A nord di Roma, dove la valle del Treja disegna gole scure e silenziose, si erge un piccolo borgo che sembra galleggiare sulla roccia. Calcata non si visita: si attraversa come un sogno. Le sue case in tufo, aggrappate all’orlo di una rupe, raccontano storie di fuga, ritorno e rinascita artistica. È uno di quei luoghi che l’Italia custodisce come un segreto, dove la bellezza non è esibita ma vissuta.
Il paese che è morto due volte
Calcata è un paese che ha conosciuto due vite. La prima finì negli anni Trenta, quando il governo fascista dichiarò instabile la rupe su cui sorgeva e ordinò lo sgombero. Gli abitanti si trasferirono più a valle, nel “nuovo” borgo, e le case antiche rimasero vuote, destinate a crollare lentamente.
Ma non crollarono. Negli anni Sessanta e Settanta, un’umanità diversa iniziò a risalire quella rupe: artisti, musicisti, poeti, architetti, spiriti liberi in cerca di silenzio e ispirazione. Erano anni di rivoluzioni e di fuga dalla città, e Calcata divenne un rifugio ideale. Così il paese rinacque, trasformandosi in un laboratorio d’arte diffuso.
Il ritorno degli artisti

Oggi Calcata è un piccolo universo di botteghe, gallerie e case-atelier. I muri trasudano colori, legni e stoffe; le piazzette ospitano installazioni e sculture, mentre dai vicoli si intravedono tele appese, ceramiche in cottura, lavori in corso. Ogni porta sembra nascondere una storia e ogni artista che vi abita contribuisce a tenere vivo un fragile equilibrio tra passato e presente.
Chi arriva da Roma o Viterbo si trova improvvisamente catapultato in un’atmosfera da villaggio sospeso, dove la vita scorre lenta, scandita dal suono delle campane e dal passo dei gatti che dominano i tetti.
La magia del tufo
La roccia su cui Calcata sorge è la stessa che la minacciava. Quel tufo friabile, poroso e caldo di sole, che ha spinto gli abitanti a fuggire, oggi è il suo segno distintivo. Ogni casa, ogni gradino, ogni arco racconta la natura effimera del tempo.
L’architettura non è perfetta: è viva. Le pareti sembrano respirare, gli intonaci cambiano colore con la luce, le ombre si muovono come pennellate. È il tipo di bellezza che non cerca approvazione, ma attenzione.
Un museo abitato

A differenza di molti borghi “museificati”, Calcata è ancora autenticamente vissuta. Gli abitanti permanenti sono pochi, ma determinati a preservarne l’anima. Non esistono grandi strutture turistiche, solo piccoli ristoranti e botteghe che si aprono a chi sa guardare.
Tra gli spazi più rappresentativi c’è il Museo della Civiltà Contadina, che conserva oggetti e utensili del passato rurale, e la Casa Museo di Graziella Brusa, una delle prime artiste a trasferirsi qui negli anni Settanta. Accanto, il Centro d’Arte Il Granarone ospita mostre temporanee e performance che uniscono scultura, musica e teatro.
Il mistero della reliquia
Tra le tante storie legate a Calcata, la più curiosa riguarda una reliquia: il presunto prepuzio di Gesù Cristo, custodito per secoli nella chiesa del Santissimo Nome di Gesù. Rubato negli anni Ottanta, non fu mai ritrovato, e da allora la leggenda ha contribuito a rafforzare il carattere mistico del borgo.
Al di là della verità storica, questo episodio racconta perfettamente l’anima di Calcata: un luogo dove il sacro e il profano convivono, dove l’ironia e la fede camminano insieme.
Natura e silenzio
A pochi passi dal centro storico, il Parco Regionale Valle del Treja offre sentieri immersi nel verde, grotte, cascate e antichi mulini. È un’estensione naturale del borgo, quasi un prolungamento della sua quiete. Camminare lungo i sentieri che scendono verso il fiume significa lasciare alle spalle il rumore e ritrovare il ritmo lento che qui è regola di vita.
Dalla sommità della rupe, al tramonto, la vista abbraccia una valle che sembra scolpita dal vento. È in quei momenti che si comprende perché tanti artisti abbiano scelto di restare: Calcata non si guarda, si sente.
Tra realtà e leggenda

Il borgo è anche teatro di un fitto intreccio di leggende. Si parla di presenze, di spiriti antichi, di misteri legati alle grotte scavate nel tufo. Alcune abitazioni affondano letteralmente nella roccia, con stanze sotterranee che ricordano le catacombe etrusche. Gli abitanti ci convivono con naturalezza, come se la linea tra visibile e invisibile fosse solo una sfumatura.
Un laboratorio dell’anima
Negli ultimi anni, Calcata ha conservato il suo spirito indipendente. Non è diventata un parco tematico, né una destinazione modaiola: rimane un luogo per chi cerca ispirazione, autenticità e lentezza. Gli artisti continuano ad arrivare, attratti da un’energia difficile da spiegare e da una comunità che accoglie con discrezione.
Chi passa di qui torna con la sensazione di aver attraversato un confine invisibile, di aver visto come l’arte possa nascere da un’assenza, da un abbandono trasformato in rinascita.
Calcata oggi
Di giorno è un labirinto di luce, di notte un presepe silenzioso. Le botteghe si chiudono tardi, le candele illuminano le finestre, e la valle del Treja si stende come un mare nero ai piedi della rupe. Non serve molto altro: un bicchiere di vino, una chiacchierata con un artista locale, il tempo di ascoltare le pietre.
Calcata è una di quelle mete che non chiedono di essere capite, ma semplicemente vissute.
Se ti affascinano i luoghi dove l’arte nasce dal silenzio e la vita quotidiana diventa ispirazione, continua a seguire la rubrica Destinazioni Sconosciute su arte.iCrewPlay.com.
Ogni settimana raccontiamo borghi, storie e persone che tengono viva la bellezza lontano dai riflettori.
Per anticipazioni e immagini dei prossimi viaggi, seguici su Instagram.