Tripartito.
Osvobodilna Fronta, il Fronte Sloveno di Liberazione
Nell 1941 si organizzarono gruppi di resistenza all’invasione: i Cetnici (serbi filomonarchici guidati dal generale Draza Mihajlovic) il Fronte Sloveno di Liberazione (Osvobodilna Fronta) e i partigiani comunisti guidati dal maresciallo Josip Broz, detto Tito.
Le forze di Tito resistettero ai tentativi di soffocamento dei tedeschi, acquisendo il supporto inglese, inizialmente indirizzato ai Cetnici. Infine giunse anche l’aiuto dei Sovietici, i quali entrarono a Belgrado alla fine del 1944. Tito venne messo a capo del Comitato di Liberazione Nazionale.
Le forze non comuniste vennero presto marginalizzate, mentre le truppe partigiane andranno a liberare il resto del territorio cominciando una resa di conti incisiva e spesso brutale contro collaborazionisti e nemici del popolo, veri e presunti ustascia, cetnici, esercito regolare, esponenti delle élite borghesi e altre nazionalità (in particolare Tedeschi, Ungheresi e Italiani). Famose rimarranno i genocidi sulle foibe.
La Venezia Giulia tornerà al centro di un contenzioso diplomatico, quest’ultimo sarà temporaneamente risolto con la creazione del Territorio Libero di Trieste, diviso in una zona B sotto amministrazione jugoslava (l’estremità nord-occidentale dell’Istria) e una zona A, controllata dagli Angloamericani (Trieste), poi ceduta all’Italia nel 1954.
I forti dissidi tra Stalin e Tito per le aspirazioni di autonomia nella politica interna, estera ed economica da parte jugoslava, porteranno all’espulsione del Partito Comunista Jugoslavo dal Cominform (1948).
Tra dissidi e lotte interne con croati e serbi, la Jugoslavia sarà costretta a una nuova ventata repressiva che, nel 1971, colpirà soprattutto la Croazia, abbattendosi sia contro riformatori che nazionalisti.
La nuova Costituzione del 1974 accordò forti competenze in campo amministrativo ed economico alle repubbliche a vantaggio soprattutto di Croazia e Slovenia, ma anche alle province autonome, mentre concedeva lo status di nazionalità ai musulmani di Bosnia, facendo sorgere insoddisfazione tra i serbi, sparsi tra i diversi pezzi di un Paese che si avviava verso un crescente decentramento.
La morte di Tito, il crollo economico, la crisi politica e disordini sociali, porteranno la Jugoslavia allo smembramento e a compiere una delle guerre più efferate e sanguinose del XX secolo.