Andromeda (nella mitologia greca) è la bellissima figlia del re Cefeo e della regina Cassiopea, sovrani d’Etiopia.
Andromeda e Perseo: il mito
Le sventure di Andromeda iniziarono quando sua madre affermò che sua figlia era più bella delle Nereidi, ninfe marine particolarmente affascinanti. Queste, offese, si vendicarono e chiesero a Poseidone, il dio del mare, di darle una lezione.
Come punizione, Poseidone spedì un terribile mostro marino a devastare il regno del re Cefeo. Sconvolto dalla devastazione, Cefeo consultò l’oracolo del dio Ammone che gli disse che per placare l’ira del mostro avrebbe dovuto sacrificare sua figlia Andromeda.
Sebbene riluttante, il re fu costretto a incatenare la ragazza ad una roccia per scontare la superbia di Cassiopea. Mentre la fanciulla era imprigionata allo scoglio, il fato volle che l’eroe Perseo, in groppa al suo cavallo alato Pegaso, colpito dalla bellezza di Andromeda si fermò per aiutarla.
“O tu che non meriti queste catene, ma solo quelle che uniscono tra loro gli innamorati smaniosi, dimmi, te lo chiedo, il nome di questa regione e il tuo, e perché sei legata così”- narra Ovidio nel IV libro delle Metamorfosi.
Perseo le domandò quale fosse il suo nome e soprattutto perché fosse incatenata alla roccia. La giovane, inizialmente, per riservatezza, non rispose. Nonostante l’attendesse una terribile fine in pasto al mostro, avrebbe preferito, per vergogna, coprirsi il viso con le mani.
Perseo non contento continuò a domandare. Infine, temendo che il suo silenzio potesse essere frainteso, gli raccontò la sua storia. Perseo si offrì volontario per liberare la giovane da questa terribile sorte, e promise di uccidere il mostro in cambio della mano di Andromeda.
Una volta ucciso il mostro con la sua spada, salvò l’amata Andromeda e ne fece sua moglie.
Questo mito è stato ripreso dal Museo Archeologico Nazionale di Taranto (MArTA) in occasione di San Valentino. In realtà è un modo per incuriosire e tornare a portare l’arte, la cultura e l’archeologia più vicino ai ragazzi, ma anche per attualizzare le grandi storie d’amore che da sempre caratterizzano le grandi civiltà del nostro tempo e del passato – commenta la direttrice Eva Degl’Innocenti.
Il mito di Andromeda e Perseo nella ceramica e nella pittura vascolare
Le prime tracce risalgono al II – III secolo a.C. Presso il MArTA la storia è protagonista in un vaso di manifattura apula, datato tra il 340 e il 330 a.C. prodotto nella Puglia centro-settentrionale: una loutrophoros (λουτροφόρος), è un tipo di vaso caratterizzato da un collo allungato con manici. Era usato per portare l’acqua durante il bagno rituale prenuziale della sposa.
Molto ben realizzata l’Idria di Vulci: l’opera risalente al 450–440 a.C. ca. è oggi conservata al British Museum. Raffigura una diversa porzione narrativa del mito, è rappresentato il momento in cui Andromeda sta per essere legata ed esposta al mostro. Al centro della scena, Andromeda (abbigliata con vesti orientali) è sostenuta e condotta da due etiopi al luogo del sacrificio, dove altri uomini erigono i pali a cui verrà legata.
E ancora, nel cratere a calice in terracotta Perseo e Andromeda (datato 450-445 a.C. ca.) e conservato al Museo Archeologico Nazionale di Agrigento, troviamo una rappresentazione sintetica del mito, in cui sono presenti solo i due protagonisti della storia. Assente il riferimento al mostro marino.
Nel cratere a calice a figure rosse (fine V secolo), conservato alla Staatliche Museen di Berlino (proveniente da Capua), la scena si riferisce ad uno degli ultimi momenti del mito: la liberazione di Andromeda; Perseo, infatti, ha già sconfitto il mostro ed è raffigurato incoronato da Afrodite.