Artepidemia è l‘hashtag che ha lanciato il creativo Riccardo Pirrone. L’arte si adegua a quello che viviamo ogni giorno, ai tempi del covid – 19. Riccardo Pirrone è diventato famoso per il suo black humor e ora lancia una sfida agli artisti, ai grafici, ai creativi in genere: visto che dovete restare a casa, facciamo qualcosa che ci mostri la realtà della vita di oggi, come le strade deserte, i locali vuoti e i parchi abbandonati, in un’atmosfera spettrale che fa rabbrividire.
In che cosa consiste l’Artepidemia?
Svuotiamo i quadri famosi dalle sue componenti umane! Non ci sarà un uomo snaturato dalla paura che passeggia sul ponte di Oslo, seguito da uomini distanti e indifferenti.
Sul ponte che fa da sfondo all’illustre quadro di Munch, non cammina nessuno e il ponte non è più solo uno sfondo, è il protagonista, perché l’ambiente cittadino si è ripreso il suo spazio, cancellando ogni traccia umana.
Pirrone non è il primo: Jose Manuel Ballester in passato aveva già svuotato capolavori dell’arte, da Leonardo Da Vinci a Sandro Botticelli. Tuttavia, per Pirrone è una campagna di real marketing, che è già diventata virale, con l’aiuto del grafico Simone Putignano: rielabora i quadri più famosi, creando destabilizzazione, risentimento e riflessione profonda negli utenti.
E’ una call to action che smuove gli intenti e fissa il focus sulla realtà contemporanea: nessuna figura sarà protagonista dei quadri di Degas, nessuna coppia si bacerà nei quadri di Haiez, in Hopper non ci saranno figure umane pensanti e meditabonde, nei quadri di Monet non ci saranno passeggiate nei campi di papaveri.
Tutta l’umanità è sparita, rinchiusa nelle case e nel loro piccolo mondo intimo e quotidiano, oppure a combattere contro la morte.
Che cosa risponde il pubblico all’Artepidemia?
La reazione del pubblico qual è? Il pubblico già commenta e accresce la visibilità dell’autore di questo “scempio”.
E’ la distruzione di ciò che amiamo nell’arte, è una violenza palese contro la pittura e le emozioni che esprime. Se tolgo le persone dai quadri, tolgo tutta l’essenza e la forza dell’essere umano. Sono questi i principali commenti del pubblico.
In realtà, come sempre, in tutte le cose, c’è anche un’altra faccia dell’Artepidemia. E’ l’egocentrismo umano che ha provocato tutta questa desolazione. La centralità dell’essere umano non è più accettabile, forse. C’è chi la pensa così e propone una riflessione ben più ampia e profonda.
Se nel campo di papaveri di Monet o nel prato di Manet dove le persone si siedono per una colazione sull’erba, tolgo i protagonisti, che cosa resta? Una natura deserta e centrale.
E’ una natura che si riappropria del suo spazio e ci riporta ad una visione meno egocentrica della nostra vita di esseri umani. Le strade tetre di notte e le vie del centro cittadino non risuonano di canti, chiacchiere e risa, ma non sono più nemmeno colme d’inquinamento. I locali chiusi e vuoti ci lasciano il volto di un’umanità in riflessione, come se fosse tutto in “stand by”.
Chi è Riccardo Pirrone?
Riccardo Pirrone: che si dice di lui? Se si scorre google, di Pirrone si sa che non è un copywriter, non è un marketer, non è un imprenditore, ma è presente nella reta da un po’, perché social media manager dell’agenzia funebre Taffo, irriverente e oggetto di molte critiche.
Non è un pubblicitario, eppure collabora, curandone la comunicazione digitale, con molte aziende italiane e internazionali. Si sa, sul web sei tutto o niente e la tua credibilità si trasforma a seconda delle mode o del target che vai a colpire.
Ha fatto parlare di sé e con l’Artepidemia ha di nuovo colpito nel segno. Il pubblico, anche quello contrariato, commenta, si sfoga e di conseguenza fa esattamente ciò che vuole l’autore della provocazione: su questo dato rifletterei.
È appena nata e mi ha già stancata. Chiamatemi egocentrica ma l’essere umano in quanto vivo è di per se parte del tutto e come qualunque organismo, necessario.
La natura, definita dall’uomo ‘il creato’ è la nostra percezione e l’arte che produciamo riflette sempre noi stessi. Lo svuotamento, è dentro di noi e si proietta fuori anche quando vorremmo vedere cambiamento.
Se il cambiamento che vogliamo vedere è la nostra estinzione e la desolazione, finiremo esattamente lì. Nella desolazione, nel nulla. Eppure siamo vivi e invece di pensare alle campagne di un marketing ‘invisibile’ come questo, potremmo pensare a ciò che l’arte può risolvere. Per esempio, portare messaggi di forza, suscitare atteggiamento costruttivo o trasmettere la forza di una possibile reazione utile al cambiamento profondo. Invece paradossalmente siamo sempre ancorati e fermi lì, al pensiero di sfruttare un momento come questo per far parlare di noi, attraverso il real marketing (?) lo stesso sistema che in effetti ci ha portati dove siamo ora. Più egocentrismo di così !!
Noi ci siamo. Siamo dentro, ma ci siamo.
Insomma, cosa penso di questa call? Forse chi parteciperà sarà proprio quello che deve risolvere la propria idea di ‘creazione’.