Arte e Mistero un binomio dai tratti a volte interpretati come distanti ma vedremo come tale concetto non rispecchi a pieno la realtà.
La psicanalisi infatti fin dai suoi primissimi passi si è occupata del mondo dell’arte e degli artisti.
Lo stesso Sigmund Freud che univocamente viene indicato come il padre della psicanalisi, ha affrontato pienamente tale argomento, indicando la figura dell’artista come un punto importante di approfondimento, tanto puntuale che a detta dello stesso Freud, in grado di arrivare con più facilità a quelle verità, spesso dalla psicanalisi indagate attraverso complicate elaborazioni teoriche, punto di arrivo di impegnativi ragionamenti e deduzioni.
Attraverso quelli che possono essere definiti come momenti di approfondimento deduttivo, propri dell’indagine psicanalitica, ne emerge che troppo spesso si ha, quella che sommessamente ma chiaramente viene definita un ‘errata interpretazione dell’opera artistica, poiché essa erroneamente sempre più spesso muove la sua indagine interpretativa da quelle che sono le vicende personali dell’autore.
Modalità che nel tempo risulta essere decisamente riduttiva per l’opera in sé che via via si cerca di interpretare al meglio e questo vale per ogni approccio critico rivolto a qualsivoglia opera.
La psicanalisi dunque invade il mondo dell’arte per guidare l’occhio e la mente dello spettatore ad una corretta interpretazione e comunque quanto più vicina alla realtà della sua essenza.
Classificare dunque il significato di un’opera d’arte, muovendo dalle vicende del suo autore, ci dice la psicanalisi che è del tutto fuorviante e quasi mai conduce alla scoperta del vero significato dell’opera.
L’opera d’arte nasce dell’artista certamente, ne è a volte corpo e anima ma deve essere interpretata a prescindere del suo autore o dalle vicende personali che lo hanno portato alla rappresentazione fisica del suo mondo interiore, legato a quel momento spazio temporale, poichè una tale via risulterebbe limitante.
Un’opera d’arte è sì pienezza dell’autore che la fa diventare realtà visiva, sonora, letterale, testimoniando in primis l’essenza stessa di chi l’ha plasmata ma se fosse solo questo, pur caratterizzandola, la sminuirebbe nella sua bellezza.
L’arte come momento conoscitivo che supera la rappresentazione della caduca realtà
L’opera d’arte è tale e si eleva da un’interpretazione dozzinale quando, solo ed esclusivamente esse stessa trasporta lo spettatore in quella dimensione totale chiamata assoluto, momento interpretativo che così narrato, rifugge una interpretazione univoca, trovando così, in ogni momento conoscitivo da parte di chiunque, ogni volta nuovo così da diventare fonte inesauribile, qualcosa di nuovo.
Quindi, nella sua accezione più ampia e completa, non deve mai essere relegata a mera rappresentazione della realtà, con funzioni esplicative e perfino didattiche e l’approccio psicanalitico ne elude anche il fine meramente emozionale.
Le emozioni che l’arte suscita in chi guarda è un altissimo momento interpretativo che scaturisce l’effetto, unico nel suo genere, di avvicinare in maniera totalizzante a quelli che sono gli enigmi dell’esistenza: vita, morte, aldilà, amore, aspetti religiosi.
Tutti aspetti irrisolti nella dimensione umana dell’essere che possono essere affrontati solo ed esclusivamente attraverso un linguaggio che ammetta l’apertura al mistero.
L’arte dunque è da sempre e per sempre sostenuta nella sua essenza da una tensione emotiva sempre viva ed è ciò che ingenera in ogni rappresentazione quello che viene comunemente chiamato l’effetto artistico e che la eleva dal mero formalismo.
Il compito dell’arte, quando è davvero tale si avvicina a ciò che nella psicanalisi è chiamato con il termine reale ovvero la rappresentazione di ciò che sfugge all’essere rappresentato.
Un esempio fra tutti: vita, morte, dolore.
Indicando quindi la scienza come paladina a difesa di tutto ciò che è reale, così essa va sicuramente annoverata come momento di incontro con l’indicibile o ciò che non viene ammesso, accomunandola di fatto ai dettami della psicanalisi.