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Lettura: Figli di serpente: Gilles Yahfa denuncia l’orrore del Congo con un singolo che scuote le coscienze
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Figli di serpente: Gilles Yahfa denuncia l’orrore del Congo con un singolo che scuote le coscienze

Un grido di denuncia contro lo sfruttamento e la violenza sistematica, utilizzando la musica per sensibilizzare su una delle crisi umanitarie più ignorate del nostro tempo

Valentina Paradiso 1 anno fa Commenta! 4
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Gilles Yahfa, il cantautore africano d’adozione italiana, torna con un singolo potente e provocatorio che non lascia spazio all’indifferenza: “Figli di serpente“. In questa nuova release, Yahfa solleva il velo su uno degli orrori più atroci e sistematici del nostro tempo: l’utilizzo dello stupro come arma di guerra nella Repubblica Democratica del Congo, dove migliaia di donne e bambini sono vittime di violenze brutali, spesso ignorate dal mondo intero.

Contenuti
Il messaggio crudo e urgente di Gilles YahfaL’artista come voce delle vittime invisibiliUn grido di speranza e una chiamata all’azione

Il messaggio crudo e urgente di Gilles Yahfa

Con il suo stile unico e una scrittura tagliente, Yahfa inizia “Figli di serpente” con un verso forte e provocatorio: “Siamo figli del serpente. Papà è uno stupratore. Mamma non ci vuole“. Un testo che non lascia spazio a interpretazioni ambigue, ma che descrive senza filtri la tragica realtà dei bambini e delle madri congolesi, costretti a sopportare il peso di una violenza sistematica che segna le loro vite per sempre.

Il brano si concentra sugli stupri di massa utilizzati come strumento di controllo e umiliazione durante i conflitti armati, con un focus sulla milizia M23, che da anni devasta il Congo per il controllo del Coltan, un minerale fondamentale per l’industria tecnologica globale. Yahfa accusa l’Occidente di restare indifferente, beneficiando dei minerali insanguinati senza mai interrogarsi sul prezzo umano che pagano le vittime di questa guerra: “In Occidente stanno in fila per il nuovo iPhone, qua scorre sangue, nessuno vive“.

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L’artista come voce delle vittime invisibili

Oltre a denunciare l’impunità e l’indifferenza che perpetuano queste atrocità, il brano tocca anche temi profondi come l’ipocrisia religiosa, sottolineando come le istituzioni religiose, nate durante la colonizzazione, abbiano contribuito a sedare lo spirito di ribellione e resistenza della popolazione africana. Yahfa critica l’apparente paradosso di chiese lussuose costruite in un paese che manca delle basi per il benessere della sua gente: “Aspettiamo ancora che un dio bianco ci salvi“. Con queste parole, l’artista invita a riflettere sul doppio standard della solidarietà internazionale, che spesso sembra ignorare le tragedie umane in nome del profitto economico.

Un grido di speranza e una chiamata all’azione

“Figli di serpente” non è solo una denuncia, ma anche una chiamata all’azione. Yahfa si interroga sul perché, nonostante la gravità della situazione, il mondo sembri restare indifferente di fronte a un genocidio che dura da anni. “Sono più di 6 milioni le vittime di questa guerra e nessuno sembra voler fermare tutto questo“, afferma l’artista, cercando non solo una risposta, ma spingendo l’ascoltatore a riflettere su cosa ciascuno di noi possa fare per fermare questa violenza sistematica.

Con questa canzone, Gilles Yahfa non cerca solo di scuotere le coscienze, ma di portare sotto i riflettori un genocidio che ha troppi volti e troppe storie dimenticate. La sua missione è chiara: sensibilizzare il pubblico sulla necessità di agire, di non voltarsi dall’altra parte e di combattere l’indifferenza che alimenta queste atrocità.

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