La magnificenza del David lascia chiunque senza fiato.
Sembra quasi impossibile che tra il 1501 e il 1504 Michelangelo Buonarroti, appena venticinquenne, sia stato capace di scolpire una così perfetta immagine del corpo umano, con tanto di muscoli tesi e vene che guizzano sottopelle.
Un’opera da brividi, figlia di talento, sensibilità e una ricerca anatomica che trascende l’arte per affacciarsi sulla scienza medica, anticipandola di cento anni.
La grandiosità del David è tale da aver generato, in passato, anche profonda invidia. Come dimenticare il quarantasettenne siciliano Piero Cannata che, nel Settembre del 1991, colpì la statua con un martello spezzandone la punta del melluce sinistro?
Il David è troppo bello, emana influssi dannosi, invidio Michelangelo per quello che è riuscito a fare.
Definita da molti il capolavoro assoluto della scultura mondiale, l’opera ha ispirato i più grandi artisti del nostro tempo.
Tra questi c’è soprattutto Jago, di cui abbiamo parlato nell’articolo dedicato a Look down: la scultura donata alla città di Napoli, simbolo dei fragili e di tutti coloro che, più di chiunque altro, sono stati colpiti dalla crisi mondiale sopraggiunta con la pandemia.
L’ammirazione di Jago per Michelangelo ha il sapore della sfida: lo scultore si impegna ogni giorno per raggiungere i livelli del maestro rinascimentale, sperando col tempo di poterli addirittura superare.
Un simile modello, così difficile da raggiungere, è stimolante e alimenta la meraviglia, sprona a spingersi sempre oltre e ad infrangere i propri limiti.
Il David? Lo hanno “creato” i rettiliani
Ma c’è chi, di fronte a così tanto talento, si esprime con pensieri e reazioni diametralmente opposti: “non è umanamente possibile”, “è alieno”. Anzi, “non esiste”.
Ebbene sì: qualcuno pensa che il David non sia opera di Michelangelo, ma di rettiliani in possesso di armi pietrificanti.
O ancora: in una storia antica e ormai dimenticata, la Terra è stata popolata da giganti, come riportato a chiare lettere nelle prime pagine dell’Antico Testamento, e uno di questi è stato sommerso da una colata di marmo liquido.
“Giganti e non”, dichiarano alcuni utenti di Facebook sulla pagina Invasioni Digitali: proprio come il “David di Donatello”, anche il Disincanto – straordinaria scultura presente nella Capella San Severo di Napoli – è stato creato con metodi anticonvenzionali, che vanno oltre l’umana concezione. Come si spiegano, altrimenti, tutte le maglie di quella rete?
Sembra quasi uno scherzo, ma purtroppo non lo è.
Non solo il David: anche Napoleone è un’invenzione!
Negare, negare e ancora negare tutto ciò che sfugge dalla propria comprensione: negli ultimi mesi abbiamo imparato a convivere anche con questo strano comportamento.
Abbiamo visto centinaia di persone scendere in piazza a Roma, il 10 Ottobre di quest’anno, manifestando per “inconcepibili restrizioni adottate contro un virus inesistente”.
E non sono mancate le denunce ad insegnanti, che una volta tornati a scuola hanno costretto i loro alunni a togliere la mascherina, prendendo in giro coloro che si sono opposti.
Sempre ad Ottobre, il Museo di Pergamo a Berlino, l’Alte Nationalgalerie e il Neues Meseum sono stati presi d’assalto da un gruppo di “terroristi dell’arte”, incitati dal negazionista e complottista Attila Hildmann, che ha definito gli edifici “punti d’incontro di criminali del coronavirus e satanisti”.
Un attacco gravissimo, che ha visto danneggiate in maniera irrimediabile sculture, quadri, tombe e sarcofagi egizi, per un totale di circa settanta opere.
Le origini del negazionismo
Non si tratta di un problema sorto in tempi recenti: a quanto pare, questo particolare atteggiamento è riscontrabile in periodi insospettabili della nostra storia. Basti pensare alla pubblicazione del famoso pamphlet intitolato L’imperatore inesistente di Jean-Baptiste Pérès nel 1827, dove l’autore “dimostra” l’inesistenza di Napoleone.
Il termine “negazionismo” è stato tuttavia coniato solo negli anni del dopoguerra, per indicare l’emblematico rifiuto degli eventi legati alla Shoah ad opera di intellettuali come David Irving, condannato in Austria per razzismo e antisemitismo, e Robert Faurisson Aitken.
Entrambi sono convinti che la “menzogna dell’Olocausto” sia un’invenzione creata ad hoc per demonizzare la Germania nazista e di altre assurde teorie: come l’inesistenza di camere a gas e campi di concentramento, o la falsità di fonti come il diario di Anne Frank.
Nel 2007, la negazione o banalizzazione volgare dei crimini nazisti e l’incitamento pubblico all’odio razziale sono diventati reati penali punibili con il carcere fino a tre anni.
Ciononostante, l’attivista ebrea Liliana Segre, nominata dal presidente Mattarella senatrice a vita nel 2018, è stata più volte minacciata da negazionisti che, ancora oggi, appoggiano pienamente le teorie di Irving e Faurisson.
Quando negare diventa una malattia
Il “diniego” è un comune meccanismo di difesa, messo in atto di fronte a situazioni percepite come ingestibili.
Pensate a quando vi ritrovate a fronteggiare eventi particolarmente stressanti, dolorosi, oppure inconcepibili, che esulano completamente dalla vostra esperienza: l’insorgere di una pandemia globale, appunto. Come reagite? C’è spesso una frase che fa capolino dalla matassa di pensieri che si annoda nella mente, ed è: “non è possibile, dev’esserci un’altra spiegazione”.
Tutto normalissimo.
Il vero problema nasce quando tale atteggiamento assume tratti maniacali, spazzando via il senso di realtà.
C’è chi, ancora oggi, crede che la violenza sulle donne, l’omosessualità, la sindrome di down, l’autismo, le malattie psichiatriche, i cambiamenti climatici, gli effetti catastrofici delle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki, oppure l’attacco terroristico alle Torri Gemelle siano un’invenzione.
La dottoressa Silvia Moscatelli, psicologa sociale e docente dell’Università di Bologna, associa il negazionismo al “pensiero della cospirazione”: nel caso del Covid-19, fa riferimento a individui che non solo diffidano dalle fonti ufficiali, ma creano una personale versione della realtà, più “gestibile” e “rassicurante”.
Le argomentazioni di chi partecipa a manifestazioni o ad eventi organizzati da negazionisti, di solito, sono quelle secondo cui a monte di quella che reputano una messinscena ci sarebbe la volontà di limitare le libertà personali, tenere sotto controllo le persone o addirittura arricchire le case farmaceutiche, che è un tema ricorrente nelle teorie della cospirazione a livello sanitario. […]
Le teorie della cospirazione ci sono sempre state, forse con il Covid assistiamo ad un incremento di persone che ci fanno affidamento.
Si pensi ai Gilet Arancioni: alle teorie sul 5G, il virus creato in laboratorio e il coinvolgimento di Bill Gates nella diffusione della pandemia.
Il creatore di Microsoft, impegnato da circa venti anni nello studio delle malattie infettive, si è lanciato in prima linea con la sua attività filantropica per contrastare il Covid-19, ma il suo intervento è stato immediatamente preso di mira da complottisti come il dottor Rashid Buttar.
Ad alimentare l’atteggiamento negazionista vi è la mancanza di una solida base culturale e la disinformazione, la ricerca spasmodica di certezze che porta l’individuo a crearne da sé, pur di ricompensarsi. Spiega la dottoressa Moscatelli a riguardo:
Le statistiche ci dicono che chi utilizza tali teorie ha una bassa scolarizzazione, un reddito basso e tendenzialmente vi aderiscono più uomini che donne.
Lasciando da parte la categoria di quei politici che cavalcano queste teorie per ottenere più consensi.
Vi sono tuttavia, come avete potuto notare leggendo finora, delle eccezioni. Uno sconcertante esempio è l’appello lanciato nel 2018 dalla Simit, in cui sono state segnalate posizioni negazioniste in seno all’Ordine dei medici, circa l’esistenza stessa dell’HIV.
“Mancanza di consapevolezza”
Meglio prendere consapevolezza dei nostri limiti, senza attaccare le doti e le maestrie di altri.
Un’osservazione molto semplice fatta da un utente su Facebook, in risposta alle assurde opinioni sulla creazione del David: consapevolezza necessaria per controllare quel senso di impotenza che ci prende di fronte all’ignoto, capace di renderci talvolta vittime ignare di emozioni incontrollabili, che ci conducono al totale delirio.
Per “prendere consapevolezza”, vi invitiamo a guardare proprio il video di Jago, dove viene illustrata la nascita della sua Venere.
Osservate come le curve, le vene, le rughe emergono dal marmo. Osservate di cosa è capace l’essere umano, a dispetto di bislacche teorie che troverebbero maggiori consensi presso gli studi di Hollywood. Cerchiamo, per quanto possibile, di avere più fiducia in noi stessi e negli altri; di impegnarci per comprendere meglio ciò che accade intorno a noi.
Nel caso del Covid-19 cerchiamo di accettare, una volta tanto, che come qualsiasi altro essere vivente siamo alla mercé di fenomeni naturali che non sempre possiamo controllare. Basterebbe, inoltre, fare una breve ricerca su Internet per scoprire che l’umanità ha avuto a che fare, nel corso della storia, con svariate pandemie: dalla peste di Giustiniano all’influenza spagnola.
Ciò significa che, in realtà, non stiamo affrontando nulla di nuovo.
Impariamo ad accettare e a convivere con i nostri limiti e la nostra paura: sono parte integrante della condizione umana.