Oggi comincia la Fase 2, dopo quasi due mesi di Lockdown le misure di contenimento del virus si allenteranno un po’ e piano piano si comincerà a uscire. Se da una parte si raccomanda comunque prudenza (purtroppo la battaglia al Covid-19 non è ancora vinta), dall’altra si riaprono attività e si dà possibilità alle persone di muoversi un po’ di più.
Per il settore arte bisognerà avere ancora un po’ di pazienza, in base all’andamento dei contagi si dovrebbe cominciare ad aprire alcuni siti a partire dal 18 maggio e se Villa Adriana, grazie a come è strutturata, ha già approntato un percorso in sicurezza per riaprire, altri siti archeologici e musei stanno valutando il da farsi.
Ci sono poi luoghi che grazie alla bellezza del paesaggio e ai loro illustri cittadini, offrono scorci di rara bellezza e poesia da poter frequentare in tutta sicurezza, ricordandosi però di utilizzare sempre i dispositivi di protezione individuale e mantenendo le giuste distanze sociali. Una di questi è sicuramente la passeggiata De Andrè che unisce Arenzano a Cogoleto in Liguria.
Il lungomare De Andrè dove la poesia di Faber sublima il paesaggio
Alzi la mano chi non conosce Fabrizio De Andrè anche solo per sentito dire. Il grande cantautore genovese ha lasciato canzoni meravigliose e struggenti a tutti noi e la Liguria non perde occasione per omaggiarlo. Arenzano ha deciso di farlo dedicandogli una passeggiata riqualificando la vecchia linea ferroviaria.
Partendo dal porticciolo di Arenzano (dove c’è la possibilità di noleggiare le biciclette) si viene subito colpiti dal panorama mozzafiato. Passata la galleria Torretta I si può ammirare Genova sullo sfondo e durante il percorso si può fare delle deviazioni per scendere nelle calette e spiagge sottostanti.
Superata anche la galleria denominata Torretta II si arriva al fulcro di questa passeggiata per gli estimatori di Faber. In una zona ombreggiata sono stati dipinti dei murales in omaggio alle sue canzoni più famose.
C’è Fabrizio De Andrè con la sua amata chitarra (in una delle sue canzoni più toccanti, Amico fragile, canta: “pensavo è bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra“). Poi via via appaiono i protagonisti delle sue canzoni.
C’è Bocca di rosa, colei che “metteva l’amore sopra ogni cosa“, la donna che “appena scesa alla stazione del paesino di Sant’Ilario, tutti si accorsero con uno sguardo che non si trattava di un missionario“. Fabrizio De Andrè non volle mai dire chi fosse, ma leggendo il romanzo che scrisse a quattro mani con Alessandro Gennari, sembra che Bocca di rosa fosse una ragazza di Trieste, Maritza Vittorio Bo.
Nella canzone Faber ne canta l’assoluta libertà e la passione con cui viveva la vita, fregandosene di convenzioni e morali “c’è chi l’amore lo fa per gioco, chi se lo sceglie per professione, Bocca di Rosa né l’uno, né l’altro, lei lo faceva per passione”.
Un Giudice che ci racconta “Cosa vuol dire avere un metro e mezzo di statura” deriso dalla gente e che diventa “Giudice finalmente, arbitro in terra del bene e del male” per sopperire a una natura crudele che non l’ha fatto crescere e alle prese in giro della gente, temuto da tutti e feroce nelle sentenze: “E di affidarli al boia fu un piacere del tutto mio, prima di genuflettermi nell’ora dell’addio, non conoscendo affatto la statura di Dio”.
La canzone fa parte di quel capolavoro assoluto che è “Non al denaro non all’amore né al cielo” che racconta in musica l’Antologia di Spoon River del poeta americano Edgar Lee Master, di cui De Andrè venne a conoscenza grazie a Fernanda Pivano che tradusse l’opera in italiano.
Uno dei ” nostri guerrieri troppo lontani sulla pista del bisonte” appare a cavallo nel murales dedicato alla canzone Fiume Sand Creek che racconta del massacro di circa 600 nativi americani avvenuto il 29 novembre 1864 ad opera delle truppe guidate dal colonnello John Chivington, che nella canzone De Andrè fa diventare: “un generale di vent’anni, occhi turchini e giacca uguale”.
Nell’accampamento c’erano per lo più vecchi, donne e bambini che non poterono reagire e furono massacrati, per questo Faber conclude la canzone cantando: “ora i bambini dormono sul fondo del Sand Creek“.
I papaveri rossi fanno immediatamente riconoscere il murales dedicato a La guerra di Piero. Canzone contro la guerra di cui De Andrè canta tutta l’inutilità. Piero è un soldato che marcia a cui l’autore chiede di fermarsi, di non continuare in quella follia: “Fermati Piero, fermati adesso, Lascia che il vento ti passi un po’ addosso, Dei morti in battaglia ti porti la voce, Chi diede la vita ebbe in cambio una croce”, ma il soldato non lo ascolta e prosegue, per poi vedere un uomo in fondo alla valle che “aveva il tuo stesso identico umore, ma la divisa di un altro colore“.
De Andrè allora lo incita a sparare per primo, ma il soldato esita e “E mentre gli usi questa premura, Quello si volta, ti vede e ha paura, Ed imbracciata l’artiglieria, Non ti ricambia la cortesia”. Il soldato cade a terra colpito a morte e il suo ultimo pensiero è per la fidanzata lontana “Ninetta mia crepare di maggio, Ci vuole tanto, troppo coraggio, Ninetta bella dritto all’inferno avrei preferito andarci d’inverno“.
La strofa di apertura della canzone viene ripetuta nella chiusura, quasi una sorta di preghiera per il soldato caduto: “Dormi sepolto in un campo di grano, Non è la rosa, Non è il tulipano, Che ti fan veglia dall’ombra dei fossi, Ma sono mille papaveri rossi”
Via del Campo si riconosce immediatamente, la frase emblema di questa canzone “Dai diamanti non nasce niente, Dal letame nascono i fior” è universalmente conosciuta e fa da chiusura alla descrizione che Faber fa di Via del Campo, uno dei carrugi di Genova che quando lui era un giovane cantautore era la strada di prostitute e travestiti. Il cantautore raccontò che la canzone nacque dopo una “disavventura” durante una delle sue scorribande con l’amico Paolo Villaggio, la prostituta con la quale decise di accompagnarsi si rivelò un uomo!
Cantautore degli ultimi con questa canzone volle omaggiare coloro che vivevano in Via del Campo e vendevano “a tutti la stessa rosa“. C’è la “graziosa,
gli occhi grandi color di foglia” , la “bambina con le labbra color rugiada, gli occhi grigi come la strada, nascon fiori dove cammina“. E, ovviamente non può non esserci la “puttana, gli occhi grandi color di foglia, se di amarla ti vien la voglia, basta prenderla per la mano”.
Ma non ci sono solo le prostitute a “Via del Campo ci va un illuso, a pregarla di maritare, a vederla salir le scale, fino a quando il balcone ha chiuso“. Un insieme di personaggi ai quali Faber dedica gli ultimi struggenti versi.
A questo punto si è arrivati a Cogoleto, ma le sorprese non sono finite. continuando il percorso che porta al centro città meglio tenere lo sguardo per terra. Sul ciottolato è stato inserito il testo di una delle più celebri canzoni di Fabrizio De Andrè, Creuza de ma, tutta in dialetto genovese, che racconta la vita attorno a quella “strettoia del mare” ovvero qui viottoli, spesso scalinate, che dalle proprietà private scendevano verso il mare.
Fabrizio De Andrè è rimasto nel cuore di chi ama le sue canzoni e questa passeggiata è sicuramente un nel modo per perdersi in alcune di esse.