Se la visita alla National Gallery di Londra, nella stanza 23, dove è esposto il dipinto raffigurante i coniugi Arnolfini del pittore fiammingo Jan van Eyck, fosse accompagnata da musica in filodiffusione, credo che la direzione del museo, avrebbe dovuto optare una melodia tra le più agghiaccianti in circolazione.
Il dipinto di Jan van Eyck non è quello che ad un primo sguardo potrebbe sembrare e cela in sé misteri e messaggi subliminali che a tutt’oggi rimangono avvolti nel misterio più cupo, pur essendo sotto gli occhi di milioni di visitatori che ogni anno visitano la National Gallery di Londra, rivolgendo gli occhi sulla tela raffigurante i coniugi Arnolfini.
Non guardiamo tutti allo stesso modo, quindi difronte al più celebre dipinto di Jan van Eyck, abbiamo la possibilità di una scelta, ammirarne i colori, lo sfondo e i sontuosi abiti e scivolare via come la maggior pate dei visitatori fa o rivolgere lo sguardo nell’unico punto di tutto il dipinto che nel tempo e attraverso le interrogazioni di molti critici d’arte, si è dimostrato essere il tassello volutamente mancante di una ricostruzione surreale pur nella sua veridicità di fogge e particolari.
Lo specchio nel dipinto di Jan van Eyck è l’unico a dire la verità
Uno specchio come tanti non lo è di certo, a partire dalla sua forma, singolarmente convessa per uno specchio, incastonato in una cornice tonda ai cui bordi sono rappresentate immagini della passione di Cristo e stranamente le scene raffiguranti la morte o i momenti più intensi di dolore e passione sono tutti nella parte alla destra di chi guarda il dipinto, proprio dalla parte di Costanza Trenta, personaggio rappresentato nel dipinto di Jan van Eyck e moglie di Giovanni Andorfini con Lei ritratto in quella che potrebbe sembrare una scena nuziale o nelle sue immediatezze.
La storia ci descrive Giovanni Arnolfini come lucchese trasferitosi a Bruges nelle Fiandre, per dar seguito agli importanti affari commerciali di famiglia che probabilmente dovevano essere di alta caratura come dimostrano molti particolari del dipinto di Jan van Eyck.
Le due figure sono ritratte in abiti sontuosi che un’analisi critica di appassionati e critici d’arte, che nel tempo si sono confrontati con questo dipinto, hanno messo in evidenza indicando ad esempio come l’abito maschile sia di in velluto in seta, materiale che allora aveva un costo irraggiungibile per i più e difficile da reperire sul mercato ordinario.
E ancora, parte della vegetazione che si intravede dalla finestra fornisce un chiaro segnale di come il dipinto sia stato realizzato nella stagione primaverile avanzata, quasi a ridosso dell’estate, stagionalità questa che stride con l’abbigliamento di entrambi i coniugi che indossano abiti bordati di pelliccia e molto voluminosi, segno di una pesantezza dei tessuti molto marcata.
E poi ciabatte lasciate lì smodatamente per caso, dove la scena sovrastante vuole apparire nel massimo rigore; il cagnolino che trotterella tra i piedi dei due personaggi in primo piano, il lampadario con una sola candela accesa, questa volta dalla parte di Giovanni Arnolfini, due o tre arance messi lì sotto la finestra.
Una scena all’apparenza ordinariamente regale quella dipinta da Jan van Eyck se non fosse per quello specchio
Nella letteratura per scoprire uno spirito maligno o un fantasma si ricorre sempre ad uno specchio e Jan van Eyck in questo dipinto dei coniugi Arnolfini sembra usarlo esattamente allo stesso scopo.
Le dimensioni non aiutano una visione agevole di ciò che esso ritrae se ci soffermiamo a guardarlo dalla balaustra della galleria che separa il visitatore dal dipinto stesso. Adottando però una qualsivoglia tecnica di ingrandimento ecco che lo specchio dipinto da Jan van Eyck inizia quasi a parlare tante sono le cose che dice. Sempre nel suo linguaggio fumoso e interpretativo ma ciò che si scopre lascia a bocca aperta e francamente a tratti ha dell’inquietante.
L’intero dipinto di Jan van Eyck è un tripudio di meticolosità realizzata con una tecnica e precisione superba ma guardando ciò che lo specchio riflette, ritroviamo si la stessa precisione ma scompaiono letteralmente dalla scena elementi fondamentali.
Lo specchio dice sempre la verità e in quello del ritratto dei coniugi Arnolfini non riflette più il cagnolino nella scena esattamente tra le due figure principale e mancano le mani di entrambi; l’unione fisica di primo piano tra le due figure viene a mancare nello specchio.
Formulazioni certe non ne sono state fatte ma sta di fatto che alla data del 1934, anno in cui fu ultimato il dipinto, Costanza Trenta risulta già morta.
Lo specchio non mente e Jan van Eyck vi concentra tutta la verità che poi si perde in quella che a questo punto, in primo piano, diventa una sua trasposizione surreale della stessa.
Nella stanza 23 della National Gallery, davanti al dipinto di Jan van Eyck, ti consiglio di non guardare mai nello specchio, potresti avere il brivido di vederti per un attimo riflesso e a quel punto potresti leggere il tuo futuro nei particolari di contorno.
Io abbasserò lo sguardo.