Chernobyl, la sua centrale nucleare ed un disastro di proporzioni colossali, questo, ogni 26 aprile, ormai da ben 36 anni, è purtroppo l’argomento del giorno.
Ognuno, grande o piccino sa riferire esattamente le circostanze di tempo e di luogo che lo videro coinvolto nell’apprendere la notizia.
Sulle prime c’è da dire che, nell’usuale modus comunicativo dell’allora U.R.S.S, l’incidente non fu partecipato nell’immediatezza al mondo intero come è giusto che fosse e in un secondo tempo venne dichiarato da parte degli organi di stampa governativi che c’era stato un piccolo incidente nella centrale nucleare di Chernobyl.
Solo qualche giorno dopo la Svezia registrò quantitativi di radiottività decisamente superiori alla norma e ne dette puntuale comunicazione alle autorità internazionali.
Da quel momento l’evento che pian piano tutti cominciarono a conoscere andò sotto il nome di disastro di Chernobyl, benché di fatto la città colpita fosse Pripjat, cittadina costruita appositamente per le necessità abitative e sociali delle persone che a diverso titolo lavoravano nella centrale nucleare.
Un ricordo sempre accorato quello della catastrofe di Chernobyl
Ogni anniversario è una lunga scia di ricordi che neanche il tempo può sbiadire che si contornano però ormai da anni di momenti culturali volti ogni volta a raccontare lo stesso evento con l’ardire di cercare qualcosa di nuovo
Le più significative e coinvolgenti sono sempre le mostre fotografiche che ogni volta hanno cercato di riportare tutti noi a quei terribili momenti.
Sono foto statiche, spesso in bianco e nero che ritraggono un frammento di vita di chi certamente non conosciamo ma che inaspettatamente ci trasmettono tutto di chi quel fotogramma si è trovato a viverlo per davvero il 26 aprile del 1986 a Chernobyl.
Una mostra fotografica per riportare la memoria indietro nel tempo
A Perugia dal 23 aprile al 22 giugno prossimo, una mostra fotografica, presso il Museo archeologico nazionale dell’Umbria riproporrà quei momenti e a modo suo racconterà ancora una volta che grande dolore è stato il disastro di Chernobyl.
La mostra è stata interamente curata da Kathiuscia Covarelli, prende vita da una collaborazione tra Associazione Borgo Bello, l’Università degli Studi di Perugia e la Direzione Regionale Musei Umbria – Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria.
Si tratta di un reportage fotografico che si prefigge di ritrovare, nei 50 scatti proposti, l’atmosfera e le sensazioni esattamente di quel lontano 26 aprile a Chernobyl mediate dagli anni trascorsi.
Immagini quindi e non parole che si sostituiscono alle frasi e che trovano il modo di trasmettere ugualmente tutto ciò che l’autore ha provato percorrendo quei luoghi che sono rimasti fermi, sopraffatti dall’esplosione e dalle violente radiazioni.
Durante tutto il periodo della mostra dal titolo Chernobyl – Pripyat: quando la storia non insegna, sono in programma numerosi momenti di approfondimento rivolti ai vari aspetti della vicenda.
Ci saranno approfondimenti prettamente scientifici per comprendere al meglio l’accaduto, per poi proseguire sui temi proposti dall’autrice con i suoi scatti.
Già durante il momento dell’inaugurazione c’è stato molto spazio per una serie di approfondite riflessione sulle dinamiche dell’incidente, indicate esclusivamente riconducibili ad errore umano nell’immediatezza fino ad arrivare ad una completa relazione datata 1991 che invece ha indicato come determinante l’inadeguatezza dell’impianto di Chernobyl.
Tali spunti, sempre durante l’inaugurazione hanno portato ad un’ampia riflessione sul nucleare ai nostri giorni.
L’evento culturale propone in diversi momenti, nell’intero arco di apertura al pubblico, degli incontri con le scuole del territorio, durante i quali verranno messi in risalto l’importanza delle piante capaci di intervenire nei processi di fitodepurazione, anche da composti radioattivi.
La mostra si concluderà infine con un interessante approfondimento sull’urbanistica sovietica della metà degli anni ’80, di cui Prypiat è un esempio rimasto oggi esattamente come allora.