Carlo Goldoni nasce a Venezia il 25 febbraio 1707. Era figlio di un aspirante medico, che non riuscì a prendere la laurea in medicina, ma divenne comunque un farmacista ed esercitò la professione a Perugia. Qui il giovane Carlo raggiunse il padre per completare i suoi studi.
In un primo momento si avvalse delle lezioni di un precettore, poi frequentò un collegio gesuitico e poi a Rimini presso un collegio gestito dai frati domenicani. Durante questo periodo che va dal 1720 al 1721, Goldoni entra in contatto con il mondo del teatro, ma fugge con una compagnia teatrale a Chioggia.
E quella fuga donò al secolo dei Lumi e ai secoli futuri un importante drammaturgo e uomo di scena che riuscirà a dare una svolta al teatro e alla Commedia dell’arte ormai logora e malconcia.
Goldoni cercò anche di frequentare la facoltà di Giurisprudenza a Pavia, ma il richiamo del teatro fu ancora molto forte. Fu infatti espulso dal Collegio Ghisleri di Pavia, nel 1725 poichè compose uno scritto satirico in cui derideva delle ragazze pavesi di buona famiglia.
Carlo Goldoni tra studio e teatro
Nonostante l’espulsione Carlo Goldoni proseguirà i suoi studi senza perdere di vista la sua passione per il teatro e comincerà a scrivere degli interventi comici, ma dal 131 deve farsi carico delle necessità economiche della famiglia, poichè muore suo padre, così torna a Venezia, si laurea in Giurisprudenza e intraprende la carriera forense.
Nel 1734 a Verona conosce il capocomico Imer e viene scritturato come poeta comico. Entra poi in contatto con un nobile veneziano Michele Grimani che è proprietario del teatro San Samuele di Venezia e viene assunto come librettista e poeta. In questa fase Goldoni scrive prevalentemente libretti per musica, tragicommedie e intermezzi.
Carlo Goldoni e il Momolo Cortesan: comincia la riforma della commedia dell’arte
Nel 1738 Goldoni compone il Momolo Cortesan, un’opera concepita per essere rappresentata a soggetto, in quanto eredità della pratica della commedia dell’arte, ma con una variante. La parte del protagonista interamente scritta. Questo fu il primo segnale di un tentativo di riforma della Commedia dell’arte. Fu un processo molto graduale che inchioderà progressivamente gli attori al testo scritto.
La prima commedia con le parti interamente scritte fu La donna di garbo scritta nel 1743, ma andrà in scena nel 1747.
Gli anni itineranti e la Compagnia di Medebach
Goldoni è costretto a sfuggire dai debitori nel 1744. Il lavoro teatrale non rende e il drammaturgo deve tentare altre strade e viene nominato console della Repubblica di Genova a Venezia dal 1741 al 1743, ma anche questo si era rivelato un incarico poco retribuito.
Si reca in Romagna, a Pisa, riprende la carriera dell’avvocato, ma scrive anche Il servitore dei due padroni nel 1745. Nel 1747 il capocomico Girolamo Medebach mette in scena con la sua compagnia La Donna di garbo a Livorno ottenendo un grande successo. Medebach propone a Goldoni di tornare a Venezia in qualità di autore stabile del teatro Sant’Angelo. Così tra il 1748 e il 1753 scrive una serie di commedie come la Vedova scaltra, la Putta onorata, la Buona moglie, La Famiglia dell’antiquario.
16 commedie in un solo anno
Nel 1750 realizza 16 commedie in un anno. Il teatro comico che fu un esempio di teatro nel teatro, Le femmine puntigliose, La bottega del caffè, il bugiardo, l’adulatore, il poeta fanatico, la Pamela, il Cavaliere di buon gusto, il giuocatore, il vero amico, la finta ammalata, la dama prudente, l’incognita, l’avventuriere onorato, la donna volubile, i pettegolezzi delle donne.
Con Medebach scrive Il Moliere, L’amante militare, La serva amorosa, il feudatario, Le Donne curiose.
Il Teatro San Luca
Tra il 1753 e il 1754 Goldoni passa al Teatro San Luca. Nel 1753 scrive La Locandiera e nel 1756 il Campiello. Contemporaneamente lavora per altri teatri di altre città, tra le quali Bologna, Parma e Roma.
Nel 1760 lascia Roma, dove collaborava per il Teatro delle dame e ritorna a Venezia. Ritorna al Teatro San Luca dove mette in scena La Casa Nova, I Rusteghi, La Trilogia della villeggiatura, Sior Todero Brontolon e le Baruffe Chiozzotte.
L’incarico a Parigi e i Mémoires
Purtroppo le commedie di Goldoni non sempre furono accettate e incontrarono un’accesa rivalità prima con Chiari, poi con Carlo Gozzi.
Così nel 1762 accetta l’incarico di dirigere la Comédie italienne a Parigi. Sebbene l’ambiente francese si rivelasse prestigiose e Goldoni godesse della stima e dell’ammirazione degli intellettuali illuministi francesi, tra i quali Voltaire, la sua opera non fu capita, in quanto il pubblico francese era ancora legata ai vecchi moduli della commedia dell’arte che in terra parigina aveva goduto di tanta fortuna in passato.
Così Goldoni è costretto a fare un passo indietro e a scrivere canovacci. Solo nel 1771 Goldoni scrisse Le bourru bienfaisant (Il burbero benefico), prima opera francese interamente scritta.
Nel 1765 viene assunto dalla famiglia reale a Versailles per insegnare italiano alle figlie del re, dal quale riceve una pensione nel 1769. Torna a Parigi e scrive la sua biografia che uscirà nel 1787 con il titolo i Mémoires.
In piena rivoluzione francese, nel 1792 a Goldoni viene revocata la pensione e morì il 6 febbraio 1793.
Carlo Goldoni e la Riforma della commedia dell’arte
L’esperienza di Goldoni non è solo di carattere letterario, poichè il drammaturgo conosceva bene i meccanismi e i tempi della scena e il gusto del pubblico. Nei Memoires scrisse infatti che pur essendosi formato sui classici, le sue grandi scuole rimanevano da sempre il Teatro e il Mondo.
Essendo fuggito con una compagnia teatrale e avendo svolto poi una vita itinerante da compagnia a compagnia, fino ad arrivare alla Comédie francaise di Parigi, la conoscenza di Goldoni per i meccanismi teatrali, le esigenze sceniche, i tempi della recitazione era profonda.
Il mondo in cui viveva era la classe, in fervente ascesa sociale, della borghesia veneziana che conosceva bene e della quale sottolineava con ironia pregi e difetti.
Il suo bersaglio fu la Commedia dell’arte. Essa si era estesa per ben due secoli, dal 500 al 700 e aveva raggiunto anche vette molto alte. Ma nel 700 la Commedia dell’arte aveva perso il suo fascino ed era diventata volgare, schematica, banale e prevedibile.
In quegli anni c’è anche uno studio sulle tecniche dell’attore. Nascono delle opere teoriche, tra le quali ricordiamo Le Paradoxe dell’acteur dell’Illuminista francese Diderot.
Goldoni crea una distinzione tra le maschere e i caratteri, cercando di arricchire questi ultimi. La maschera in genere era fissa. Ad esempio Arlecchino era il servo astuto e aveva quel particolare modo di muoversi, di gesticolare e di parlare per rappresentare l’astuzia ed era quindi riconoscibile da pubblico. Pantalone rappresentava l’avaro e aveva solo il suo modo di presentare l’avarizia.
Attraverso lo studio dei caratteri Goldoni cerca di attribuire una personalità originale al singolo personaggio. Pantalone può ad esempio rappresentare l’avarizia in modi diversi. Da semplici caratteri le maschere si trasformano in personaggi.
Come abbiamo visto nei precedenti paragrafi, Carlo Goldoni passerà dallo scrivere solo la parte del protagonista (Il Momolo cortesan), allo scrivere commedie complete. Negli anni del teatro San Luca dal 1753 al 1762 attraverserà un periodo difficile a causa della rivalità con il drammaturgo Pietro Chiari e sarà costretto a modificare le sue opere e a diversificare la sua produzione.
Quando decide di lasciare Venezia per Parigi scriverà una sua commedia di Addio: Una delle ultime sere di Carnovale.
Nelle sue opere usa sia l’Italiano che il dialetto e in modo originale in quanto non attinge alla lingua utilizzata dal 300 al 500, ma si serve di una lingua più quotidiana in modo da donare maggior verità e freschezza ai suoi personaggi, ma soprattutto per raggiungere una larga fetta di pubblico.
La Venezia del 700 era una città con una grande vocazione teatrale, in parte per la struttura della città, unica al mondo, in parte per la personalità dei suoi cittadini, molto aperti e ciarlieri. Dal 600 Venezia aveva perso la sua egemonia sui mari, ma si era concentrata sul commercio e sul mercato immobiliare.
Le grandi famiglie non investivano più all’estero, ma facevano costruire teatri. Possederne uno rappresentava uno status symbol.
Caro Icrewer, abbiamo voluto rendere omaggio a questo grande drammaturgo nel giorno del suo compleanno. Rimani aggiornato sulle sue opere e sulle varie stagioni teatrali.
Seguici su Arte.icrewplay.com