Michelangelo Buonarroti, si occupò del mito di Fetonte, realizzando ben tre lavori a matita nera su carta abbrunata dandogli il titolo di Caduta di Fetonte.
Il Buonarroti li realizzò in sequenza e prendendo ogni volta spunto a miglioria dal precedente.
Tutti e tre sono additati per essere uno studio preparatorio per quella che sarà in seguito l’opera magna di Michelangelo Buonarroti.
Sono databili intorno al 1533 anche se qualche voce si è più volte levata per indicare una diversa datazione, facendola risalire ai primi anni venti del ‘500.
Tre i luoghi di conservazione per i tre disegni di Michelangelo Buonarroti e tutti e tre diversi.
Essi sono conservati tra il British Museum, dove è collocato il primo dei tre e la Royal Collection di Windsor, dove è conservato il terzo, sicuramente più completo poiché frutto dei due studi precedenti.
Il disegno realizzato dal Buonarroti per secondo, è conservato proprio in Italia nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia, dove ragioni tutela impongono di conservare il disegno in un ambiente protetto dalla luce e per questi motivi sia il disegno di Michelangelo Buonarroti come gli altri i disegni lì conservati, non possono essere esposti in modalità permanente.
Dal sito del museo però è facilmente consultabile il calendario con le indicazioni espositive di tutte le opere.
La consultazione è fruibile anche on-line, previa compilazione di una domanda che farà accedere a tutto l’archivio delle Gallerie, Caduta di Fetonte del Buonarroti compresa.
Potrai così ammirare quello che insieme agli altri due rappresenta un importante studio preparatorio per quelle che saranno poi delle figure pittoriche di riferimento nell’affresco della Cappella Sistina.
Michelangelo Buonarroti disegna la mitologia con Fetonte
Secondo una tradizione era figlio di Cefalo e di Eos, secondo un’altra invece era figlio di Elio e della tirannide Climene.
Proprio a quest’ultima ipotesi di genealogia è agganciata un’interessante leggenda che ci narra come il giovane Fetonte, avendo chiesto con insistenza al padre, una prova della propria origine divina ed avendone ricevuto il giuramento che qualsiasi suo desiderio, sarebbe stato esaudito, ottenne il permesso di poter guidare il carro del sole.
Il padre Elio però fece di tutto per far desistere il figlio dal temerario proposito di guidare il carro del sole ma memore del giuramento precedentemente fatto, dovette cedere e farlo salire sul cocchio, impegnandosi in numerose e accorate raccomandazioni per l’impresa che stava per compiere.
Fetonte partì dunque con il celebre cocchio facendo attenzione a seguire scrupolosamente la rotta tracciatagli dal padre, lungo la volta celeste.
Le cose però non andarono come Fetonte aveva forse preventivamente programmato, infatti, vuoi per la paura che provò nel sentirsi per la prima volta sospeso nel vuoto, vuoi perché alla prime armi, si lasciò prendere la mano dai quattro splendidi e focosi cavalli e si lanciò all’impazzata nella volta celeste, non seguendo più il percorso idealmente tracciato.
Si avvicinò così troppo alla terra e dal suo passaggio furono incendiate foreste e prosciugati fiumi tanto che, il sapiente Nilo, pensò bene di nascondere le sue sorgenti, trasformando inoltre verdi distese erbose in distese infuocate.
Il suo incedere era così maldestro che risalendo la volta celeste arrivò questa volta troppo in alto fino a minacciare gli astri e lasciando addirittura un vistoso segno di bruciatura nella via lattea in segno del suo disastroso passaggio.
Davanti a tanto disastro e probabilmente con l’intento di scongiurare sciagure più gravi, lo steso Zeus intervenne lanciando un fulmine contro l’inesperto cocchiere.
Riuscì ovviamente a colpirlo facendolo cadere nelle acque dell’Eridano, odierno fiume Po, mandando così anche in frantumi il carro.
Le Eliadi, sorelle di Fetonte, alla luce dell’accaduto, piansero disperatamente rendendo al fratello anche solenni onori funebri.
Tanto fu il loro dolore che furono tutte trasformate in pioppi e le loro lacrime si trasformarono in ambra.