C’è un filo invisibile che unisce Brescia a Firenze, passando per otto secoli di storia francescana e uno dei vertici dell’oreficeria italiana: è il filo dorato della croce processionale della chiesa di San Francesco, opera di Gian Francesco dalle Croci, in partenza per l’Opificio delle Pietre Dure, dove resterà in cura per tutto il 2026.
Non è un semplice restauro: è un ritorno alla luce per un oggetto liturgico che non è solo prezioso per i materiali, ma profondamente significativo per la spiritualità, la devozione e la storia artistica di un intero territorio.
Un’eredità francescana incisa nell’argento
La croce fu commissionata nel 1501, grazie a un importante lascito testamentario di frate Francesco Sansone de Brixia, figura di primo piano dell’Ordine francescano, ministro generale dal 1475 al 1499. Il committente non si limitò a finanziare l’opera: ne definì con precisione i contenuti iconografici, affidando alla forma artistica una funzione teologica ed educativa.
Cristo crocifisso, al centro, è affiancato da San Francesco che riceve le stimmate, e intorno a loro – lungo i bracci della croce – i principali santi dell’Ordine, in una narrazione visiva che ripercorre la passione, morte e resurrezione del Cristo attraverso dettagli minuziosi in smalto policromo e niello.
Il risultato? Una capsula d’argento e devozione, ricamata di fede e tecnica, in cui ogni centimetro ha qualcosa da dire.
Il genio di Gian Francesco dalle Croci

A firmare l’opera fu Gian Francesco dalle Croci, discendente di una storica dinastia di orafi e argentieri bresciani. La sua mano esperta trasformò la materia in racconto: argento fuso, sbalzato, dorato, intagliato con una tale finezza da fondere l’arte dell’oreficeria con quella della miniatura.
Il niello – tecnica che prevede l’incisione e l’applicazione di una pasta nera nelle linee tracciate sul metallo – fu usato per realizzare scene minuscole ma potentissime, che raccontano momenti centrali della fede cristiana. E tutto, su entrambi i lati della croce, è concepito per essere letto, contemplato, portato in processione.
Un restauro che è anche ricerca e memoria
Il 29 luglio 2025 la croce verrà trasportata a Firenze. Ad accoglierla sarà l’Opificio delle Pietre Dure, istituzione di eccellenza assoluta nel campo del restauro, dove verrà avviato un progetto integrato di studio, ricerca e conservazione, grazie a una convenzione firmata con la Soprintendenza per le province di Bergamo e Brescia.
Per tutto il 2026, l’opera sarà analizzata, documentata, restaurata nel rispetto dei materiali originari e delle tecniche antiche. Ogni scelta sarà condivisa con la comunità di partenza, che non ha mai smesso di sentire questa croce come parte viva del proprio cammino.
Al termine dell’intervento, la croce tornerà nella sagrestia della chiesa di San Francesco a Brescia, dove sarà esposta in una nuova teca climatizzata, progettata per valorizzarla e proteggerla. Il progetto è stato fortemente voluto da frate Alberto Tortelli, guardiano del convento e anima di questo recupero.
Una coincidenza non casuale: 800 anni dal Cantico delle Creature
Il restauro avviene in un anno simbolico: il 2026 segna l’ottavo centenario del “Cantico delle Creature”, il più celebre inno alla vita e alla natura scritto da San Francesco. E in un certo senso, questa croce ne è la controparte visiva: un canto in argento, pietre e smalti, che mette al centro il dolore redentore, ma anche la fraternità, la memoria, la grazia.
In un tempo in cui la conservazione del patrimonio è spesso ridotta a questione tecnica, questo progetto ricorda che restaurare significa anche ascoltare, custodire, far parlare di nuovo ciò che sembrava muto.
Segui il progetto e altri restauri d’eccellenza su Instagram @icrewplay_arte.