James Senese è morto il 29 ottobre 2025 a Napoli, a 80 anni. Con lui se ne va una delle voci più autentiche della città, un musicista che ha trasformato il dolore, la rabbia e la vitalità di Napoli in un linguaggio universale. Ricoverato da fine settembre per una grave polmonite, è rimasto fino all’ultimo circondato dall’affetto dei suoi cari e dei tanti colleghi che lo consideravano un fratello.

Nato nel quartiere Miano il 6 gennaio 1945, figlio di una donna napoletana e di un soldato afroamericano, James Senese cresce in un contesto difficile ma carico di musica. Da ragazzo si innamora del sax e, senza accademie né maestri, costruisce un suono unico, capace di unire jazz, soul e tradizione partenopea. Il suo strumento non era solo voce, ma identità: una dichiarazione d’amore per la sua città.
La rivoluzione di Napoli Centrale
Negli anni Sessanta entra nel gruppo degli Showmen, con cui raggiunge i primi successi. Ma il momento di svolta arriva nel 1974, quando fonda insieme a Franco Del Prete i Napoli Centrale, un progetto che cambia per sempre la musica italiana. Quel suono, a metà tra funk e jazz, mescolato al dialetto, diventa il manifesto del Neapolitan Power, movimento che restituisce dignità e forza alla lingua e alla cultura napoletana.
Con brani come Campagna e Ngazzate nire, Senese e i suoi compagni raccontano la vita reale dei quartieri popolari, parlano di lavoro, rabbia e riscatto. Il pubblico capisce subito che non è solo musica, ma un atto politico e culturale. Da quel momento in poi, la sua carriera non smette di intrecciarsi con i più grandi nomi della scena napoletana.
Tra la fine degli anni Settanta e gli Ottanta, James Senese collabora con Pino Daniele, Tullio De Piscopo, Joe Amoruso, Rino Zurzolo ed Ernesto Vitolo, dando vita a una delle stagioni più creative e amate della musica italiana. Il suo sax, riconoscibile tra mille, diventa la voce calda e ruvida di un’intera generazione.
Un’eredità che continua a suonare
Nel corso dei decenni, Senese alterna i progetti solisti ai ritorni con i Napoli Centrale, firmando dischi di altissimo livello come James Senese (1983), Il passo del gigante (1984), Alhambra (1988), ’O sanghe (2016) e Chest’ nun è ’a terra mia (2021). Ogni album è un tassello di un percorso coerente, sempre fedele alla verità del suono.
Il suo stile era diretto, sincero, privo di compromessi. Poche note, ma scelte con cura. Pochi virtuosismi, ma un’intensità che ti restava dentro. Il sax per lui era respiro, corpo e parola. Anche chi non amava il jazz poteva capire quel linguaggio, perché parlava di vita vera.
James Senese non era solo un musicista straordinario: era un uomo che ha dato voce a un popolo. Attraverso la musica ha raccontato il Sud con dignità e orgoglio, portando Napoli nel mondo e il mondo a Napoli.
Oggi, mentre la città si prepara a salutarlo nella chiesa di Santa Maria dell’Arco a Miano, resta il suono inconfondibile del suo sax, che continuerà a risuonare nei vicoli e nei cuori di chi lo ha amato.
Per capire davvero chi era, basta ascoltare una sua nota: dentro c’è tutto — la rabbia, la grazia e la speranza di una Napoli che non smette mai di cercare la propria verità.