Come disse Primo Levi:
“L’olocausto è una pagina del libro dell’umanità da cui non dovremmo mai togliere il segnalibro della memoria”.
Ed è così, in quegli anni della Seconda guerra mondiale, dove si lottava tra la vita e la morte, bisogna ricordare anche gesti di persone normali, umili, che con il loro amore hanno dato un contributo importante salvando molte vite.
In occasione della Giornata della Memoria, su YouTube esce il videoclip della storia vera del gelataio Francesco Tirelli: Budapest, cantata dal cantautore fiorentino Giulio Wilson, brano estratto dal suo album “Storie vere tra alberi e gatti”.
Una storia vera che narra del gelataio italiano trasferitosi a Budapest che, durante la Seconda guerra mondiale, nascose nella sua gelateria molti ebrei.
Una poesia quella di Giulio Wilson che riprende il racconto del libro per bambini già pubblicato da Gallucci Editore il Gelataio Tirelli di Tamar Meir con le illustrazione realizzate a Tel Aviv da Yael Albert.
Una ballata triste, malinconica con un risvolto positivo, dove dolci melodie dettate da fisarmonica, violoncello e glockenspiel accompagnano un testo poetico, cantato quasi come una filastrocca, emozionante, leggero, pieno di suspense.
–>Guarda il videoclip Budapest la storia vera di Francesco Tirelli a fine articolo.
Budapest, la storia vera del gelataio Tirelli
“Questa era la storia di Francesco Tirelli, una storia vera, di un italiano migrante in Ungheria che ha salvato nel magazzino della sua gelateria molte persone che riuscirono a sfuggire al rastrellamento e alle deportazioni del maggio del 1944.”
Con questo epilogo, Giulio Wilson termina di narrare il racconto di Francesco Tirelli, una storia che deve essere divulgata e raccontata anche ai più piccoli, una storia leggera ma che descrive il dramma di quegli anni.
Chi era Francesco Tirelli? Il gelataio raccontato attraverso le parole di Giulio Wilson
Francesco Tirelli era nativo di Campagnola Emilia, da bambino amava tanto il gelato e ogni mattina “trovava una scusa per andare verso il carretto di gelati di suo zio Carlo Tirelli”, per assaggiare tutti i gusti, il suo preferito? Non c’era un ordine preciso di gusti, l’importante che fosse gelato!
In età adulta si trasferì a Budapest, anni prima della guerra. Budapest era una città serena, come tutte, ma c’era un problema, Francesco non riusciva a trovare un gelato al pari di quello di suo zio.
Così ebbe un’idea. Perché non portare il gelato italiano a Budapest? Aprì la sua gelateria, la sua vita, la sua passione ed era felice nel rendere contenti molti bambini che come lui amavano il gelato.
In particolare uno, Peter, un bambino che un po’ gli ricordava se stesso da piccolo, perché alla domanda “Nocciola o limone? Fragola o cannella? Cioccolato o crema?”, Peter rispondeva: “In che ordine non importa”.
Tutto andava per il meglio. Passarono gli anni e a Budapest iniziò la guerra, così come scritto nel testo di Giulio Wilson:
“13 febbraio del 1945, pantaloni consumati fino al basso ventre, il freddo nella gola sembra già svanito ma il coraggio non si scioglie come il mio gelato..
..davanti al mio negozio non c’è più nessuno solo macerie e calcinacci e tempo un po’ di meno ma nel cuore ho una ricetta che non posso dire: proteggere bambini, salvare vite umane”.
Francesco Tirelli vide la disperazione a Budapest, le persone allegre e spensierate non c’erano più, erano preoccupate e cercavano di scappare, di nascondersi.
“Sono più dei potenti, le mani alzate innocenti”
Lui aveva paura, tanta anche, ma sapeva di non correre pericoli, in pericolo erano molte persone ebree che vivevano lì, come Peter il suo cliente preferito, il ragazzino che non vedeva più da un po’ di tempo, perché ebreo ed insieme alla sua famiglia si nascondeva.
Così a Francesco gli venne un’idea che condivise con i suoi amici senza avere approvazioni, perché secondo loro gli ebrei avrebbero potuto metterlo nei guai.
Ma Francesco non badò a questi pregiudizi ed iniziò a mandare lettere anonime con su scritto solo una via che ricordava il gusto dei suoi gelati. Tutti capirono e così nella notte la gente si recò nel suo negozio, tra questi Peter e la sua famiglia.
“Nel mio magazzino di cannella e crema, ho celato molte ombre a lume di candela…mani congelate più di questo muro, a terra quattro stracci e polvere da sparo.
Qui non c’è razza o religione solamente parte lesa..”
Francesco Tirelli si prese cura di tutti loro portando del cibo. La paura era tanta ma insieme era più facile da superare.
“Come può un’ingiustizia arrivare fino a tanto?
L’ho imparato a scuola che davanti agli ideali non c’è alcuna differenza perché siamo tutti uguali e non m’importa se il pensiero non sarà contraccambiato, io volevo solamente regalare un buon gelato”
In primavera, finalmente, a Budapest finì la guerra e le famiglie iniziarono a tornare pian piano alla propria vita e nelle proprie abitazioni.
Nascondendo tante persone ebree nel magazzino del suo negozio di gelati a Budapest, Francesco Tirelli salvò tante vite, tante vite che non videro mai lo scempio dei campi di concentramento, tante vite che evitarono la deportazione.
E poi cosa fece? La vita a Budapest, come in tutto il mondo, riprese. Francesco riaprì la sua gelateria, da subito affollata, e pensò che il gesto fatto era molto più dolce rispetto a tutti i gelati del mondo.
Peter diventò grande e si trasferì in Israele, si sposò diventò nonno e bisnonno e i suoi nipoti andavano matti per il gelato come lui e come Francesco Tirelli, il gelataio del suo cuore che mai dimenticò.
Ecco il video di Budapest- testo Giulio Wilson: