La Fondazione MAST presenta Displaced, la prima mostra antologica del fotografo irlandese Richard Mosse organizzata da Urs Stahel, aperta dal 7 Maggio al 19 Settembre 2021.
Fondazione MAST – Richard Mosse in mostra con Displaced
Displaced – allestita al MAST di Bologna – presenta un’ampia varietà di opere di Richard Mosse che attraverso la fotografia documentaria e l’arte contemporanea esplorano temi come la migrazione, il conflitto e il cambiamento climatico, con lo scopo di far emergere quella frontiera in cui si scontrano cambiamenti politi, sociali ed economici.
Saranno esposte lungo il percorso narrativo di Displaced, 77 fotografie di grande formato, oltre all’ultima serie Tristes Tropiques (2020), realizzata nell’Amazzonia brasiliana.
Il percorso in mostra propone anche due monumentali videoinstallazioni immersive, un grande video wall a 16 canali.
Richard Mosse crede fermamente nella potenza intrinseca dell’immagine, ma di regola rinuncia a scattare le classiche immagini iconiche legate a un evento. Preferisce piuttosto rendere conto delle circostanze, del contesto, mettere ciò che precede e ciò che segue al centro della sua riflessione.
Le sue fotografie non mostrano il conflitto, la battaglia, l’attraversamento del confine, in altri termini il momento culminante, ma il mondo che segue la nascita e la catastrofe. L’artista vuole sovvertire le convenzionali narrazioni mediatiche attraverso nuove tecnologie, spesso di derivazione militare, proprio per scardinare i criteri rappresentativi della fotografia di guerra – spiega il curatore Urs Stahel.
Fondazione MAST – Richard Mosse, Displaced, i lavori
I primi lavori di Richard Mosse sono realizzati in Bosnia, Kosovo, nella Striscia di Gaza e lungo la frontiera tra Messico e Stati Uniti. Si tratta principalmente di fotografie caratterizzate dall’assenza di figure umane.
È solo negli scatti contenuti nella serie Breach – che ruotano attorno all’occupazione degli edifici di Saddam Hussein da parte degli americani – sono ravvisabili uomini in azione.
Questi lavori di Richard Mosse si muovono con l’intento ti mostrare le zone di guerra, senza aver necessariamente immortalato momenti di battaglia. Mosse sceglie di rappresentare il mondo dopo la catastrofe attraverso immagini di distruzione, sconfitta e crollo del sistema.
La serie intitolata Infra è inserita nel panorama della Repubblica Democratica del Congo, una delle regioni più abbienti dell’Africa, continuamente segnato da guerre e genocidi. Per questo tipo di scatto utilizza una Kodak Aerochrome: una pellicola da ricognizione militare sensibile ai raggi infrarossi, adatta per la localizzazione di figure mimetizzati.
Questo tipo di pellicola è in grado di registrare la clorofilla presente nella vegetazione e rende visibile l’invisibile, con il risultato che la foresta pluviale del Congo viene trasformata in uno splendido paesaggio dai toni del rosa e del rosso. Sono fotografati boschi maestosi, ma anche i ribelli, i civili e i militari.
The Enclave – videoinstallazione suddivisa in sei parti – è un progetto realizzato per il Padiglione irlandese della Biennale di Venezia del 2013. Mosse mette in rapporto (o meglio in contrasto) la foresta della Repubblica Democratica del Congo con la violenza dei soldati dell’esercito e dei ribelli. Nell’erba alta si intensificano i rumori, quelli più crudi e dolorosi che solo una guerra sa produrre.
Tra il 2014 e il 2018 Richard Mosse si dedica alla serie fotografica Heat Maps e all’installazione audiovisiva Incoming.
In questi due lavori si è concentrato sul tema della migrazione di massa e sulle tensioni causate dalla dicotomia tra apertura e chiusura dei confini, tra compassione e rifiuto, cultura dell’accoglienza e rimpatrio.
Sono immagini straordinarie che Mosse immortala nei campi profughi Skaramagas in Grecia, Tel Sarhoun e Arsal in Libano, Nizip in Turchia, Tempelhof a Berlino e molti altri.
Richard Mosse si serve di una tecnica militare che gli consente di vedere le figure umane in un raggio di lunga distanza, di giorno come di notte.
Impiega una termocamera capace di registrare le differenze di calore nell’intervallo degli infrarossi. Le immagini – che appaiono in ad un primo sguardo nitide – sono in realtà delle astrazioni in cui persone e oggetti sono riconoscibili attraverso i loro movimenti o nei contorni, ma non nella loro individualità e unicità.
Incoming è un’installazione audiovisiva divisa in tre parti: la prima, girata su una portaerei, riprende il decollo di alcuni jet militari impegnati in operazioni di controllo. Protagonisti della seconda parte sono i migranti in arrivo su barconi sovraffollati.
Infine, nella terza parte, i migranti sono alloggiati nei campi profughi, in attesa di una nuova vita attraverso un lungo viaggio verso l’Europa centrale.
Per produrre Grid (Moria), Richard Mosse si è recato più volte nell’omonimo campo profughi sull’isola di Lesbo. Le riprese sono state effettuate con termografia ad infrarosso e l’opera è costituita da 16 schermi che propongono lo stesso spezzone a diversi intervalli.
Tra il 2018 e il 2019, Mosse comincia a esplorare la foresta pluviale sudamericana dove per la prima volta volge il suo sguardo alle immagini della natura.
In Ultra si serve della tecnica della fluorescenza UV per analizzare il sottobosco e, alterando lo spettro cromatico, trasforma questi primi piani in uno spettacolo pirotecnico di colori fluorescenti e scintillanti.
La biodiversità viene descritta minuziosamente tra proliferazione e parassitismo, tra voracità e convivenza, per mostrarci la ricchezza che rischiamo di perdere a causa dei cambiamenti climatici e dell’intervento dell’uomo.
Tristes Tropiques documenta la distruzione dell’ecosistema causata dell’uomo con l’ accuratezza della tecnologia satellitare. Le foto sono scattate lungo l’arco del fuoco, nel Pantanal, il fronte di deforestazione di massa nell’Amazzonia brasiliana.
Ogni mappa mostra i delitti ambientali perpetrati su vasta scala, diventando per il fotografo un archivio che li documenta.
Il video Quick del 2010 completa le video-installazioni: si tratta di un filmato che ricostruisce l’origine della sua ricerca e della sua pratica artistica attraverso tematiche a lui molto care come la circolazione del virus Ebola, la quarantena e l’isolamento, i conflitti e le migrazioni, muovendosi tra la Malesia e il Congo orientale.
Il catalogo che accompagna la mostra propone tutte le immagini esposte oltre a un saggio critico del curatore della mostra Urs Stahel e testimonianze di Michel J. Kavanagh, Christian Viveros-Fauné e Ivo Quaranta. Il volume, edito dalla Fondazione MAST, è distribuito da Corraini ed è disponibile in libreria e online su www.mast.org e www.corraini.com.