Dante Alighieri: si avvicina il settecentesimo anniversario della sua morte avvenuta a Ravenna nel settembre del 1321, dove fu esiliato.
Poeta, letterato, filosofo e teologo: Dante è tutto questo e altro ancora.
Sappiamo che nacque a Firenze nel 1265 ed è probabile che abbia seguito il percorso formativo dell’epoca che comprendeva la scuola francescana e poi quella domenicana. Studiò anche filosofia, per poi dedicarsi successivamente alla poesia.
Appartenente ad una nobile famiglia, partecipò in qualità di feditore alle azioni militari tra Firenze (guelfa) Pisa e Arezzo (ghibelline). A tal proposito la sua partecipazione alla battaglia di Campaldino avvenuta nel 1289 assume un significato particolare.
È nella Divina Commedia, infatti, che ricorda alcuni episodi legati a questo momento. Sposò Gemma Donati dalla quale ebbe tre figli: Jacopo, Pietro e Antonia.
Nel 1295 Dante aderì alla vita politica fiorentina (nel ruolo di ambasciatore e priore della città), che in seguito gli costò l’esilio dalla sua amata città. Fu condannato per baratteria in contumacia.
Quando, infatti, si intensificarono i contrasti tra Guelfi Bianchi e Guelfi Neri, Dante si allineò alle ideologie dei Bianchi che miravano a proteggere Firenze dalla supremazia di Bonifacio VIII.
Dante morì a Ravenna nel 1321.
L’amarezza dell’esilio
Lo storico Alessandro Barbero (che ha dedicato a Dante il suo ultimo lavoro) pone un’attenzione particolare al delicato tema dell’esilio.
“Dante visse gli ultimi venti anni della sua vita lontano da Firenze, da cui fu cacciato.”
L’esperienza dell’esilio è sublimata da Dante attraverso la Divina Commedia, dove l’esilio è visto come una perdita, perdita della patria, ma anche come metafora di perdita della retta via. Trascorse molti anni a Verona, arrivando poi a Ravenna nel 1318, dove condusse una vita relativamente tranquilla.
La maggior parte delle sue opere, infatti, sono intimamente legate a questo episodio e alle vicende della sua vita.
Dante in mostra
Diversi eventi sono stati organizzati in occasione dell’anniversario della morte del poeta. Il Comune di Firenze espone al Salone dei Cinquecento il Ritratto allegorico di Dante, di Agnolo Bronzino. La mostra Bronzino e il Sommo Poeta.
Un ritratto allegorico di Dante in Palazzo Vecchio (promossa dal Comune di Firenze), sarà allestita dal 12 febbraio al 31 maggio 2021 e sarà inserita nel percorso museale di Palazzo Vecchio.
“L’esposizione vuole non solo omaggiare Dante con l’arte di un altro grande artista fiorentino ma anche riportare nella casa dei fiorentini quel concittadino così illustre e così vituperato in vita con l’esilio” – queste le parole del sindaco di Firenze.
Ritratto allegorico di Dante
In merito alla commissione dell’opera, il Vasari (Vita del Bronzino) afferma che fu voluta dal banchiere fiorentino Bartolomeo Bettini (insieme ai ritratti di Boccaccio e Petrarca) per decorare una delle stanze del suo palazzo. Nel Rinascimento, infatti, era forte il culto per i grandi del passato.
L’opera (realizzata tra il 1532 e il 1533) mostra Dante seduto su un grande masso, volgere lo sguardo verso una montagna (quella del Purgatorio) che sorge dalle acque di un lago. È abbigliato in modo riconoscibile: un lungo vestito rosso ed una corona di alloro sulla testa, chiari riferimenti del Bronzino alla Divina Commedia.
Il libro che Dante stringe fra le mani e mostra allo spettatore è proprio la Commedia, aperta al canto XXV del Paradiso.
Dal punto di vista cromatico, domina la presenza del colore rosso, mentre il resto della tela appare molto scura.
La capacità di Bronzino è stata quella di giocare su forti contrasti luministici, in modo da far emergere la figura del poeta in primo piano.
“Questo di Bronzino è qualcosa di più di un bellissimo ritratto. È infatti l’omaggio di un pittore, che fu anche eccellente poeta, all’immenso Dante, punto di riferimento tanto nella lirica del Cinquecento quanto per le arti in genere” – commenta Sergio Risaliti.