Il 29 maggio 1953, Edmund Hillary e Tenzing Norgay raggiunsero la vetta dell’Everest, segnando un momento storico nell’alpinismo.
Settant’anni fa, alle 11:30 ora locale in Nepal, il neozelandese Edmund Hillary e il nepalese Tenzing Norgay Sherpa conquistarono la montagna più alta del mondo, l’Everest, con i suoi 8.848 metri di altezza. La spedizione, meticolosamente organizzata dal Joint Himalayan Committee di Londra, aveva anche motivazioni politiche: il Regno Unito voleva vantarsi di essere il primo a raggiungere il “tetto del mondo”.
Hillary e Norgay: la strategia della spedizione
Sotto il comando del colonnello John Hunt, la spedizione scelse di affrontare l’Everest dal versante sud, dato che il lato nord era chiuso per questioni politiche. Gli alpinisti stabilirono il campo per l’assalto finale alla vetta a circa 7.000 metri di altitudine. Hunt decise che i tentativi di raggiungere la cima sarebbero stati effettuati da due alpinisti alla volta. Il primo tentativo, compiuto il 26 maggio, fallì, ma il secondo, tentato tre giorni dopo, fu un successo.
Verso le 11:30 del 29 maggio, Hillary e Norgay raggiunsero il vertice. Hillary arrivò qualche secondo prima, poiché stava battendo traccia, ma entrambi condivisero il trionfo. In segno di gratitudine, Hillary pose una croce nella neve, mentre Norgay offrì biscotti e cioccolato agli dei. Rimasero sulla cima per un quarto d’ora, celebrando un traguardo che fino a pochi decenni prima sembrava impossibile.
Edmund Hillary morì all’età di 88 anni l’11 gennaio 2008, mentre Tenzing Norgay spirò nel 1986 a 72 anni. La loro conquista dell’Everest non fu solo un trionfo personale, ma rappresentò il culmine di decenni di esplorazione, preparazione, sacrificio e lotta contro i limiti fisici e mentali.
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