Gaudiano coniuga una scrittura solida ed evocativa a melodie di grande atmosfera. I suoi testi ricordano quelli dei grandi cantautori del passato: accendono una luce su tematiche sociali attuali e ci spingono a riflettere attraverso la poesia e il ritmo ipnotico delle parole.
Gaudiano: “Abbiamo bisogno di canzoni che ci aiutino a decifrare il mondo che ci circonda”
Tu debutti nel 2020 con il 45 giri digitale “Le cose inutili” e l’anno seguente vinci la categoria Nuove Proposte del Festival di Sanremo con il brano “Polvere da sparo”. Che ricordi hai di quell’esperienza?
Sono arrivato su quel palco con molta ingenuità. La mia identità artistica non era ancora contaminata da tutto quello che la discografia ti chiede di gestire. Ero molto tranquillo e felice di cantare la mia canzone. Mi sentivo molto fortunato.
Quell’esibizione era un po’ il coronamento di un percorso al quale facevo fatica a credere. Cercavo di godermela e credo che le esibizioni siano andate particolarmente bene proprio perché il mio stato d’animo era molto scanzonato.
A proposito del Festival di Sanremo, credo che ricorderemo l’edizione di quest’anno soprattutto per il “caso Geolier”. Da uomo del Sud quale tu sei, cosa pensi di tutto il teatrino con annesse implicazioni campaniliste?
Quel che è successo a Geolier è accaduto anche a Madame, a Gianmaria e a Sangiovanni, nel senso che anche loro sono rappresentativi di una determinata zona geografica del nostro Paese e i fan li hanno votati in massa quando hanno partecipato al Festival di Sanremo. Credo sia una cosa normale.
Quando vedi una persona della tua città che porta non solo una canzone, ma anche un’identità culturale rappresentativa di un popolo, la sostieni. Se pensi che la cultura partenopea ha un’identità fortissima, allora ti accorgi di quanto sia normale un plebiscito da parte del pubblico. È una cosa epocale che un artista vada a cantare in napoletano su un palco di un festival del Nord. Un festival che si svolge in Liguria, regione in mano al presidente Toti, che non si è mai guardato dall’esprimere giudizi o fare distinzioni tra Nord e Sud.
Quindi la questione va vista da un punto di vista generale più che particolare. È molto più ampia e travalica l’artista Geolier. Io ho scritto “Favonio” perché la questione del Mezzogiorno è tuttora reale. C’è una disparità economica ed è sotto gli occhi di tutti. Ci si batte per le uguaglianze da un punto di vista religioso o sessuale, ma delle differenze fra poveri e ricchi non parla mai nessuno ed è un problema veramente grosso. Le persone sono costrette ad andare via dalle proprie città e questa cosa viene percepita come normale. È normale che io debba andare a Milano perché manca un’industria discografica al Sud. Questo accade perché arrivano meno soldi. Tutto quello che è successo a Geolier è frutto del disagio e del dissenso che viene fuori da anni di rancore reciproco fra Nord e Sud.
Un disagio che trova un suo sfogo nella reazione della sala stampa.
C’è stata una roba bruttissima. Si sono comportati malissimo. Il bello è che quando l’artista risponde viene anche tacciato per merda, come è successo a Ultimo. In questo Paese gli artisti non sono liberi di dire e fare quello che vogliono. È una finta democrazia, fatta di finte libertà di parola e di pensiero. Basta ascoltare le canzoni: parlano tutte d’amore, di come sto male io o come stai male tu.
La figura del cantautore che si rapporta a quello che succede nel mondo è sparita. È un quadro abbastanza deprimente della musica italiana.
E da un punto di vista strettamente musicale, invece, cosa pensi dell’esibizione e del brano di Geolier?
Non credo che quello di Geolier sia un pezzo di qualità. Artisticamente non mi racconta nulla e non rappresenta un motivo valido per stare sul palco dell’Ariston. Mi è sembrata davvero esagerata la sua presenza lì. Il mio giudizio non si basa su quanti dischi vende un artista, il discorso che faccio è sulla qualità e sulle capacità.
Non credo che lui abbia performato bene, ma nel momento in cui ti invitano su quel palco hai il sacrosanto diritto di vivertela nel migliore dei modi e lui non ha avuto questa possibilità perché la gente è imbarazzante.
E comunque il Festival di Sanremo l’ha vinto una donna del Sud.
Angelina Mango è lucana e anche il suo pezzo aveva tantissima tradizione popolare. Ha vinto una cantautrice del Sud, quindi le teorie del complotto su Geolier non reggono.
Prima hai citato “Favonio”, brano intriso di straordinaria poesia, in cui racconti da una prospettiva molto personale la questione del Mezzogiorno d’Italia. La canzone pone l’accento su coloro che lasciano la propria terra per trovare fortuna al Nord, come hai fatto tu, ma anche su coloro che scelgono di restare e combattere per migliorare lo status quo.
Chi resta è da apprezzare per il coraggio. Queste persone rappresentano la vera speranza di cui i nostri territori hanno bisogno. Chi decide di restare fa delle rinunce e le fa consapevolmente, forti di una visione più ampia, proiettata verso il futuro.
Quelli che vanno via, come me, sono proiettati verso risultati a breve termine. Io non ho avuto il coraggio e la forza di restare e abbracciare un discorso artistico che si sarebbe sviluppato in maniera più lenta.
Non ho avuto questa determinazione e me ne dispiaccio, ma so che ci sono tante persone che quel coraggio ce l’hanno e che rappresentano la speranza dei territori del nostro tanto amato meridione.
Hai parlato di risultati a lungo termine e mi è venuto da pensare che quelli che restano potrebbero non vedere mai i frutti del proprio impegno.
Vero, ma è grazie a questo tipo di sacrificio che persone come me hanno la possibilità di andarsene.
“Favonio” contiene anche riferimenti musicali e atmosfere folkloristiche tipiche del Sud. Il ritmo della tarantella trascina il brano.
Io e Francesco Cataldo, produttore del brano, abbiamo deciso di inserire sonorità tipiche della musica popolare pugliese. Sono suoni che derivano dalla tradizione della transumanza, che è ancora radicata nel DNA dei cantautori del Sud. Cantautori pugliesi, che portano alla ribalta il proprio territorio, utilizzano strumenti e arrangiamenti che richiamano questa tradizione.
Penso a Caparezza, a Giuliano Sangiorgi dei Negramaro e tanti altri. In “Favonio” abbiamo inserito la tammurriata e la tarantella, utilizzando strumenti che troviamo nella notte della Taranta e immergendo la canzone in quel tipo di acque.
Il risultato è straordinario. Ne viene fuori un brano ricco di tradizione, moderno e orecchiabile.
Tra l’altro anche nella metrica ho cercato di ripercorrere la stessa ritmica del tamburo nella Taranta.
Oltre alla musica hai una seconda passione, quella per il teatro. È un amore recente o ha radici più antiche?
In realtà il mio primo approccio è stato proprio con il teatro. Ho lasciato casa per studiare in un’accademia musicale di Roma. I miei primi lavori erano musical. Nel 2019 ho preso parte a “Una volta nella vita (Once)” con la Compagnia della Rancia, ed è lì che la mia attitudine cantautorale si è incontrata con il lavoro teatrale. Poi c’è stato il “Fantasma dell’Opera”. Nel 2023 ho debuttato nel ruolo del fantasma al teatro degli Arcimboldi e mi auguro che la cosa vada avanti anche nella prossima stagione teatrale.
Hai avuto la possibilità di dimostrare la tua attitudine di interprete e cantante a Tale e Quale Show, il celebre talent condotto da Carlo Conti che poi hai vinto. Cosa ti ha spinto a partecipare all’edizione dello scorso anno?
Ai tempi della scuola mi divertivo nelle imitazioni. Amici e colleghi sapevano di questo mio cazzeggio e continuavano a ripetermi: “Saresti perfetto a Tale e Quale Show”. Così ho fatto un’audizione a Roma, senza aspettative, ed è successo che Carlo Conti ha pubblicato la lista di nomi sul suo account Instagram senza avvisare nessuno dei provinanti. Mi sono ritrovato catapultato in questa nuova realtà e si è rivelata una bellissima esperienza, che mi ha fatto crescere molto. Ringrazierò sempre Carlo Conti per questo.
Anche a Sanremo ti eri presentato a cuor leggero. Comincio a pensare che il tuo segreto sia fare le cose senza riporvi aspettative.
Il segreto è non prendersi troppo sul serio, specialmente nel mio ambiente. Il mio lavoro mi regala tante soddisfazioni, personali ed economiche. Non tutti hanno questa fortuna. I problemi, per quanto siano pressanti, sono veramente poca cosa rispetto a ciò che accade nel resto del mondo. Ragionando così riesci a prenderti meno sul serio e a moderare le aspettative, l’ansia e lo stress.
Torniamo alla tua musica, veicolo di messaggi sociali. In “Favonio” e “Martini Dry” accendi una luce su tematiche attuali e di grande rilievo. Sembra essere un tratto distintivo della tua arte.
Io scrivo se ho qualcosa da dire, altrimenti non scrivo. Abbiamo bisogno di canzoni che ci dicano qualcosa, ci rappresentino e ci aiutino a decifrare il mondo che ci circonda. Credo che la musica debba andare in questa direzione piuttosto che fare uscire una canzone al mese per rimanere nell’hype dell’algoritmo di Spotify. Prima di “Martini Dry” ho pubblicato un pezzo, “Numeri”, che parla del mio rapporto con l’ambiente discografico. La canzone si concentra appunto sull’aspetto dei numeri, intesi come vendite e risultati, spesso a scapito della qualità.
E dopo aver riversato i miei pensieri in questa canzone ho notato che molti artisti stanno giungendo alle mie conclusioni. Il meccanismo discografico sta schiacciando troppo le schiene di chi fa questo mestiere. Ci sono interessi economici che prevalgono. Ho letto quello che ha scritto di recente Ghemon sui suoi account e le dichiarazioni di Sangiovanni e Mr. Rain, che hanno bisogno di fermarsi perché non riescono a reggere certi ritmi. Si sta muovendo qualcosa e credo che quella mia canzone sia molto rappresentativa del momento attuale.
Ad oggi hai fatto di tutto un po’ e con risultati straordinari. Cosa devono aspettarsi i tuoi fan nel prossimo futuro?
Sono indeciso se far uscire due singoli o concentrarmi nella chiusura di un disco nuovo, nel quale vorrei includere “Numeri”, “Martini Dry”, “Favonio” e altri cinque o sei pezzi. C’è anche una terza opzione, che prevede la collaborazione con autori di successo. Dal momento che con le mie canzoni non riesco a raggiungere risultati di rilievo a livello nazionale, potrebbe essere un’idea. Mi muovo bene anche come interprete e con una canzone di quelle che piacciono, chissà, potrei risalire la china.
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