Cosa vuol dire essere un attore oggi? Molti giovani sognano una carriera sul palcoscenico, la notorietà, la fama e il successo, ma quali difficoltà incontra chi vuole iniziare questo tipo di carriera? Andiamo a parlarne con Pier Paolo D’Alessandro che ci ha concesso questa intervista.
Cominciamo dalla domanda più banale, chi è Pier Paolo D’Alessandro?
Sono un attore diplomato al Piccolo Teatro di Milano nel 2011, ma sono anche regista, scrittore e traduttore…d’altronde l’unico modo per sopravvivere in questo mestiere è essere multitasking!
Ti ispiri a qualcuno?
Sono figlio d’arte, come si dice: mia madre ha fatto lo stesso mestiere per anni, a Roma, lavorando con Carlo Cecchi e Giulia Lazzarini, fra gli altri. Di conseguenza la mia infanzia è stata da subito improntata all’idea di palco, di performance, di travestimento. Come modelli, oltre ai miei genitori, avevo una videoteca vastissima a cui attingere, composta sì da film, ma anche da innumerevoli opere teatrali, spettacoli e attori che mi hanno segnato indelebilmente. Tra tutti questi le mie vere influenze sono state tre: Paolo Poli, di cui ho visto tutti gli spettacoli e sempre amato la sua classe infinita; Dario Fo, il cui capolavoro Mistero Buffo (grazie al quale Fo vinse il Nobel per la letteratura nel 1997, ndr) mi ha insegnato l’amore per lo storytelling e il linguaggio; ultimo, ma non meno importante, Gigi Proietti, “A me gli occhi” è stata l’opera che ha influenzato maggiormente la mia gioventù. Da allora, per me, Proietti è diventato l’archetipo stesso di mattatore, l’Attore definitivo.
Quanto è difficile per un giovane attore emergere oggigiorno in Italia?
Il problema vero di questo paese è che fare l’attore non è ancora considerato un mestiere, ma un hobby. Alla frase “sono un attore” la risposta più comune è ancora “Sì? E cosa fai di mestiere?” Vige ancora il concetto di “ognuno per sé” e per questo gli attori non hanno un vero sindacato che faccia valere i loro diritti; aggiungiamo il fatto che, allo stato attuale delle cose, moltissimi decidono di fare gli “attori” per i motivi più diversi, credendo di diventare famosi facilmente, andare in televisione, fare film. Gente che non studia, non si forma e va semplicemente allo sbaraglio. Il problema è che il sistema spesso premia questo atteggiamento, con la conseguenza che si vedono troppo spesso attori che non sanno farsi sentire, muoversi sul palco o senza alcuna idea dei tempi comici, tanto per fare degli esempi. Molto più facile fare un video su YouTube che frequentare un’accademia, manca, in Italia, il rispetto per questo mestiere che ci siamo dimenticati essere alla base di questo paese e della nostra stessa personalità di italiani.
Stand-up comedy, come funziona?
La Stand-up comedy è un concetto che sta prendendo piede in questi ultimi anni in Italia, ma è praticato da anni nei paesi anglosassoni, Stati Uniti in primis, dove è diventata una vera e propria arte (basti pensare che tra i nomi che si sono fatti conoscere dal pubblico grazie a questo tipo di esibizione ci sono Ricky Gervais, Eddie Murphy e il mai troppo compianto Robin Williams, ndr). L’idea è quella di un monologo comico con il pubblico, su un palco principalmente vuoto. Lo scopo è raccontare avvenimenti, opinioni personali da un punto di vista umoristico, in un rapporto più intimo e confidenziale con il pubblico. La cosa più simile che abbiamo avuto in Italia è stato il Cabaret, figlio però dell’antichissima arte teatrale della Commedia che mischiava battute, canzoni, dialoghi, monologhi, poesie e che rende quindi più difficile per un artista italiano dedicarsi alla Stand-up pura. L’ideale sarebbe usare gli strumenti del Cabaret (voce, mimica, “clownerie”) e fonderli con il concetto di Stand-up per creare un’amalgama tra la comicità americana e quella italiana.
Raccontaci un po’ i tuoi progetti per il futuro.
Barcamenarsi, questo è il mantra di ogni attore in Italia, avanti, sempre avanti! Sto lavorando a due adattamenti di libri per bambini, con lo scopo di rappresentarli nelle scuole. Ho il mio laboratorio teatrale per adolescenti, con i quali debutterò nella Dodicesima Notte di Shakespeare a Bologna il 4 giugno. Ogni lunedì potete trovarmi a fare Stand-up comedy al Brewdog pub di Bologna. Per il resto provini, provini, provini…qualcuno ha bisogno di un attore?
È così…nonostante la fatica, l’impegno, i sacrifici di ogni genere…molti pensano che essere attori sia quasi un hobby. Invece è un mestiere e per quanto fior di ministri vantano l’italia come culla dell’arte teatrale…cinematigrafica e ci esortano a pridurre bellezza…nessuno fa il minimo passo per rendere a chi è in grado di fare questo, più facile ; la condizione della maggior parte degli attori italiani soprattutto teatrali e che fanno “solo questo ” ( perché un attore deve anche e sempre studiare molto…migliorare le proprie capacità….autoanalizzarsi.. .vendersi….) vivono veramente ai margini della sopravvivenza. STATO vergognoso.
Grazie della tua testimonianza!