Dal 6 giugno a Palazzo Bentivoglio di Gualtieri, la mostra dedicata ad Antonio Ligabue dal titolo: “Incompreso. La vita di Antonio Ligabue attraverso le sue opere“che resterà aperta fino all’8 novembre.
Sulle rive del Po, che lo accoglieranno ormai adulto, Antonio Ligabue inizia a dipingere, su sua stessa ammissione, come unico sollievo per trovare quiete a quel travaglio interiore che lo anima fin da bambino.
Due gli elementi cardine per la comprensione di Antonio Ligabue pittore: la memoria, quella dei luoghi che lo hanno visto prima bambino e poi adolescente e la fantasia, quella che in ogni momento ti permette di fuggire via, di andare ovunque e di essere chiunque.
Proviamo ad entrare insieme nel mondo di Antonio Ligabue
Nasce a Zurigo nel 1899 da madre italiana, di origini Bellunesi. All’anagrafe viene registrato con il cognome della madre che appena qualche mese più tardi si sposa con un immigrato italiano, Bonfiglio Leccabue, costituendo cosi una nuova famiglia alla quale si uniranno ben presto altri tre figli.
Nonostante la costituzione del nuovo nucleo familiare, il piccolo Antonio non vivrà con la famiglia d’origine, ma sarà affidato fin da subito ad una famiglia svizzero-tedesca che non aveva figli.
Antonio Ligabue dimostrò nel tempo un sincero affetto verso le persone che ormai considerava la sua famiglia, nonostante fossero molto poveri e che per far fronte a problematiche di lavoro, fossero sovente costretti a spostarsi.
La morte della madre e dei suoi fratelli segnano Antonio Ligabue in modo irreversibile
Le voci che si tramandano sull’accaduto sono che madre e fratelli del pittore morirono avvelenati per intossicazione alimentare e da subito Antonio puntò il dito contro il patrigno per averli costretti a mangiare carne avariata.
A seguito di questo evento, fu talmente forte e netto il distacco che Antonio Ligabue volle creare tra sé e quella fetta di passato che gli rimaneva, al punto di prendere la decisione di cambiare cognome.
Leccabue divenne Ligabue da quel momento e per sempre.
Da qui inizia per Antonio Ligabue una quotidianità molto complessa e difficile da gestire, tanto che più volte verrà ricoverato in strutture psichiatriche a seguito di comportamenti estremi contro se stesso e contro gli altri. Arrivò ad essere violento con la madre adottiva, benché per sua stessa ammissione provasse un profondo affetto, ma quest’ultimo gesto portò ad una denuncia con conseguente espulsione dalla Svizzera.
Fu dunque il destino a scegliere e per scelta burocratica, il nostro Antonio fu mandato nel paese di nascita del patrigno: Gualtieri.
Quando arrivò non conosceva la lingua italiana. Fu accolto dapprima da un capanno lungo gli argini del Po che in quel punto si fa maestoso e ampio. In seguito, grazie a piccoli lavori che riusciva a fare nei campi, i contadini del luogo cominciarono ad offrirgli riparo nei più solidi e riparati fienili.
All’apparenza un’esistenza semplice fatta di poche cose, ma nella mente di Antonio Ligabue la vita iniziava a presentare quel conto che mai nessuno dovrebbe trovarsi a pagare.
Continuava ed essere violento contro gli altri e contro se stesso sempre più spesso e tutto questo lo ritroviamo anche in molti suoi autoritratti, nei quali si dipinge con un grosso solco sul naso, segno evidente delle percosse che si procurava al fine di somigliare sempre di più ad un rapace, forte e vigoroso, in grado e in natura di dominare, realizzando una sorta di allegoria con lo scopo di placare, sia pur momentaneamente, le sue paure con il tentativo di esorcizzarle; attaccando per non essere attaccato.
E’ con questo groviglio interiore che Antonio Ligabue inizia a dipingere
Lo fa spontaneamente in modo semplice, ma con vigore. Dipingere per lui diventa lo strumento della quiete interiore.
Il successivo incontro, nel 1928, con Renato Marino Mazzacurati, segna la svolta in senso artistico, poiché lo sculture e pittore bolognese, gli insegnerà i rudimenti tecnici e da quel momento il lavoro pittorico e scultoreo di Antonio Ligabue rivelerà tutto il genio per anni rimasto velato da quello sconvolgimento interiore che di fatto non lo lascerà mai, soffocandolo sempre di più, alternando momenti più ariosi a momenti tanto terribili da rendere necessario il ricovero in strutture specializzate.
Malato e solo, si sentiva da sempre non amato e reagiva alla sofferenza del suo isolamento con l’aggressione nella quale faceva confluire tutta la sua timidezza e la sua impossibilità di comunicare, esorcizzando in qualche modo questa paura nella rappresentazione pittorica della forza animale che nei suoi quadri si tramuta in un continuo duello, non senza lo sfondo di quei paesaggi svizzeri che lo videro bambino, tentativo questo di un’evasione serena sia pur della durata di una pennellata.
Antonio Ligabue conobbe anche un periodo di grande e meritata notorietà verso la fine dei suoi anni terreni, ma l’agiatezza economica non fu in grado di riportarlo alla serenità.
Muore a Gualtieri il 27 maggio 1965.
La città che di fatto si è ritrovata ad ospitarlo per una mera fatalità, ha saputo negli anni onorare la sua memoria, creando una Fondazione Museo Antonio Ligabue ed una mostra permanente fortemente voluta nel 2014 dal comune di Gualtieri, fornendo così quasi un riscatto per quel concittadino emigrato che tanto aveva saputo minare l’intimo di un bambino innocente che divenuto adulto è rimasto imprigionato da se stesso, con l’unico momento di fuga veicolato da tempere e pennelli.