Antonio Cortesi è un artista con un ricco background collaborativo con orchestre e ensemble internazionali, nonché con artisti del calibro di Chet Faker, Luca Longobardi e Mattia Vlad Morleo. Attualmente si prepara a una serie di concerti in Italia e all’estero, celebrando il lancio del suo album di debutto A Delicate Revolution avvenuto nell’aprile 2024, e della serie di EP A Cello Reimagined. Questi EP continuano l’esplorazione dei brani dell’album, rielaborati insieme a diversi compositori e sound designer per fondere il suono del violoncello con sonorità elettroniche. I primi due EP sono già disponibili su diverse piattaforme di streaming, mentre la pubblicazione del terzo capitolo di questa serie è prevista per il 6 settembre.
In questa intervista esclusiva, Cortesi ci guiderà attraverso il suo percorso artistico, dalle influenze tradizionali alla sua visione sulla musica contemporanea, esplorando come la sua passione per il violoncello si intrecci con l’evoluzione tecnologica e creativa nel campo della musica.
Quando hai iniziato a suonare il violoncello e quale è stata la tua esperienza iniziale con lo strumento?
Ho iniziato a suonare, come spesso capita, quando ero bambino, all’incirca a otto anni, motivato da un parente violoncellista. La mia formazione è iniziata seguendo un percorso tradizionale al conservatorio, dove mi sono diplomato in violoncello e in musica da camera. Tuttavia, sin dalla tarda adolescenza ho sempre deviato un po’, dedicandomi non solo al lato performativo dello strumento, ma anche mescolando influenze e mondi diversi. Sicuramente non è stato un percorso canonico, soprattutto nell’ambiente della musica classica, nel quale non mi sento di rientrare al 100% né come attitudine né come percorso personale. Sento di far parte di una categoria diversa, non mi ritengo né un compositore né un violoncellista classico nel senso tradizionale del termine.
Come descriveresti il tuo approccio alla composizione?
Non sento di avere né barriere precostituite né uno stile ben definito. Indubbiamente, il mio approccio compositivo è molto legato al violoncello e nasce da un lavoro pratico su di esso. I brani di A Delicate Revolution, che costituiscono il materiale di partenza per tutti i rework, si collocano tra classica, ambient e minimalismo, rappresentando un punto zero. Tuttavia, essi costituiscono solo una parte del mio stile compositivo: ad esempio, in futuro ho in programma di pubblicare quattro brani costruiti sul jazz e sulle sue ritmiche.
Come si è svolto il processo di destrutturazione e trasformazione in musica elettronica dei brani per violoncello solo di A Delicate Revolution?
La componente elettronica dei reworks non è eseguita direttamente da me, ma nasce dalla collaborazione con artisti e amici che stimo. Ognuno di essi ha avuto completa libertà creativa: gli elementi aggiunti si integrano con la struttura già definita del mio brano iniziale, creando così un nuovo paesaggio musicale libero nella sua costruzione. Con tutti c’è stato un dialogo aperto e ognuno ha cercato di inserire il proprio stile il più possibile: quando c’è massima libertà, è più facile essere se stessi. Questo tipo di elaborazione è stato diverso e in linea con lo stile di ognuno dei compositori e produttori con i quali ho collaborato.
Le sonorità possono essere molto diverse fra loro e non necessariamente includono un solo tipo di elettronica. Ad esempio, in due brani del primo EP Luca Longobardi ha mescolato il suono del violoncello ad un tappeto ambient e a un soundscape elettronico. Nel terzo caso, ha preso invece la parte melodico-armonica di Sleeping Together e l’ha trasformata in un brano per pianoforte solo.
Nel caso della rielaborazione di Respiri da parte di Paolo Gaudio, lui ha creato un tappeto sonoro e un beat partendo dalla mia traccia e io ho registrato nuovi layer sulle parti create da lui utilizzando il violoncello elettrico Gewa.
Dal 2023 sei endorser ufficiale per il nuovo violoncello elettrico Gewa Novita 3.0., com’è nata questa collaborazione?
Non sono il migliore violoncellista in Italia a cui avrebbero potuto fare quest’offerta, ma avevo già costruito un buon rapporto con l’azienda: in passato lavoravo come ambassador per una delle loro custodie. Poi mi hanno proposto di eseguire un concerto di presentazione dello strumento durante il Cremona Mondomusica, evento dedicato agli strumenti ad arco, nel quale ho avuto l’opportunità di dare voce a questo strumento per una delle prime volte in Italia.
Intendi mescolare le sonorità del violoncello acustico e elettrico durante i prossimi live?
Ho ideato diverse formule in base al contesto in cui suonerò. Quella che proporrò più frequentemente prevede l’esecuzione quasi integrale dell’album, in cui le sonorità del violoncello acustico si alterneranno a quelle del violoncello elettrico in arrangiamenti molto diversi dalla versione contenuta nell’album. Questo live sarà un mix di elementi sonori collocati a metà strada tra l’album e i reworks, offrendo un’esperienza diversa dalla fedele esecuzione di entrambi. Assieme al violoncello elettrico userò alcuni effetti a pedale come riverbero, octaver e loop station per creare un’atmosfera ambientale che sfoci nella perdita della struttura del brano originale.
Quindi non ci sarà una netta separazione fra una sezione più acustica ed una dedicata alle sperimentazioni elettroniche?
No, vorrei cercare di fare sempre tutto insieme passando quasi in ogni brano dal violoncello tradizionale a quello elettrico. Non escludo la possibilità di collaborare con altri artisti nei prossimi mesi, una volta completato questo primo ciclo di concerti, per sviluppare uno spettacolo che integri una componente elettronica più marcata.
Nei tuoi prossimi concerti ti esibirai sia all’alba che a mezzanotte. Pensi che la tua musica si adatti meglio ad un certo momento della giornata?
Più che puntare ad un certo momento della giornata, nei miei concerti cerco un certo colore del silenzio, o meglio del rumore naturale. Si tratta più che altro un contesto nel quale il fruitore possa ascoltare attivamente, perché comunque il ritmo del concerto è lento e la musica ha bisogno di un’atmosfera che permetta di coglierla al meglio. Nel caso dell’alba mi esibirò sulla riva del mare e nel caso della mezzanotte sarà un concerto su un fiume, gli orari sono completamente diversi ma la situazione che si andrà a creare è molto più simile di quanto possa sembrare.
Nel tempo hai collaborato sia nel teatro che con orchestre e con artisti al di fuori del mondo sinfonico, come Chet Faker. C’è un’esperienza che ricordi con particolare piacere rispetto alle altre e che consideri più vicina a ciò che ami fare nel campo artistico?
L’esperienza con Chet Faker rappresenta un esempio di come la vicinanza immediata del mondo digitale di oggi possa facilitare l’accadere di eventi veramente speciali. Sono sempre stato molto attivo sui social media, utilizzandoli come una valvola di sfogo per condividere sessioni di studio e attività legate al mio progetto musicale. Chet Faker è un grande fan della musica di Arthur Russell e desiderava creare un brano che richiamasse quelle sonorità, così mi ha semplicemente scritto in DM su Instagram, abbiamo avuto una conversazione, poi mi ha inviato una traccia e dalla mia stanza a Milano ho registrato la mia parte.
Questo è esattamente il tipo di situazioni in cui mi piace trovarmi e spero di poter partecipare sempre di più a collaborazioni di questo genere. Fra i prossimi live che farò, ci saranno due situazioni molto particolari. In una di esse, collaborerò con il direttore del Museo Egizio durante una lezione su Tutankhamon, improvvisando delle musiche create sul momento da me. L’altra sarà un concerto insieme ad Arianna Pasini, una giovane cantautrice, in un’arena di balle di paglia nel cuore della Romagna. Questi sono gli eventi che preferisco: mi piace immergermi in situazioni sempre nuove e intraprendere attività che non avrei mai pensato di fare poco tempo prima.