Hai mai pensato a quanto potrebbe cambiare il mercato dell’arte e della cultura in Italia se l’IVA sui beni culturali fosse ridotta? Beni culturali e IVA sono due concetti che, nel nostro Paese, sembrano viaggiare su binari diversi rispetto al resto d’Europa. Francia e Germania lo hanno capito da tempo, mentre noi siamo ancora fermi a una tassazione che rischia di penalizzare un settore strategico.
Un’opportunità da non perdere
Nel 2025 l’Italia dovrà recepire una direttiva europea che potrebbe finalmente dare una svolta: ridurre l’IVA sui beni culturali, adeguandola agli standard di altre nazioni. Oggi, mentre la Francia applica un’IVA ridotta al 5,5% e la Germania al 7%, in Italia siamo bloccati al 22%. Ti sembra normale per un Paese che vanta oltre 5000 siti culturali e 53 siti UNESCO?

Immagina di voler acquistare un’opera d’arte, un libro raro o un pezzo da collezione. Se il prezzo fosse gravato da un’IVA più bassa, molti più appassionati e investitori si avvicinerebbero al settore. Non stiamo parlando di un privilegio per pochi, ma di una spinta economica per l’intero comparto culturale.
Un mercato globale in crescita (e noi indietro)
I numeri parlano chiaro: il mercato della cultura vale circa 5 miliardi di dollari nel mondo. E l’Italia? Con un patrimonio storico e artistico senza pari, dovremmo essere tra i leader indiscussi. Invece, l’alta tassazione ci mette in difficoltà rispetto ai nostri competitor. Le gallerie d’arte, le case d’asta, gli editori e tutti gli operatori del settore si trovano a combattere ad armi impari.
Pensa a una fiera internazionale come il Miart di Milano, che richiama collezionisti da tutto il mondo. Se i nostri operatori economici sono costretti a vendere opere con un’IVA al 22%, mentre in Francia e Germania si applicano aliquote decisamente più basse, chi credi che ne esca vincitore?
Perché ridurre l’IVA sui beni culturali conviene a tutti
Abbassare l’IVA non è solo una questione di competitività, ma un modo per incentivare la diffusione della cultura. Più persone potrebbero permettersi di acquistare opere d’arte, libri, biglietti per eventi e spettacoli, creando un circolo virtuoso in cui tutti guadagnano: artisti, galleristi, editori e, ovviamente, il pubblico.
Inoltre, investire nella cultura significa investire nel benessere e nel progresso sociale. Un Paese che facilita l’accesso ai beni culturali è un Paese che cresce, che valorizza il proprio patrimonio e che non lo lascia soffocare da tasse spropositate.
È il momento di agire
Il 2025 è dietro l’angolo, e l’Italia ha l’opportunità di fare una scelta che può cambiare il destino della sua industria culturale. Se vogliamo davvero essere competitivi, questa riduzione dell’IVA non è un lusso, ma una necessità.
E tu, cosa ne pensi? Ti piacerebbe un’Italia che investe di più nella cultura? Parliamone nei commenti!