L’Eurofestival appena concluso all’ombra della Mole, ha fatto riscoprire ai torinesi in primis, il parco del Valentino chiamato in tutta fretta a dover ospitare, coloro che non hanno trovato posto all’interno del Palasport Olimpico poichè sold out.
Un evento di caratura internazionale, ma soprattutto una festa della musica che ha riportato i torinesi a vivere intensamente il loro amato parco forse come non accadeva da tempo e che per l’occasione è stato viatico di numerosi contenuti culturali e naturalmente di musica.
Se quindi con il calare del sipario sull’Eurofestival è tempo di fare i bilanci, quelli del villaggio musicale che lo stesso sindaco Stefano Lo Russo aveva definito, a inizio settimana, una scommessa per la città, possono senza ombra di dubbio dirsi positivi.
Facendo registrare inoltre il secondo sold out e costringendo l’organizzazione a chiudere i cancelli d’accesso già prima delle ore 18:00, per l’ultima e attesissima giornata dell‘Eurofestival, creando anche qualche tensione di troppo ma fortunatamente sedata.
Il Village è riuscito a mettere insieme tanti talenti e le realtà musicali, piccole e grandi, del territorio, con i nomi di rilievo nazionale affiancati a piccole band emergenti.
A tal proposito il direttore artistico Francesco Astore ha così commentato:
Uno dei punti di forza è la location, l’area è piaciuta molto e ha funzionato, la cosa buona è che si è anche aperto un dibattito su questo, la partecipazione è stata la risposta migliore
Torino è una città laboratorio, c’era il rischio che le star facessero ombra al territorio, oppure che lo spazio dato alle realtà torinesi ci facesse apparire come provinciali
Questo non è successo, ma oltre alle idee è stata decisiva anche la disponibilità data da tutta la comunità artistica
L’Eurofestival, una storia più che longeva, d’ispirazione tutta italiana
In questi giorni intorno all’argomento Eurofestival è davvero stato detto molto ma una manifestazione di tale caratura, suscita sempre qualcosa da dire anche quando si pensa sia stato detto tutto.
E credo valga la pena, ora che il fermento della gara è sopito, fare qualche passo indietro alla ricerca di cosa è stata questa manifestazione per l’Italia e credo che ci sia ancora qualcosa da rispolverare che forse è sfuggito ai più.
Noto al grande pubblico come Eurofestival o Gran Premio Eurovisione della Canzone, questo festival è una delle kermesse musicali e televisive più longeve di sempre, la cui prima edizione risale all’ormai lontano 1956, organizzato e promosso dalla Uer, l’Unione Europea di Radiodiffusione.
L’idea di quello che oggi ha preso il nome di Eurovision, nacque da una geniale idea del giornalista Sergio Pugliese, dirigente dei programmi della neonata Rai radiotelevisione italiana, il quale propose l’amato Festival di Sanremo come spunto e modello di riferimento da adattare ad una competizione internazionale.
Nacque così l’Eurofestival che negli anni ha consacrato in ambito musicale personaggi del calibro di Cliff Richard e Lulu, lanciando carriere di successo planetario come quella degli svedesi Abba e confermato la fama di divi della musica tricolore come Domenico Modugno, Gianni Morandi, Al Bano e Romina, Massimo Ranieri, Francesco Gabbani, Mahmood e Il Volo poiché tutti come vincitori del Festival di Sanremo, hanno partecipato di diritto alla competizione europea.
La prima cantante italiana a vincere l‘Eurofestival fu la giovanissima Gigliola Cinquetti che di fatto aprì le porte all’organizzazione per l’anno successivo all’Italia, seguì poi Toto Cutugno nel 1990 e i Mäneskin nell’edizione dello scorso anno.
Per l’occasione fu scelto l’auditorium Rai di Napoli e l’edizione del 1965 dell’Eurovision vide il grande tenore Mario Del Monaco premiare il vincitore e intonare appena dopo “O sole mio” , chiudendo così la diretta in mondovisione con un coinvolgimento emotivo senza eguali.
L’appuntamento è per il prossimo anno in Ukraina.
Senza aggiungere altro perché troppo facile da questa latitudine, troppo scontato, troppo irriverente.
Гарного дня!