Conosciamo bene i fatti relativi all‘assalto al Congresso degli Stati Uniti d’America, avvenuti il 6 gennaio 2021. Lo pseudo-colpo di Stato, al quale abbiamo assistito nella giornata del 6 gennaio, che per quanto goffo e senza speranza di riuscita, segna un punto molto basso per la più potente e antica democrazia del pianeta. E non abbiamo potuto far a meno di analizzare il ruolo dell’arte, che non è per nulla marginale o scontato.
Le teorie complottiste sono state ritrovate in opere contemporanee, vittime di interpretazioni distorte. Inoltre, gli assaltatori del Congresso di Washington hanno violato i simboli presenti nelle opere artistiche che descrivono la storia americana. L’assalto al Congresso degli Stati Uniti d’America trova le sue radici anche in mendaci interpretazioni di performance, sculture, dipinti e rappresentazioni multimediali, anche di non recente produzione.
Le teorie complottiste che hanno portato all’assalto al Congresso
Gli assaltatori del Congresso degli Stati Uniti d’America sono forti sostenitori dell’ex presidente Donald Trump e sostenitori della teoria del complotto di QAnon. Per capire questa teoria bisogna fare un salto in dietro di qualche anno e arrivare al 4 dicembre del 2016, quando un ventottenne, Edgar Welch, entra nella pizzeria Comet Ping Pong di Washington D.C. armato di un fucile d’assalto AR-15. Secondo la teoria di QAnon, esisterebbe un Deep State di poteri occulti, composti da reti di satanisti e pedofili, che sarebbero rei di operare contro il presidente americano Donald Trump.
Mentre seguivamo gli avvenimenti del 6 gennaio, sui social, i sostenitori dello sciamano di Qanon postavano foto contro le opere di Marina Abramovic o insultavano John Podesta, presidente della campagna elettorale di Hillary Clinton nel 2016, capo di gabinetto di Bill Clinton tra il 1998 e il 2001, nonché fratello del collezionista d’arte Tony Podesta. Per vie traverse, hanno iniziato a interpretare in maniera distorta le performance della Abramovic, arrivando a Patricia Piccinini, Biljana Djurdjević, Maria Marshall, Jeff Koons e tanti altri, tutti artisti presenti nella collezione di Podesta.
Secondo questa teoria del complotto esisterebbe una rete di politici statunitensi e di personaggi da loro frequentati dediti al traffico di esseri umani, alla pratica di rituali occulti e agli abusi su minori e bambini. Secondo i complottisti, una delle sedi di tali abusi sarebbe stata proprio la pizzeria Comet Ping Pong.
Questi facinorosi del complotto non riescono a fermare la loro sete di presunta verità, tanto da appellarsi a qualunque frase o parola detta da chi si sia espresso palesemente contro Trump. E sotto attacco sono state prese anche delle parole scritte da Marina Abramovic a Tony Podesta. Il sito Wikileaks, nell’ottobre 2016, ha pubblicato una mail inviata da Marina Abramović a Tony Podesta. Nella mail dell’artista serba si legge:
Dear Tony, I’m so looking forward to the Spirit Cooking dinner at my place. Do you think you would be able to let me know if your brother’s joining? All my love, Marina (Caro Tony, non vedo l’ora di dare la cena Spirit Cooking da me. Pensi di riuscire a farmi sapere se tuo fratello si unirà a noi? Con tutto il mio affetto, Marina).
I teorici del Pizzagate hanno dato un’interpretazione fortemente distorta delle parole della Abramovic, arrivando alla conclusione che lei e i fratelli Podesta avessero in animo di organizzare un rituale satanico. I complottisti hanno volto la loro attenzione sulla performance Spirit Cooking di Marina Abramović, reinterpretata durante la cena: si tratta di un’opera risalente al 1996 e fino ad allora poco nota.
Nella performance Marina Abramovic dipingeva, sulla parete bianca della galleria, frasi sconnesse, utilizzando sangue di maiale. Le scritte erano finte istruzioni che mischiavano il linguaggio tipico delle ricette di cucina con situazioni dell’immaginario esoterico o religioso.
L’artista serba non è l’unica esponente del mondo dell’arte contemporanea a esser stata presa di mira dai seguaci di QAnon. Nel 2017, anche l’artista anglo-svizzera Maria Marshall era stata raggiunta da diverse mail da parte dei complottisti che avevano scoperto alcuni suoi lavori, risalenti agli anni Novanta, ritraenti bambini impegnati in attività non sicure (l’opera più nota è il video in cui si vede il figlio di Marshall che fuma una sigaretta).
Le opere della Marshall sono fotomontaggi, realizzati per apparire verosimili, ma presi per veri dai seguaci delle teorie del complotto, che l’hanno dunque accusata di far parte del circolo di Pizzagate, per il fatto che anche il suo nome è associato a quello di Tony Podesta, che ha donato diverse opere di Maria Marshall al National Museum of Women in the Arts di Washington. Le opere dell’artista anglo-svizzera parlano delle paure materne e dei timori connessi alla commodificazione dell’infanzia nella cultura occidentale. Opere, naturalmente, provocatorie, ma di sicuro non associabili a pratiche pedofile come vorrebbero i teorici del complotto.
Per fortuna la stampa non ha fatto mancare la sua voce. Testate autorevoli come l’Observer, l’Huffinton Post, la CNN e molti altri, hanno smontato le teorie complottiste di QAnon. Quindi, ne possiamo dedurre che arte e social media, utilizzati in modo inopportuno e deviante, abbiano ancor di più enfatizzato l’assalto al Congresso degli Stati Uniti d’America.
L’assalto al Congresso degli Stati Uniti d’America è una pagina nera che il popolo americano non dimenticherà tanto facilmente, e io credo che l’arte in qualche modo riuscirà a far sentire la sua voce, attraverso performance installazioni, per ribadire la sua innocenza e andare ancora una volta contro alle teorie complottiste.